Torwald e la comandante erano nella rimessa dell’AC quando sopraggiunsero Nancy e Kelly che caricarono sul mezzo le attrezzature e le provviste. Poi, Nancy si portò alle spalle dei due che stavano osservando il panorama dall’oblò.
— Com’è? — chiese Nancy raggiungendoli.
Gli altri continuarono a guardare affascinati. Una vista da mozzare il fiato. Erano atterrati sulla sommità spianata di una montagna che sovrastava a cinquemila metri d’altezza un’immensa pianura. La vista spaziava per almeno cento chilometri, e ogni metro quadrato era coperto di navi o di attrezzature portuali. Non solo la pianura, ma anche la montagna era tutto un seguito ininterrotto di attracchi, rimesse, piste di atterraggio e altre strutture non meglio identificate.
Torri come schegge d’acciaio svettavano nel cielo giallo e terso. Alcune erano molto più alte della montagna dove si era posata la Space Angel. Navi di tutte le forme e dimensioni stavano allineate in lunghe file fino all’orizzonte. Ovunque era uno scintillio di metallo. Solo la spianata dove si era posata la Space Angel era libera.
— Bene, Tor, tu e la tua squadra andate a fare un giro.
— Cosa dobbiamo cercare, comandante?
— E che ne so? Cercate qualcosa di unico e di diverso. Dev’esserci un comando centrale su questo pianeta, e siccome questa è 1’ installazione più grande, penso che si trovi qui. Ora partite e chiamatemi quando avrete trovato qualcosa d’interessante.
— Sarà una bella faticata — brontolò Torwald salendo a bordo con gli altri. L’atmosfera del pianeta era respirabile per cui non ebbero bisogno di portarsi appresso caschi e bombole. Per precauzione, però, avevano con sé i caschi da battaglia.
— C’è tanto ossigeno nell’aria? — chiese Kelly. — Nancy non riesce a spiegarselo perché la vegetazione è troppo scarsa.
— Davvero, Nancy? — chiese Torwald, interessato.
— Sì. Non esistono oceani, quindi non c’è plancton che possa produrre ossigeno. E non ci sono nemmeno foreste e praterie. Quasi tutta la superficie del pianeta nascosta sotto gli spazioporti è un deserto roccioso.
— E i batteri? — chiese Finn. — Forse... ma dovrebbero metabolizzarsi con una frequenza eccezionale per produrre tanto ossigeno. Data la costituzione del pianeta dovrebbe essercene meno dell’uno per cento, invece l’atmosfera è quasi simile a quella terrestre.
— E tu cosa ne dici, Omero? — chiese allora Kelly al granchio. — Non ti è mai capitato durante i tuoi viaggi di imbatterti in un fenomeno come questo?
— Può darsi, ma non è un argomento che mi interessi. A me interessa soprattutto la poesia, quindi capita ben di rado che mi occupi di argomenti come la composizione atmosferica.
— Magnifico! — esclamò ridendo Finn. — Abbiamo con noi quello che è forse l’essere che ha visitato più pianeti nella Galassia, e tutto quello che gli interessa è la poesia.
— Quando si visitano tanti mondi come faccio io, è meglio specializzarsi — replicò Omero.
Il veicolo procedeva a pochi metri da terra e sotto di loro sfilavano ininterrotte file di navi, rimesse, stazioni di servizio, officine, ma non c’era alcun segno di vita.
Dopo qualche minuto, Finn osservò perplesso: — Strano. Sembra una di quelle enormi basi costruite durante la guerra dalla Flotta, ma non vedo edifici che possano sembrare caserme, mense, uffici.
— Già — convenne Nancy. — Forse quelli che le hanno costruite non ne avevano bisogno.
— Può darsi che fossero robot — aggiunse Kelly.
— E forse questa non è che un’allucinazione! — esclamò Torwald. — Scendiamo per dare un’ occhiata da vicino. — Pilotò l’AC verso una delle navi più alte, una guglia piatta composta da piastre metalliche lisce e posata su sottili sostegni che sembravano troppo fragili per reggere la sua mole. Non si vedevano portelli.
— Perché hanno nascosto gli ingressi, Tor? — chiese Nancy.
