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— Chi si offre volontario per entrare per primo? — chiese Ham.

Kelly fece un passo avanti, ma Torwald si affrettò a trattenerlo.

— Prima lezione, ragazzo — disse Finn — sfuggì la parola “volontario” come se fosse la peste arturiana. Ham, come comandante l’onore tocca a te. Pensa alla gloria, sarai il primo terrestre a salire a bordo di una nave spaziale aliena.

— Ehi, un momento! Uno di noi deve restare fuori per stare in osservazione e decidere il da farsi nel caso che il primo resti colpito da qualche microbo alieno...

— Ham! — latrò la voce della comandante. — Salta giù subito!

— Sì, sì, Gertie — e Ham scomparve nel pozzo.

— Vedi niente?

— No. Le stesse cose che vedevo da fuori, anche se da un angolo diverso. Venite anche voi.

Gli altri lo seguirono, non senza trepidazione.

L’interno del locale era fatto dello stesso metallo dello scafo. Sulle paratie c’erano delle piastre rotonde trasparenti che forse erano lampade. Ham si avvicinò a una delle cassette metalliche e sollevò il coperchio. Dentro c’ erano diverse leve senza targhe o indicazioni. C’era una cassetta vicino a ogni portello.

— E adesso, Sfera? — chiese Ham.

Sto indagando. Quando un portello si apre entrate e seguite il percorso più facile. Se vorrò cambiare direzione vi avvertirò.

Intanto il portello esterno si richiuse, lentamente come si era aperto, e nel compartimento cominciò ad affluire aria.

— Gertie, mi senti? Ci vedi?

— Sì, Ham. Le vostre telecamere funzionano tutte perfettamente. Il metallo, qualunque sia la sua composizione, non è denso. Andate avanti e auguriamoci che quel pallone vi riporti qui tutti sani e salvi.

Pochi attimi dopo un portello si aprì su un corridoio lungo almeno un chilometro. Lo si poteva vedere per tutta la sua lunghezza perché per quanto sembrasse incredibile l’illuminazione funzionava ancora. Le piastre trasparenti inserite nelle paratie emanavano una fievole luce azzurrina.

— Hai fatto l’analisi dell’atmosfera, Michelle?

— È composta in massima parte di argon, Ham. E la luce sarebbe molto più viva se potessimo vedere gli infrarossi.

— Argon! — esclamò Ham sconcertato. — Credi che chi ha costruito questa nave potesse, metabolizzare un gas così stabile?

— Forse veniva immesso come conservarne — disse Bert — e questo potrebbe spiegare perché l’interno della nave è così ben conservato. Un gas inerte come l’argon non reagisce a niente. Doveva servire per mantenere in perfetta efficienza la nave durante i lunghi viaggi.

— Be’, può darsi — disse Ham. — Ma prima di tirare conclusioni aspettiamo di saperne di più.

Entrò in funzione un leggero campo gravitazionale cosicché si cominciò a capire meglio quale fosse il “su” e quale il “giù”. Il ponte aveva un’ampiezza di circa venti metri, e la superficie rugosa e morbida. Le pareti si curvavano verso l’interno a formare un perfetto arco semicircolare che conferiva al corridoio l’aspetto di un tunnel. Torwald si avvicinò per esaminare una delle piastre luminose, ma non riuscì a trovare l’elemento interno che forniva la luce, che pareva prodotta dalle lastre stesse.

— Bene, andiamo — disse Ham avviandosi lungo il corridoio. Gli altri lo seguirono con quell’andatura a ginocchia rigide e lunghe scivolate che costituiva il modo migliore per procedere in un ambiente a bassa attrazione gravitazionale. Percorsero più di dieci chilometri di corridoio senza trovare aperture nelle pareti o nel ponte.

— In che direzione ci muoviamo rispetto al resto della nave? — chiese Sergei.

— A quanto posso giudicare — rispose Finn — ci dirigiamo in linea retta giù al centro del fuso di cui abbiamo percorso circa un terzo della lunghezza. Approssimativamente corretto.

— Ehi! — gridò Kelly che precedeva gli altri di qualche metro.

— Vedo qualcosa laggiù. Mi sembra un portello.

