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— Forse è l’archivio nazionale — suggerì Torwald. — Tutte quelle iscrizioni potrebbero essere leggi o regolamenti.

— Probabilmente è un tempio — obiettò Nancy — e le iscrizioni preghiere.

— Ma non ci sono immagini di divinità, a meno che non lo siano le maschere fuori — disse Kelly.

— Nelle sinagoghe e nelle moschee non ci sono immagini — gli fece notare Torwald. — Molte religioni proibiscono qualsiasi riproduzione figurata delle divinità.

L’ultimo tratto della rampa portava a un locale ampio e arieggiato con grandi arcate che davano sulla sommità della piramide. Contrariamente alle altre, quella stanza non recava iscrizioni sui muri, ma al centro si ergeva un piedistallo cilindrico di pietra largo un metro coperto da un disco d’oro spesso almeno quindici centimetri, tutto inciso con disegni complicati.

— A me pare una mappa stellare — dichiarò Finn dopo che ebbero esaminato a lungo quella meraviglia. — È stilizzata e complicatissima, ma d’altronde da qui si vedono mille volte più stelle che dalla Terra.

— Credi che conoscessero l’astronomia? — chiese Ham.

— Se hanno costruito questa piramide con le iscrizioni d’oro allo scopo di sistemare qui questo disco, è chiaro che se ne interessavano. Dovrebbe esaminarlo Sfera.

— Lo dirò alla comandante. Intanto usciamo per dare un’occhiata dall’alto, finché c’è abbastanza luce.

La vista dalla sommità della piramide era tale da mozzare il fiato. La piattaforma che fungeva da base alle costruzioni era più grande di quanto non avessero creduto e qua e là se ne scorgevano altre in mezzo alla giungla.

— Vedo del fumo da quella parte — disse Kelly, indicando una piattaforma più piccola lontana circa tre chilometri.

— Ce n’è anche là — disse Michelle indicando un insieme di edifici su una piattaforma ancora più lontana. Da ambedue i complessi si levavano infatti sottili colonne di fumo grigio nell’aria immota. Il sole era prossimo al tramonto, e stava diventando rossastro. Il cambiamento di colore trasformò giungla e rovine nello spettacolo più bizzarro che avessero mai visto. Ham prese la trasmittente e fece un breve rapporto delle loro scoperte.

— Avete intenzione di tornare, Ham?

— È troppo tardi, e dovremmo attraversare la giungla di notte, Gertie. E poi vorrei dare un’occhiata a quelle installazioni per vedere se hanno portato là Lafayette. Domani mattina ci divideremo in due squadre e andremo a vedere.

— Achmed pensa che per domani avrà riparato la piattaforma di carico, così potremo calare a terra il veicolo per venirvi a rilevare. Datemi le vostre coordinate. Per ora, riposatevi. Buonanotte.

— C’è proprio bisogno che ci dia lei il permesso di riposare — brontolò Ham.

— Be’, gente, fuori i sacchi a pelo e le razioni. Staremo tutti di guardia stanotte. Sergei, voi farete il primo turno con me. Tor, tu farai il secondo con Kelly, Michelle il terzo e Nancy il quarto. Voi Viver fate come meglio credete, non so di quanto sonno avete bisogno. Omero, tu dormi?

— Mai, dopo l’infanzia. Credo che andrò a esplorare gli altri edifici vicini. Ci vedo benissimo con questa luce.

— Noi non siamo dei dormiglioni come voi — disse K’Stin. — Starò io di guardia per la prima metà della notte, e poi toccherà a B’Shant. Ci sistemeremo sulla cima di questo tempio o osservatorio che sia. Il tetto è troppo ripido per voi, così propongo che le vostre sentinelle stiano sulla terrazza... anche se sono inutili, visto che ci siamo noi.

— Non ha importanza, monteremo la guardia anche noi — disse Ham.

Gonfiarono i sacchi a pelo e poi pranzarono con le razioni che si erano portati nello zaino. Troppo stanchi per parlare, finirono di mangiare in fretta e poi s’infilarono nei sacchi a pelo, meno Ham e Sergei che uscirono armati di fucili, seguiti da K’Stin.

