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— Indigeni?

— No, gli indigeni sono dei primitivi. Sembrano pacifici agricoltori. I cattivi vengono da un altro mondo. Omero dice che si chiamano Tchork e che comandano un potente impero. Dice anche che sono dei selvaggi che si sono impadroniti delle risorse tecniche di altre razze. Da quanto abbiamo visto sono peggiori dei crotali a quattro teste — e descrisse la scena del villaggio.

— Questo spiega le condizioni della città in cui mi trovo — disse Ham. — Tutti i metalli preziosi sono stati asportati dagli edifici che abbiamo visitato finora, e così pure le gemme. È rimasta solo la pietra.

— Ascoltate — disse Torwald. — Noi stiamo tornando nella città dove abbiamo pernottato. Comandante, l’AC può raggiungerci?

— La piattaforma di carico sarà in grado di funzionare fra qualche ora. Il veicolo dovrebbe essere pronto per quando tu e Ham vi incontrerete.

— Auguriamocelo — commentò Torwald. — Passo e chiudo. Avanzarono il più velocemente possibile nel folto, finché, scoprendo un sentiero che portava nella direzione giusta, decisero di seguirlo vinti più dalla stanchezza che dalla paura. Improvvisamente, senza preavviso, comparve dopo una svolta un gruppo di indigeni che si fermarono, guardandoli. Anche i Terrestri si fermarono, non sapendo cosa fare. Poi sentirono un urlo inconfondibile simile a un latrato, e dietro al gruppo apparvero due Tchork. Anch’essi si fermarono interdetti per un attimo, ma si ripresero subito e puntarono le armi. Bestemmiando fra i denti, Torwald ne tagliò in due uno col laser mentre da parte sua Finn, con la pistola, colpiva l’altro in mezzo agli occhi.

— Maledizione, questa non ci voleva! A questo punto correte e non fermatevi finché non ve lo dico io.

Partirono tutti al galoppo come se avessero il diavolo alle calcagna e corsero coi polmoni in fiamme e un acuto dolore alla milza, finché non si fermarono là dove il sentiero sboccava in un’ampia radura.

— Dobbiamo attraversarla — disse Finn. — Qui la giungla è talmente fitta che ci vorrebbe un’ora per aggirarla.

— L’attraverseremo uno alla volta — ordinò Torwald. — Finn, vai tu per primo e coprici dall’al...

— Ascoltate! — lo interruppe Omero con le antenne vibranti rivolte nella direzione da cui erano venuti. Tendendo le orecchie sentirono una serie di rumori che si avvicinavano.

— Allora è meglio che attraversiamo la radura tutti insieme — disse Torwald.

— Tenete la testa bassa. Via! — Sfrecciarono nella radura per raggiungere al più presto l’opposto margine della giungla. Il rumore alle loro spalle andava aumentando, e pochi secondi dopo furono coperti da un’ombra. Voltandosi videro un aereo di foggia sconosciuta che stava sospeso a dieci metri da terra, oscurando il sole. Torwald e Finn si inginocchiarono e si misero subito a sparare, imitati dopo qualche istante da Kelly e Nancy. Ma i raggi delle loro armi non produssero alcun effetto, come se fossero stati assorbiti dall’apparecchio. Un oggetto grande e amorfo venne calato nella loro direzione. Via via che si avvicinava si allargò contorcendosi. Era trasparente ed emetteva un sibilo. I cinque si sparsero, ma non abbastanza in tempo. La cosa, contrariamente all’apparenza, era molto pesante e li schiacciò a terra. Quando 1’ebbero addosso videro che si trattava di una rete formata da sottilissimi fili trasparenti color ambra. Mentre cercavano di puntare le armi, la rete si restrinse costringendoli ad abbassare le braccia. Nel giro di pochi attimi rimasero completamente immobilizzati.

Il veicolo atterrò e sei o sette Tchork balzarono a terra. Altri uscirono dal folto. Con cautela e pazienza cominciarono a districare i prigionieri dalla rete appiccicosa, toccandola qua e là con strumenti simili a tozzi bastoni i che la facevano staccare appena sfiorata. Poi i Tchork raccolsero le armi dei prigionieri, prima di liberarli, e quindi calarono dal velivolo una cassa e l’aprirono. La rete si sollevò e fu risucchiata nella cassa.

— Dev’essere un animale — disse Nancy.

