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Torwald ritrovò chissà dove alcuni manuali della Marina Spaziale, e insieme ad Ham e a Bert organizzò una serie di corsi di specializzazione in fuga, evasione, mimetizzazione, balistica, pronto soccorso, e altre materie. I corsi servivano a mantenere mentalmente attivo l’equipaggio e a prepararlo ad affrontare le più svariate situazioni. Inoltre il lavoro extra serviva a evitare che si dessero sui nervi l’uno con l’altro. L’equipaggio della Space Angel non era infatti composto da personale addestrato a mantenere la calma in un ambiente limitato per un lunghissimo periodo di inattività come quello dei ricognitori.

Perché si esercitassero con le armi, Torwald fabbricò pistole finte e fucili a raggi con scarti di metallo o plastica, dotati però di veri mirini e grilletti che attivavano raggi innocui. Infine, per mantenere in forma il fisico, costringeva i più giovani a portare grossi carichi di corsa lungo i corridoi e le passerelle più volte al giorno. I Viver seguivano quelle esercitazioni con tollerante superiorità.

Un giorno, mentre Torwald faceva esercitare Kelly nell’uso delle armi, la sfera parlò.

Adesso ci troviamo nello spazio reale.

Kelly si precipita fuori precedendo di due buone lunghezze Torwald. Entrambi corsero nell’osservatorio di Finn, subito imitati da tutti gli altri. Chiusi nella cupola trasparente, fissarono muti le stelle sulle quali mai si era posato sguardo umano. Perfino i Viver sembravano intimiditi.

Si vedevano stelle singole, doppie, triple, ammassi stellari costituiti da centinaia e migliaia di astri. C’erano stelle di tutti i colori: rosse giganti fiammeggiavano grandi come la Luna nelle limpide notti estive; le minuscole nane biancazzurre erano talmente luminose che dolevano gli occhi a guardarle, ed erano così tante che l’interno dell’osservatorio era illuminato a giorno. E ovunque, raggruppate in nuvole, veli, tende, c’erano nebulose, nubi di gas e di polvere, e i resti spettrali di novae esplose da tempo immemorabile che scintillavano come ragnatele di seta, e garze multicolori così vaporose da sembrare irreali.

— Anche se non dovessimo mai tornare — mormorò Michelle dopo un lungo silenzio — valeva comunque la pena pur di vedere tutto questo.

— Sfera — chiese dopo un altro prolungato silenzio la comandante — quanto distiamo dal Centro?

Ci siamo lasciati alle spalle il novanta per cento della distanza. Adesso state guardando verso la parte da dove siamo venuti: il Bordo. Ora vi mostrerò il Centro.

La nave ruotò lentamente dando l’impressione che fossero le stelle a muoversi, finché il centro della Galassia non spuntò sull’orizzonte della Space Angel, formato dalla fiancata della nave: l’effetto fu molto simile a quello del Sole nell’alba terrestre. Ma questo “Sole” era composto da miliardi di stelle ed era talmente luminoso che entrarono subito in funzione i filtri automatici. Anche così, tuttavia, il lucore era tale che non lo si poteva fissare direttamente.

Fu Nancy a dare voce al pensiero di tutti. — È la faccia di Dio — disse con voce tremula. — La faccia di Dio come è descritta nel Paradiso di Dante.

— Grazie, Nancy — disse la comandante. — Lo scriverò nel libro di bordo. Soltanto, mi chiedo come abbia fatto quel Dante ad arrivare fin qui per vederla.

— E adesso, Sfera? — chiese Ham quando si trovarono di, nuovo tutti in mensa, un po’ più calmi. I primi momenti di stupore e di eccitazione erano passati, e adesso stavano lentamente abituandosi a quella eccezionale esperienza.

Faremo una perlustrazione, a piccoli balzi: forse entreremo in contatto con esseri intelligenti su qualche pianeta.

