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Omero era inoltre un ottimo parlatore, e Kelly trascorse molte ore con lui, imparando la storia e la letteratura che le scuole statali non si erano curate di insegnargli. Omero aveva assorbito dal calcolatore di bordo tutti i dati relativi alla storia e alla letteratura dell’ umanità. Se fosse sopravvissuto, alla fine del viaggio Kelly sarebbe stato un uomo colto.

Erano nel bel mezzo di una lezione quando suonò l’allarme. Kelly si precipitò al posto di combattimento che gli era stato assegnato, nella cupola osservatorio dove era stato istallato il cannoncino laser a sei raggi.

— Cos’è successo, Torwald? — chiese lasciandosi cadere nel sedile imbottito e allacciandosi le cinture di sicurezza.

— Ci stanno attaccando — rispose senza scomporsi Torwald.

— Siamo usciti pochi minuti fa dall’iperspazio — gridò Ham dal suo posto ai comandi del depolarizzatore a cui erano assegnati lui e Nancy. — C’era un pianeta nelle vicinanze, un gigante gassoso delle dimensioni di Giove. Stavamo cercando un posto più adatto quando è cominciato l’attacco. Una stazione armata sta orbitando intorno al gigante, ma doveva trovarsi dalla parte opposta quando noi siamo entrati nello spazio normale.

«Non appena è salita sull’orizzonte ha cominciato a sparare. Ha diverse armi a energia. Sfera è riuscita a deviare quasi tutti i colpi, ma abbiamo riportato qualche danno.»

— Perché Sfera non è passata subito nell’iperspazio? — chiese Kelly guardando oltre la cupola trasparente mentre aggiustava il tiro. Lo spazio circostante era tutto uno sfavillio di colori.

— Suppongo che prima di tutto pensasse a neutralizzare i colpi.

— Secondo i miei strumenti — comunicò Finn dal ponte sottostante — Sfera ci sta allontanando dalla stazione orbitante. Fra poco saremo fuori tiro.

A un tratto Kelly rimase abbacinato da un’esplosione di luci colorate ancora più violenta, e la nave traballò. La sirena d’allarme riprese a suonare, e i tre che si trovavano nell’osservatorio si affrettarono a indossare le tute di sicurezza ideate da Torwald.

— Dove siamo stati colpiti? — chiese Ham infilando il casco.

— Lo scafo è stato perforato fra i portelli due e tre della stiva. A dritta, tutti i compartimenti di idroponica sono stati isolati. — La voce della comandante era calma come se stesse leggendo una bolletta di carico.

— C’è nessuno là? — chiese Torwald.

— Nessuno.

Poco per volta i colori svanirono e non ci furono più sobbalzi.

— A quanto pare siamo fuori portata — disse con sollievo la comandante. — Achmed, fatti accompagnare da Lafayette e da Kelly e andate a dare un’occhiata all’avaria. Gli altri restino alle loro postazioni finché non lo dirò io.

Kelly sfibbiò le cinghie e scese sulla passerella sottostante. Poi, oltrepassata la sezione idroponica raggiunse la pesante paratia che divideva la parte anteriore della nave dalla stiva. Là incontrò Achmed e Lafayette che lo aspettavano davanti al portello d’emergenza.

— Passeremo uno alla volta — disse l’arabo. — Prima io, poi Lafayette e poi tu, Kelly. Dietro quel portello c’è il vuoto e ci sarà finché non avremo riparato i danni. Non dimenticatelo.

Achmed aprì il portello ed entrò nel compartimento stagno. Quando il portello si richiuse, sentirono il sibilo dell’aria che veniva espulsa dall’interno. Poi passò Lafayette, e infine, fu il turno di Kelly.

Quando si aprì il portello della stiva, Kelly trattenne il respiro. Si aspettava di vedere un disastro: le paratie squarciate, il carico di cristalli sparso e frantumato, la passerella che pendeva sbilenca. Invece niente di tutto questo. Tutto sembrava normale. Notò che Achmed e Lafayette guardavano verso l’alto e seguì la direzione del loro sguardo. Vicino alla paratia di dritta c’era una sottile fessura, lunga due metri e larga non più di dieci centimetri, come se un gigantesco rasoio avesse praticato un taglio netto nello scafo. L’estremità inferiore della fessura spariva oltre la paratia che divideva la stiva dalle installazioni di poppa.

