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Perlustrarono tutto quel sistema, ma nessun pianeta possedeva un’atmosfera o un’attrazione gravitazionale abbastanza simili a quelli della Terra. Con un balzo nell’iperspazio si trasferirono subito in un altro sistema dello stesso ammasso stellare, ma anche qui non ebbero migliore fortuna. Sfera decise allora di tentare in un punto più vicino al Centro.

5

— Qual è la resistenza dello spessore dell’armatura? — chiese Torwald a Lafayette.

— Uhm... Due tonnellate e un quarto per centimetro quadrato.

Poi Torwald passò a interrogare Nancy. — Quali sono i sintomi dell’inedia?

— Debolezza, spossatezza, diarrea, calo della temperatura corporea — rispose Nancy prontamente.

— Qual è la velocità massima della nostra nave a pieno carico nell’atmosfera? — chiese poi a Kelly.

— Quattrocento chilometri all’ ora al livello del mare — rispose senza esitare Kelly.

— Solo sulla Terra, scemo! — esclamò Torwald esasperato. — Quante volte ti devo dire che non devi attenerti alla lettera ai manuali? Sai bene che sono stati scritti in relazione a particolari condizioni. Con una diversa pressione atmosferica e una diversa attrazione gravitazionale bisogna calcolare il peso, la potenza e la resistenza del vento, e poi trarre le conclusioni.

Alzò le mani al cielo chiedendo cosa mai avesse fatto per meritarsi uno scolaro così inetto. Kelly arrossì, e non tanto perché faceva tanti errori quanto perché Torwald riservava solo a lui quei commenti sarcastici. Nancy non sbagliava quasi mai, e quando Lafayette sbagliava, Torwald si limitava a correggerlo, e questo atteggiamento, secondo Kelly, era segno di uno sfacciato favoritismo.

In quel periodo il corso di sopravvivenza li teneva occupati per la maggior parte del tempo. Secondo i cronometri di bordo si trovavano in iperspazio da almeno nove mesi. Ormai avevano esaurito tutto il fattibile, la nave era in ordine perfetto, e l’equipaggio era praticamente disoccupato. Michelle pronosticava gravi incidenti entro un mese se non interveniva qualcosa a interrompere la monotonia del viaggio.

— Tutti nell’osservatorio! — tuonò dall’altoparlante la voce eccitata della comandante.

L’intero equipaggio piantò in asso quello che stava facendo e corse verso la sala di navigazione, accalcandosi sulla soglia.

— Mi sembrate un branco di passeggeri in crociera, alle prese con la prima esercitazione di salvataggio — disse ironicamente la comandante.

— Cosa succede? — chiese Torwald senza rilevare il commento.

— C’è qualcosa sul rilevatore di vicinanza. La sonda rileva un oggetto molto grande, ma artificiale e di forma irregolare. Ci stiamo avvicinando. Fra pochi minuti entreremo in contatto visivo. Se è una nave, vuol dire che da queste parti ne costruiscono di enormi. La cosa è lunga un centinaio di chilometri.

Qualche minuto dopo comparve davanti alla nave un puntolino appena visibile nel bagliore delle stelle. Le sue dimensioni aumentarono via via che la Space Angel rallentava, finché non torreggiò grande come un asteroide di media ampiezza. Non si trattava però di una nave, ma di due: una era un lungo ovale piatto coperto di guglie e di torri contorte, l’altra un fuso tozzo, come se due coni fossero stati congiunti alla base. Le due navi dovevano essersi scontrate nel corso di un incidente o di qualche antica battaglia, e quella a fuso si era talmente incastrata nell’altra che una punta sporgeva di almeno un chilometro dal lato opposto di quella ovale. Spiccavano scure e malevole sullo sfondo sfolgorante del cielo riflettendo la luce delle stelle.

— Vedete qualche luce? — chiese Torwald.

— Niente che i nostri strumenti possano registrare — rispose il comandante.

— Il sistema di scandagli ricerca di organismi vi tali dà risposte confuse, ma in questo settore chi può mai dire? — Esaminò i due enormi vascelli. — Signore, tutte le navi che ho visto in vita mia messe insieme non riuscirebbero a formarne due di quelle dimensioni.