— Forse perché non volevano intrusi. Andiamo, proviamo da qualche altra parte.
Trascorsero quasi tutta la giornata esaminando navi e installazioni. Il risultato era sempre lo stesso: edifici e navi erano privi di ingressi. Torwald ordinò finalmente di tornare a bordo. L’indomani avrebbero ricominciato portando attrezzi a laser.
Torwald era su una piattaforma di fortuna che avevano eretto alla base di una delle navi e impugnava un coltello a laser. — Mi dispiace di doverlo fare,comandante. È un sacrilegio rovinare una nave così perfetta.
— Tu limitati a obbedire agli ordini — gli rispose via radio la comandante. — Tanto quella nave non andava da nessuna parte. Torwald praticò un’incisione preliminare. Visto che non succedeva niente, continuò a tagliare in modo da formare il perimetro di un rettangolo. Quando il metallo si fu raffreddato, applicò due morse e sollevò la piastra tagliata. All’interno c’era un labirinto di condotti e di cavi che occupavano tutto lo spazio messo in luce.
— Non vedo nessun ponte. — Kelly inserì nell’apertura una lampada e guardò verso l’alto. — Niente scale né passerelle. Chi poteva vivere su una nave così?
— Forse gente priva di piedi — scherzò Nancy.
— Vuoi provare tu a dare un’occhiata dentro? — propose Torwald a Omero.
— Tu puoi insinuarti più facilmente. Noi non abbiamo spazio sufficiente.
— Subito. — Omero allungò alcuni dei suoi arti prensili e zampettò nell’interno Kelly cercò di centrarlo col raggio della lampada finché non scomparve nei recessi della nave.
— Cos’hai trovato — chiese Torwald quando Omero fu di ritorno dopo qualche minuto.
— Poco o niente Sembra. che non ci sia posto per persone. Il sistema dei comandi è situato al centro: si tratta di una scatola grande pressappoco come la tua testa. Non ci sono sistemi di aerazione ne altro che stia a indicare riciclaggio di viveri o acqua. Non ci sono neanche scritti da cui si capisca cosa sono le varie componenti. Credo proprio che si tratti di una nave robot.
— Chissà se sono cose anche le altre — disse Kelly.
— Proviamo con uno degli edifici — propose Torwald.
Fecero diversi tentativi praticando un’apertura col laser, perché non c’erano porte né finestre visibili in nessuna costruzione. All’interno trovarono strumenti, motori, carburante, reattori, officine di riparazione per le navi, ma nessun indizio che quella base fosse stata abitata. Tutto funzionava automaticamente.
— Non capisco, Torwald. Abbiamo trovato nello spazio quelle due navi senza equipaggio — osservo Kelly — ma erano state abbandonate in seguito a un incidente. Qui invece pare che abbiano costruito questa enorme base dotandola di tutto il necessario per poi dimenticarsene.
— Lo so, Kelly, ma — Torwald fu interrotto da un rombo lontano Si precipitarono fuori per raggiungere gli altri. K’Stin e B’Shant sfoderarono le armi.
— Viene dall’alto — disse K’Stin. — Novantacinque gradi nord. — Tutti scrutarono il cielo in quella direzione. — Vedo agli infrarossi una luce brillante che scende — precisò K’Stin.
Poco dopo anche gli altri scorsero un punto luminoso accompagnato da un rombo sempre più forte via via che scendeva.
— A bordo, in fretta, e puntiamo a velocità ridotta verso nord — ordino Torwald salendo per primo sul veicolo.
— É una nave che sta per atterrare, Tor? — chiese dall’altoparlante la voce della comandante — Pare di sì. Scommetto che fa parte di una delle formazioni in orbita.
— É probabile. Spero che non si siano accorti della nostra presenza.
— Non credo. Con tutti gli armamenti che ci sono qui, non avevano bisogno di fare scendere una nave. Penso piuttosto che si tratti di una normale operazione di controllo. Se le cose stanno così, quella nave deve ricevere ordini da qualcuno. Vedete se riuscite a captare qualche trasmissione. Potrebbe risparmiarci anni di ricerche su questo pianeta.