— É proprio quello che ci vuole per catturare gli schiavi senza danneggiare la merce — commentò con un sorriso amaro Torwald. Uno dei Tchork latrò qualcosa e i prigionieri si misero a sedere. Kelly si guardò intorno alla ricerca di Omero e lo vide poco lontano che brucava l’erba con l’aria più disinteressata e stupida del mondo. Un Tchork con la bandoliera adorna di gemme gli si avvicinò e lo spinse a calci verso gli altri. — Be’, valeva la pena di tentare — mormorò il crostaceo. Il Tchork ingioiellato ricominciò a latrare, e con gran sorpresa dei prigionieri Omero cominciò a tradurre simultaneamente gli urli del Tchork.

— Non cercare di farmela — stava dicendo questi a Omero. — Ne ho già visti altri come te. Cosa fai qui e cosa sono queste creature? I nostri schiavi ne hanno catturata una, ieri, e dicono che non le avevano mai viste prima.

— Io sono un poeta, come quasi tutti i miei simili, e viaggio alla ricerca di ispirazione per i miei versi. Queste persone viaggiano per motivi propri e sono state tanto gentili da permettermi di unirmi a loro. — Stavolta Omero parlava contemporaneamente in due lingue, una vera performance da virtuoso.

— E di quali affari si tratta? — chiese il Tchork fissando minacciosamente coi suoi tre occhi i prigionieri.

— Siamo esploratori — inventò lì per lì Torwald. — Uno dei nostri si è perduto e siamo venuti a cercarlo. Ho sentito che l’avete preso voi, e se ce lo restituite ripartiamo subito.

— Non approfittare della mia pazienza — ribatté il Tchork accompagnando le parole con uno schiaffo violento. — Siete armati.

— La giungla, qui, è piena di animali pericolosi — spiegò Finn notando che Torwald era troppo intontito per parlare.

— Da che mondo venite? Non ho mai visto esseri come voi.

— Il nostro mondo si chiama Terra — disse Finn, un po’ inventando e un po’ dicendo la verità. — È a capo di un potentissimo impero e se ci verrà fatto del male, la sua vendetta sarà terribile.

— Non ti credo — dichiarò il Tchork. — Inoltre voi avete ucciso due dei nostri. — Nonostante la tracotanza, sembrava un po’ meno sicuro di prima.

— Abbiamo sparato per difesa. Loro avevano estratto le armi per primi. Cosa avremmo dovuto fare? — Finn recitava a soggetto, cercando di esprimersi in modo da persuadere il Tchork. — In fondo, erano solo umili guardiani di schiavi, indegni dell’attenzione di creature superiori.

— Infatti — ammise il Tchork — ma qui siamo a corto di manodopera... — s’interruppe bruscamente, pensando forse di avere detto troppo. — In quanti siete scesi su questo mondo, e dov’è la vostra nave?

— Noi ve l’abbiamo chiesto? — ribatté Torwald, che si era ripreso.

— Faresti bene a ricordare che noi siamo armati e voi no. Limitati a rispondere alle domande. — La nostra nave ci ha lasciati qui qualche giorno fa per compiere una ricerca preliminare. Tornerà fra trenta giorni.

— Allora avrete un accampamento. Addosso non portate un’attrezzatura sufficiente per una permanenza di trenta giorni. Dove vi siete accampati?

— Ve lo dirò solo se non avete intenzioni ostili — disse Torwald cercando di esprimersi in modo che il Tchork potesse capire il senso delle sue parole.

— Se è così, questo significa che proteggete i vostri compagni o che temete per la salvezza della vostra nave. Tornerete con me alla mia base. A bordo! — Ubbidirono, non avendo altra scelta. Appena salirono sul velivolo vennero legati con le braccia dietro la schiena e due Tchork li tennero sotto continua sorveglianza. L’apparecchio si sollevò e Torwald commentò nel tentativo di alleggerire l’atmosfera con una battuta: — Be’, ora sappiamo cos’aveva visto Kelly la notte scorsa.

Erano stremati, sporchi e indolenziti. Il capo dei Tchork li aveva sottoposti a un lungo, snervante interrogatorio fin dal momento del loro arrivo. Evidentemente i Tchork erano degli esperti in materia, perché pur essendo stati maneschi e brutali non avevano causato danni irreparabili. Dopo l’interminabile serie di inutili domande, l’ufficiale ordinò che fossero legati e sistemati sotto le palafitte di una capanna. Evidentemente non voleva fare niente di drastico finché non avesse ricevuto ordini superiori.