Quando un rude scossone lo svegliò, Kelly aveva l’impressione di essersi appena addormentato. Gli ci volle qualche secondo per riconoscere Torwald che stava chino su di lui, e per fare mente locale.

— È ora di alzarsi — gli disse Torwald, fresco e riposato, e Kelly si alzò insonnolito. Torwald gli cacciò in mano un fucile e lo spinse fuori. Appena uscito sulla terrazza, Kelly si svegliò completamente. Era una notte splendida. Le stelle splendevano fitte nel cielo limpido, con la stessa intensità di una notte di plenilunio sulla Terra.

La giungla sottostante era un bailamme di squittii, ruggiti, latrati, crepitii e altri indescrivibili suoni.

— Come va, K’Stin? — chiese Torwald.

— Niente da segnalare. Mi annoio — rispose il Viver. — Ogni tanto vedo le luci dei fuochi nel punto dove prima vedevamo il fumo, e qualche animale volante m è passato abbastanza vicino da darmi fastidio. Nient’altro. — I Viver si reggeva senza fatica sul tetto in pendenza, imbracciando il fucile a raggi e facendo roteare di continuo gli occhi in tutte le direzioni.

Kelly cominciò ad andare avanti e indietro sulla terrazza, contando i passi, finché non si rese conto che quel monotono esercizio gli faceva venire sonno. Allora rivolse l’attenzione ai dintorni. Su una delle piattaforme, in lontananza, si scorgeva il fievole bagliore di un fuoco. Spostò lentamente lo sguardo e subito s’immobilizzò. Aveva scorto un movimento. Tornò a guardare in quel punto, e vide qualcosa che si muoveva riflettendo la luce, sospeso a una cinquantina di metri dalla piattaforma. Per un attimo la cosa fu avvolta in un bagliore, poi scomparve.

— Torwald, K’Stin, guardate là! — disse, indicando il punto in cui aveva visto quella strana cosa.

— Cosa c’è? — chiese Torwald, e il ragazzo glielo spiegò.

— Forse era uno di quegli animali di cui parlava K’Stin — opinò Torwald senza dare importanza alla cosa.

— E le luci? — insisté Kelly, seccato di non essere preso sul serio.

— Probabili riflessi del fuoco. O forse insetti come le nostre lucciole.

— O forse il ragazzo non ci vede bene — disse con il suo solito tono sprezzante K’Stin. — Bisogna che ci decidiamo ad affidare i turni di guardia solo a chi ha sensi molto sviluppati.

— No, credo che abbia visto davvero qualcosa. Comunque, finché non si avvicina è inutile preoccuparsi.

Per tutto il resto del suo turno Kelly continuò a puntare lo sguardo sulla lontana piattaforma, ma non vide più l’oggetto o l’animale che si librava al di sopra. Tuttavia era sicuro di avere visto qualcosa, era quasi certo che non fosse un animale, ma un congegno meccanico. Ipotesi, questa, per niente tranquillizzante.

Si alzarono presto perché volevano raggiungere le altre rovine prima delle ore più calde. La notte, afosa e con sciami d’insetti ronzanti, non li aveva per niente rinfrescati né riposati. Sergei era stato punto e gli si era gonfiata una guancia, e Michelle si era affrettata a praticargli un’iniezione antiallergica.

Per risparmiare tempo decisero di dividersi in due squadre. —Tor — disse Ham. — Ti affido il comando della squadra B. Prendi con te Finn, Kelly, Nancy e B’Shant.

— Noi non ci dividiamo mai! — gridò K’Stin. — Mai! — Immediatamente i Viver impugnarono le armi con atteggiamento minaccioso.

— E va bene — consentì Ham. — Vorrà dire che al posto di un Viver potrai prendere Omero, se vuoi.

— Per me va benissimo — disse Tor. — Se non altro, Omero è più loquace.

— Ispezionò per qualche istante la sua squadra, poi fece cenno che lo seguissero sulla terrazza. — Bene, adesso potremo controllare se hai visto davvero qualcosa stanotte, Kelly. —Tor si voltò e inserì le coordinate sull’indicatore direzionale.