Si affrettarono a raggiungerlo per vedere cosa avesse scoperto. A un centinaio di metri scorsero, sul ponte, un portello circolare uguale a quello dell’ingresso. Nella parte inferiore della paratia, vicino al portello stesso, c’era una. piastra rotonda che sporgeva per un paio di centimetri.

— Chiunque fossero, sapevano cosa sono i cerchi e le sezioni dei cerchi — osservò Nancy.

— Quel disco sulla paratia sembra una piastra a pressione — disse Ham. — Tor, prova a spingerla e vediamo cosa succede.

Tor la spinse col piede e la piastra cedette, per poi risalire quando Tor tolse il piede. Il portello si aprì lentamente di lato mettendo in luce un pozzo profondo una decina di metri. A cinque metri dal pozzo c’era un ponte con la superficie rugosa come quella del corridoio. Una rampa a spirale ampia un metro correva intorno ai bordi del pozzo cilindrico che continuava oltre il termine della rampa fino al ponte più in basso.

— Se la rampa era il loro mezzo di accesso al ponte sottostante — disse Nancy — non dovevano essere alti più un metro. Guardate come sono ravvicinati i livelli della rampa.

— E forse non erano neanche svelti — aggiunse Achmed. — Tutto quello che abbiamo visto muoversi, si muove lentamente.

— Scendiamo — concluse Ham sporgendosi sul bordo del pozzo. Gli altri lo seguirono; dopo sei secondi erano sul ponte inferiore, e si guardarono intorno con stupore.

— Credo che li abbiamo trovati — disse Michelle.

Si trovavano in una stretta corsia del locale più grande che avessero mai visto. Pareva che si stendesse all’infinito come il corridoio, ma non era confinato da pareti. Lungo i lati correvano file di cilindri fatti di una materia che sembrava vetro e che salivano fin quasi al soffitto. A intervalli regolari anguste corsie si staccavano da quella centrale snodandosi a perdita d’occhio fra le file dei cilindri.

I cilindri stessi, lunghi circa mezzo metro e con il diametro di una settantina di centimetri, erano posati sul fianco e non sulla base, una delle quali era liscia e piatta mentre dall’altra, leggermente curva, sporgevano cavi e tubi. All’interno galleggiavano diverse creature immerse in un liquido trasparente. Erano creature piatte e rotonde, con la superficie arrotondata coperta da minuscole protuberanze fungoidi che forse erano piedi. Intorno alla circonferenza del corpo c’erano dozzine di appendici di dimensioni e lunghezze diverse, alcune cortissime e sottili come un capello, altre grosse come un pollice e lunghe fino a sessanta centimetri. I tentacoli più grossi erano appiattiti nella parte inferiore e dotati di una specie di cresta, che serviva forse per afferrare, su quella superiore. L’epidermide era liscia, color pesca. I piccoli noduli che sporgevano fra i tentacoli erano forse occhi o organi di altro tipo.

— Nessuno di voi vede una bocca?

— C’è una piccola fessura fra due piccoli tentacoli, in questa — disse Nancy.

— Potrebbe essere una bocca.

— Uno di voi vorrebbe essere tanto gentile da fermarsi in modo da farmi dare un’occhiata a uno di questi così? — disse la voce della comandante. — Nancy, avvicinati, e spostati lentamente in modo da farmela vedere tutta. Ham, quei cilindri stanno sospesi da soli?

— Credo.

— Bene, portatene un paio quando tornate. Non dovrebbero essere molto pesanti con una gravità così bassa. Credete che siano state quelle creature a costruire la nave?

— Le dimensioni si accordano alla rampa a spirale — rispose Nancy.

— Sembrano ancora più molli di voi — osservò K’Stin. — Però se hanno costruito questa nave dovevano essere una razza grande e potente, da non sottovalutare.

— Poteva essere il loro bestiame — opinò Torwald. — O forse sono solo embrioni.

— È inutile cercare di indovinare — tagliò corto Ham. — Kelly, tu e Lafayette prendetene uno. Mi raccomando, fate attenzione e badate di prendere con voi anche la cassetta dove finiscono i cavi.