— Lo squarcio continua sulla piattaforma dell’AC. Kelly, vai a controllare, mentre noi due mettiamo una pezza qui.

Kelly salì sul ponte superiore, aprì il portello che dava sulla piattaforma di carico ed entrò. Lo squarcio si allungava per altri tre metri sulla paratia di fondo e anche la piattaforma era stata danneggiata.

— Achmed — gridò Kelly, e quasi non riconobbe la sua voce, nel casco. — Qui lo squarcio è ancora più lungo, e i coni di propulsione della piattaforma sono stati danneggiati.

— Maledizione! Quanto è lungo?

— Circa due terzi della paratia. — Be’, credevo peggio. Vedremo di metterci una pezza anche lì. Per un po’ terrà, ma quanto prima dovremo fare scalo su un pianeta per riparare i danni come si deve.

Nelle ore successive, Kelly ebbe un bel da fare a correre avanti e indietro per portare materiale e attrezzi mentre Achmed, Torwald e K’Stin provvedevano a saldare sullo squarcio una piastra di metallo.

Durante i lavori di riparazione, la comandante esplorò il sistema alla ricerca di un pianeta dove poter sbarcare. Finalmente ne trovò uno adatto vicino al sole del sistema. Impiegarono parecchi giorni per raggiungerlo, e via via che ci si avvicinavano aumentava il nervosismo dell’equipaggio. Il gigante gassoso era protetto da una stazione spaziale armata, e anche quel pianeta poteva esserlo.

I loro timori però risultarono infondati. Il pianeta, visto dall’osservatorio, era in massima parte coperto dal mare, ma possedeva anche due continenti abbastanza grandi e un certo numero di isole. La terraferma era per la quasi totalità coperta da banchi di nuvole,ma quel po’ che si riusciva a vedere era di un bel verde brillante.

— Dove atterriamo, Gertie? — chiese Ham. — Quella penisola sulla costa sudovest del continente settentrionale mi sembra un posto adatto.

— C’è un uragano tropicale che si dirige da quella parte. Proviamo quella grande isola a sud dell’ equatore. I nostri strumenti non rilevano indizi di una civiltà tecnologicamente progredita, laggiù, ma è meglio non correre rischi. Se una simile civiltà esiste, un’isola è il posto migliore per atterrare. È meno facile che ci siano grosse installazioni e numerosi abitanti. Dobbiamo garantirci alcuni giorni di tranquillità per completare le riparazioni. Con la nave in queste condizioni non possiamo affrontare uno scontro sia pure ad armi pari.

Finn scese in sala navigazione e tornò pochi minuti dopo. — Ho localizzato una radura sugli altopiani, lontano dall’oceano. È quel che fa per noi.

— Bene — disse la comandante. — Scendiamo. Una volta a terra, nessuno si allontani dall’area di atterraggio senza permesso. E ora, tutti nei rispettivi alloggi a prepararsi per lo sbarco. Appena scesi vi dividerò in squadre per i turni di lavoro. Abbiamo un bel po’ di riparazioni da fare e non voglio perdere tempo.

Kelly si allontanò, insieme agli altri, deluso in cuor suo di non poter esplorare il pianeta.

Kelly e Nancy stavano in cima alla rampa, mentre Ham, Achmed e Bert formavano la squadra addetta al primo turno delle riparazioni: finché non fossero terminate, era tassativamente proibita qualsiasi esplorazione dei dintorni.

— Che spreco di tempo — protestò Kelly. — Un intero pianeta dove l’uomo non è mai sceso, e noi non possiamo esplorarlo. Non ti dà ai nervi? — Sperava con questo di suscitare la reazione di Nancy, di farla parlare un po’. Dal giorno in cui aveva rivelato qualche particolare della sua infanzia, Nancy si era rinchiusa in se stessa e, specialmente quand’era sola con lui, parlava pochissimo.