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— Io ho visto molti mondi, Kelly, alcuni mai esplorati prima. Ci si abitua, a lungo andare. E poi la comandante ha ragione: a vederla la vegetazione di questo pianeta ricorda un po’ la giungla sulla Terra, ma potrebbe essere completamente diversa. Quella roba che sembra erba potrebbe essere carnivora, per esempio. I fiori potrebbero spruzzarti in faccia del veleno. Gli animali potrebbero avere scavato delle fosse e averle mimetizzate. Ho visto troppe volte cose di questo genere sui mondi colonizzati, e questo mondo ci è completamente sconosciuto.

— Potremmo mandare i Viver a dare un’occhiata intorno. Quelli non hanno paura di niente.

— Correrebbero rischi senza un motivo valido. E poi, la comandante non può esonerarli dal lavoro solo per soddisfare la nostra curiosità. E infine quei due temono qualsiasi cosa, finché non è provato che sia innocua.

— Si preoccupano talmente della propria sopravvivenza che mi chiedo se non finiranno col morire di ansia — rise Kelly, e rimase sorpreso nel constatare che era la prima volta che rideva dopo tanto tempo.

— Cosa c’è da ridere? — chiese una voce alle loro spalle. Lafayette stava scendendo dalla piattaforma della passerella. Sembrava di malumore, come sempre del resto negli ultimi tempi. Kelly pensava che la tensione del lungo viaggio influisse sul suo sistema nervoso.

— Kelly ha fatto un’osservazione sui Viver — rispose Nancy.

— Ci sono serviti proprio tanto quei due crostacei! — commentò Lafayette.

— È molto più utile Teddy, e anche Omero: almeno servono a rompere la monotonia.

— Torno in sala comunicazioni — disse Nancy, a cui evidentemente non andava di parlare con Lafayette quando era di quell’ umore.

— Ehi, Kelly — chiese questi quando la ragazza fu lontana — cosa ne diresti di fare un giretto? Non ne posso più di stare su questa nave.

— Ma, non saprei — tentò di protestare Kelly. — La comandante ha detto...

— Cosa te ne frega di quello che ha detto? Non è un essere umano, quella donna! E poi cosa può farci? Sbatterci fuori a calci? Tanto sono convinto che non torneremo mai a casa.

— Be’, fa’ come vuoi, ma io non mi muovo — disse Kelly, nonostante morisse dalla voglia di andare.

— E allora resta! — gridò Lafayette. Scese la rampa e pose piede a terra senza neanche soffermarsi un momento al pensiero che lui fosse il primo essere umano a mettere piede su quel pianeta. Attraversò la radura e sparì nella giungla. Kelly aspettò che tornasse, ma dopo un’ora cominciò a preoccuparsi, e quando non riuscì più a resistere salì in plancia dove la comandante stava disegnando alcuni diagrammi con Ham, Torwald e Michelle. Vedendolo entrare, teso e preoccupato, la comandante increspò le ciglia.

— Cosa c’è? — chiese.

— Lafayette è sbarcato.

— Come? — Gertie balzò in piedi e afferrò Kelly per un braccio. — Quando?

— Poco più di un’ora fa. Diceva...

— Più di un’ora fa. — La rabbia la fece ammutolire per un istante. — Perché hai aspettato tanto a dirmelo, buono a niente? — L’insulto fece intuire a Kelly quanto fosse nei guai. Con voce tremante spiegò l’accaduto.

— Perché non gliel’hai impedito?

— Era lui che rischiava, non io. E conosceva i vostri ordini.

— Avresti dovuto fermarlo!

— E come?

— Con un bel pugno — disse Torwald. — L’hai già fatto un’altra volta.