— Per scoprire cosa, Sfera? — la comandante cominciava a perdere la pazienza. — Non abbiamo ancora la minima idea di cosa stiamo cercando, né di cosa dovremo fare dopo che l’avremo trovata. Vuoi gentilmente illuminarci?

Voi dovete cercare notizie, informazioni, intelligenze, e quando ci sarete riusciti vi dirò cosa dovrete fare.

— Notizie di cosa, Sfera?

Della Stella Nucleo.

— Va bene, ma cos’è la Stella Nucleo? — insisté la comandante sempre più impaziente.

La Stella Nucleo è la stella che si trova al centro della maggior parte delle galassie. È la stella che si è condensata al centro della galassia quando questa si è formata. Al di là di quella massa di stelle che avete visto al Centro e che avete denominato la Faccia di Dio, c’è un ampio tratto di spazio vuoto, privo di stelle, con solo qualche nube di gas e di polvere. Nel cuore della nube si trova la Stella Nucleo, una stella grande miliardi di volte più delle maggiori stelle della Galassia.

Ci volle un po’ di tempo per digerire questo concetto, ma infine Finn chiese:

— Come mai non ha ceduto al peso della propria massa?

Le leggi della fisica e quelle della natura che vi sono familiari sono fenomeni limitati validi solo per un limitato spettro della realtà in quella minuscola zona da voi abitata sul bordo della Galassia. Le stesse leggi sono assai meno valide in questa zona vicina al Centro, non hanno alcun valore nella Stella Nucleo. All’interno di quella massa, spazio, tempo, realtà assumono significati completamente diversi, che la vostra mente non è in grado di afferrare. Non vi si può applicare neppure il vostro sistema matematico. E come se nella Stella Nucleo due più due fosse uguale a ottantasette, anche se questo non e un esempio calzante Sarebbe più esatto dire che due più due fa verde La legge esiste, ma non e la vostra legge.

— Se la Stella Nucleo è così incomprensibile, come possiamo raccogliere informazioni al suo riguardo — chiese la comandante.

Basta solo che voi scopriate cosa e successo nel tratto di spazio vuoto fra le ultime stelle e quella del Nucleo negli ultimi due miliardi di anni o pressappoco.

— Spero che tu non esiga un rapporto dettagliato — disse Bert, beffardo.

Basta qualche campione a caso.

L’ironia era sprecata con Sfera.

— Bene, allora mettiamoci d’accordo — disse la comandante — Se dobbiamo cercare di ottenere delle informazioni sarà necessario farlo su pianeti simili alla Terra che ruotano intorno a stelle del tipo G. Grazie alle informazioni che hai assorbito dal computer di bordo, suppongo che ti sia possibile trovare mondi di questo tipo.

— Noi pero non siamo così limitati — disse K’Stin alla sfera — I Viver sopportano gravità che schiaccerebbero gli uomini normali Possiamo respirare aria così rarefatta che li farebbe morire soffocati, o acqua in cui annegherebbero La nostra epidermide chitinosa non lascia penetrare le radiazioni che per loro sarebbero mortali, e la nostra bellezza sarebbe una delizia per gli occhi delle razze che dovessimo incontrare, mentre la bruttezza umana offenderebbe la loro sensibilità.

— Facciano pure — disse Finn — purché si accollino tutti i rischi.

Basta discutere. Qui dove le stelle sono così dense non e necessario esplorare mondi che sono solo marginalmente abitabili dalla vostra specie. Ne esistono migliaia come la vostra Terra capaci di sviluppare forme di vita analoghe alla vostra, o suscettibili di essere colonizzati.

— E allora quando cominceremo? — chiese la comandante.

Abbiamo gia cominciato Siamo passati di nuovo nell’iperspazio e in questo momento ci troviamo all’interno di un sistema stellare che ruota intorno a un sole di tipo G, che fa parte di un ammasso di migliaia e migliaia di stelle. Dal momento che le primarie sono così vicine fra loro, le probabilità che un pianeta adatto a voi sia abitato sono molto elevate.