Negli strumenti di quelle navi possono essere archiviate informazioni utili. Salirete a bordo portandomi con voi. La portata dei miei poteri è ormai limitata.

— Vista dall’esterno si direbbe che quella a fuso abbia riportato meno danni — osservò la comandante. — Cercheremo prima di trasbordare su quella. Indossate le tute spaziali. Tutti, meno Bert e Michelle. Noi resteremo in plancia mentre voi esplorerete l’interno di quelle navi. Appena due di voi saranno stanchi, li sostituiremo. Ham, ti affido il comando. Faresti meglio a dividere gli uomini in due squadre per risparmiare tempo.

— D’accordo, Gertie. Tor, prendi qualche attrezzo in magazzino: sonde, armi a raggi corti e via dicendo. Probabilmente non c’è nessuno a bordo, ma non si sa mai. Distribuirò io le armi.

Dopo pochi minuti erano tutti nel compartimento stagno, goffi e pesanti nelle tute corazzate. I Viver invece portavano solo le leggere tute spaziali che impedivano un eccesso di perdita di liquidi, e il casco. Kelly provò per la prima volta la sgradevole sensazione di mancanza di peso, quando si aprì il portello esterno del compartimento stagno. Uno per uno, coi Viver in testa, si avviarono verso quello che sarebbe stato il primo contatto dell’uomo con una nave spaziale aliena.

Da vicino non ci si poteva rendere conto di quanto fosse enorme. La comandante aveva accostato la Space Angel a quello che sembrava lo sbocco di un compartimento stagno, per cui si vedeva solo il portello e parte dello scafo interno. La curvatura dello scafo stesso impediva di vedere il resto. La copertura esterna era di metallo color bronzo. La nave aveva una massa sufficiente per sviluppare una leggera forza di gravità, per cui attirò gli spaziali che vi si posarono in piedi. Sergei si inginocchiò per saggiare il metallo con un grosso tubo lungo un metro mentre gli altri si avviavano verso il portello, un cerchio di metallo di dieci metri di diametro, apparentemente privo di cardini e nessuna indicazione che suggerisse come si potesse aprire.

— Non c’è neanche il campanello! — esclamò Michelle.

— Bene — disse Ham — cominciate a guadagnarvi la paga, gente. Fuori qualche brillante proposta!

— Io ho portato un po’ d’esplosivo — disse K’Stin. — Ho preparato io stesso la carica. Farò un buco abbastanza grande da lasciarci entrare.

— Verifichiamo le altre eventuali possibilità prima di ricorrere agli esplosivi. Sergei, cos’avete scoperto?

— Lo scafo sembra fatto di una lega metallica, Ham, ma è una lega composta di elementi che non conosciamo e che non reagisce a nessuno dei miei acidi, anche se contiene un’elevata percentuale di rame.

Mettetemi sul portello.

Nancy ubbidì e posò la sfera vicino alla fessura che divideva il portello dallo scafo. La sfera cominciò a ruotare lentamente lungo la circonferenza del portello, e quando si fermò ci fu una leggera vibrazione. Torwald fece segno agli altri d’inginocchiarsi e di accostare il casco allo scafo. Così fecero e poterono sentire una serie di lievi scatti, cigolii e ronzii all’interno. La sfera si scostò ruotando dal portello mentre questo incominciava ad aprirsi.

Molto lentamente, un centimetro per volta, affondò all’interno dello scafo, e quando si fu ritirato di circa un metro si spostò gradualmente di lato fino a lasciar libera l’apertura.

Si poteva vedere ben poco alla luce delle torce dei caschi, solo un locale grande pressappoco come la stiva della Space Angel con sei enormi porte. Sulle paratie c’erano tubi e cavi e cassette di metallo che forse contenevano strumenti o comandi.

— Non sembra molto aliena — disse Ham.

— A un livello così funzionale — disse la voce di Bert dalla nave — è logico che non si riscontrino grandi differenze fra una civiltà e un’altra. Ma scommetto che l’interno sarà molto diverso.