— Stiamo perdendo tempo — tagliò corto la comandante. — Torwald, vai a prendere tutto quello che serve per una spedizione a terra. Manda i Viver a cercare le sue tracce. E anche Omero, che può vedere., e sentire meglio di noi. Michelle, mi dispiace dovere mandare anche te, ma può darsi che abbia bisogno delle tue cure quando lo troveranno. Se lo troveranno. Andate! No, tu resta — disse a Kelly, e quando gli altri si furono allontanati, gli si parò davanti furibonda con la faccia a un palmo dalla sua, incurante di dovere stare in punta di piedi perché Kelly era più alto di lei. — Ascolta. Quando sei di servizio a bordo, la prima cosa a cui devi pensare, l’ultima, e sempre, è la nave. I tuoi umori e i tuoi sentimenti non contano. Quel ragazzo era da settimane sull’orlo di un collasso nervoso e stava a te stargli vicino, anche se in passato avete avuto degli screzi. Hai abbandonato a se stesso un compagno che aveva bisogno di comprensione e di assistenza, hai costretto parte dell’equipaggio a mettere a repentaglio la vita, hai implicitamente ritardato le riparazioni e, quindi, danneggiato la nave. Sono tre imperdonabili mancanze, ma prima di emettere un giudizio definitivo, ti voglio offrire la possibilità di riscattarti. Andrai anche tu a cercarlo, e se non troverete Lafayette non farti rivedere. — Detto questo si allontanò lasciando Kelly solo in plancia, pallido e turbato.

I Viver e Omero tornarono dalla giungla dopo un’ora.

— La sua pista è nitida per quasi un chilometro — riferì K’Stin — poi scompare. Dove termina ci sono i resti di un laccio. Nessuna traccia di sangue né orme dopo quel punto.

— Secondo me gli indigeni l’hanno portato sugli alberi, e i Viver e io non siamo arboricoli — disse Omero.

— Visto nient’altro? — chiese la comandante.

— Solo giungla fitta — rispose K’Stin — e molti animali grandi e piccoli. Alcuni predatori, non pericolosi per i Viver, ma voi pappemolli dovete stare attenti. Abbiamo trovato anche diverse grandi costruzioni di pietra, coperte da vegetazione, per cui devono essere disabitate.

— Bene — commentò la comandante. — Primo: controllate quegli edifici, cercate segni di vita. Vita intelligente. Mantenetevi in contatto con la nave regolarmente e non correte rischi inutili. Andate.

La squadra era equipaggiata per un lungo tragitto su terreno impervio, senza bracciali né gambiere corazzati, ma solo con l’armatura che proteggeva il torso, e la tuta non perforabile. Portavano tutti pistole a laser e machete appesi alla cintura, e Ham e Torwald avevano anche fucili a energia. I Viver, come loro abitudine, erano degli arsenali ambulanti. Attraversarono la radura e furono subito inghiottiti dalla giungla.

Nonostante la gravità del momento non poterono evitare di osservare incantati quel mondo esotico: un albero col tronco a spirale era coronato, a cinquanta metri da terra, da un ciuffo di piumose foglie azzurre; un’altra pianta era tutta irta di lunghe spine; lunghi rampicanti serpeggiavano sul terreno; altri si allungavano dalla cima di un albero all’altra. Ovunque c’erano fiori, taluni così minuscoli che un ciuffo composto da centinaia non era più grande di un’unghia, altri invece così grandi che ogni petalo aveva un diametro di due metri.

Ondate di odori si susseguivano: dai profumi più delicati ai fetori più rivoltanti. Pareva che ogni pianta volesse richiamare l’attenzione con la forma strana, i colori sgargianti, l’odore intenso. C’erano anche moltissimi animali di ogni specie. Alcuni, piccoli e con molte zampe, erano l’equivalente degli insetti terrestri; altri, coperti di squame e privi di arti, parevano serpenti, e infine altri ancora, pelosi e di svariate dimensioni, erano forse mammiferi. Non c’erano uccelli né animali coperti di piume, ma molte specie degli altri tre tipi volavano. L’aria era piena di insetti volanti e di grossi animali dotati di ali trasparenti. Una bestiolina vagamente rettiloide si posò alla spalla di Kelly e lo fissò a lungo con gli occhietti gialli luminosi come gemme. Poi, con sollievo di Kelly, quella specie di libellula se ne volò via soddisfatta del suo attento esame.

La foresta relativamente scarsa nei pressi della radura cedette ben presto il posto a un fittissimo sottobosco e i Viver, che camminavano all’avanguardia, cominciarono ad aprirsi un varco coi loro machete lunghi come spade. Le loro braccia si sollevavano e si abbassavano ritmicamente recidendo le grosse liane legnose come se fossero steli di margherite. Gli Umani avrebbero impiegato un giorno per avanzare di un chilometro, i Viver ci misero un’ora circa.