— Lo stato maggiore vorsteriano cavilla sulle nomine politiche e si batte per modificare la normativa fiscale — interloquì l’armonista magro e allampanato. — Spreca tempo ed energie cincischiando su questioni di politica interna, mentre su Marte e su Venere non esiste ancora un solo tempio! Zero assoluto, rifiuto totale della religione! E il programma di riproduzione degli esperiani che risultati ha dato? Quali sono questi progressi sensazionali tanto propagandati e tanto attesi?
— Ma siamo solo alla seconda generazione — disse Mondschein. — Dovete avere pazienza. — Non poté trattenere un sorriso, lui che invitava alla pazienza gli altri, poi aggiunse: — Io sono convinto che la Confraternita si stia muovendo nella giusta direzione.
— Noi, ovviamente, no — disse il terzo armonista, prendendo la parola per la prima volta. — Quando ci siamo resi conto che era impossibile promuovere le riforme dall’interno, siamo stati costretti ad andarcene e a dare vita a un nuovo movimento, parallelo a quello originario. Gli obbiettivi finali che ci proponiamo di raggiungere sono gli stessi. L’immortalità dell’uomo attraverso la rigenerazione corporale. E pieno sviluppo dei poteri extrasensoriali, cosa che prelude a nuovi sistemi di comunicazione e di controllo. È questo che noi vogliamo… non il diritto di decidere sulle tasse locali.
— Dunque il vostro intento è innanzitutto quello di assicurarvi il potere politico e poi concentrarvi sugli obiettivi a lungo termine.
— Non necessariamente — ribatté bruscamente l’armonista tozzo. — Quella che a noi interessa è l’azione diretta. E confidiamo nel successo. In un modo o nell’altro realizzeremo i nostri ideali.
La donna magra si avvicinò a Mondschein per versargli ancora un po’ di vino. Lui cercò di sottrarre il bicchiere, ma lei insistette nel riempirglielo e lui lo bevve. Poi disse. — Immagino che non mi abbiate fatto venire fino a Roma per esprimermi il vostro parere sulla Confraternita. Perché avete bisogno di me?
— Supponiamo per un istante che noi riusciamo a farti trasferire a Santa Fe — disse l’armonista basso e tarchiato.
Mondschein drizzò immediatamente la schiena e serrò le dita attorno al bicchiere fino quasi a spezzarlo.
— Com’è possibile?
— Supponiamo che noi siamo in grado di farlo. Saresti disposto a procurarti certe informazioni dai laboratori del centro e a passarcele?
— Fare la spia per conto vostro?
— Sei stato tu a dirlo.
— Mi sembra una brutta cosa — obiettò Mondschein.
— Riceveresti un’adeguata ricompensa.
— Dovrebbe trattarsi di una ricompensa molto significativa.
L’eretico si protese verso di lui e, abbassando il tono della voce, disse: — Ti offriamo un posto al decimo-livello della nostra organizzazione. Per ottenere una simile elevazione di grado all’interno della Confraternita dovresti attendere almeno quindici anni. Noi siamo un movimento più piccolo. Da noi la scala gerarchica si sale molto più rapidamente. Un uomo ambizioso come te potrebbe arrivare al vertice prima dei cinquant’anni.
— E che gusto c’è? — domandò Mondschein. — Forse potrei raggiungere i gradi più alti della vostra gerarchla, ma voi non siete il movimento religioso vincente!
— Ah, ma lo diventeremo! Grazie alle informazioni che tu ci procurerai e che ci permetteranno di espanderci! E quando vedranno quello che abbiamo da offrire, milioni di persone lasceranno la Confraternita per unirsi a noi! E tu diventerai un pezzo grosso dell’organizzazione, perché ti sei schierato dalla nostra parte fin dall’inizio.
Il ragionamento di quell’eretico non faceva una grinza, riconobbe Mondschein. La Confraternita aveva già esaurito il suo processo di espansione: era ricca, potente e fin troppo piena di burocrati. Non c’era speranza per lui di riuscire a fare carriera. Se, invece, passava dalla parte di un gruppo piccolo, ma dinamico, e con ambizioni pari alle sue…
— Non funzionerà mai — disse scuotendo tristemente la testa.
— Perché?
— Anche nell’ipotesi che riusciate a farmi accedere al centro di Santa Fe, gli esperiani mi passeranno al vaglio e capiranno che sono un impostore. Il ricordo di questa conversazione mi tradirà e loro mi cacceranno.
L’uomo basso e tozzo distese le labbra in un ampio sorriso — Che cosa le fa pensare che ricorderà questa conversazione. Anche noi abbiamo i nostri esperiani, accolito Mondschein!
quattro
Christopher Mondschein si ritrovò in una stanza paurosamente vuota. Era un quadrato perfetto, all’interno del quale non vi era assolutamente nulla. Solo lui. Nessun mobile, nessuna finestra, nemmeno una ragnatela. Spostando nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro, Mondschein scrutò il soffitto, alto, cercando, senza successo, la fonte di quell’illuminazione rigorosamente omogenea. Non sapeva nemmeno in quale città si trovasse. Lo avevano portato via da Roma al sorgere del sole e a quell’ora poteva essere a Jakarta, a Benares o forse ad Akron.
Nutriva profondi dubbi sull’impresa in cui si era imbarcato. Gli armonisti gli avevano garantito che non avrebbe corso nessun rischio, ma lui non ne era così sicuro. La Confraternita non poteva aver raggiunto quel livello di potenza senza aver elaborato adeguate misure di auto-protezione. Per quanto gli avessero assicurato il contrario, era assai probabile che i vorsteriani lo scoprissero molto prima che lui riuscisse ad infiltrarsi nei labo-ratori segreti del centro di ricerca di Santa Fe. Dopodiché per lui le cose si sarebbero messe davvero male.
La Confraternita sapeva come punire i traditori. Dietro l’apparente benevolenza dei suoi gerarchi si nascondeva una vena di indispensabile crudeltà. A Mondschein erano giunte all’orecchio alcune storie: una riguardava il supervisore regionale delle Filippine, reo di essersi lasciato convincere a consegnare ad alcuni ufficiali di polizia anti-vorsteriani, i verbali del sommo concilio.
Forse era una storia apocrifa. Mondschein aveva sentito dire che, dopo essere stato scoperto, il supervisore era stato trasferito a Santa Fe, dove aveva subito la perdita dei ricettori del dolore. Una bella fortuna non sentire più il dolore? Non proprio. Il dolore permette all’uomo di difendersi dai pericoli. In mancanza di percezione dolorosa, come può una persona rendersi conto se un oggetto o un liquido sono troppo caldi o troppo freddi?
Così finisce per procurarsi una serie di piccole ferite: scottature, tagli, abrasioni. E pericolose mutilazioni corporee: via un dito, via il naso, via un occhio, via un brandello di pelle… potrebbe addirittura mangiarsi la lingua senza accorgersene.
Mondschein rabbrividì. A un tratto, la parete perfettamente liscia che aveva di fronte rientrò, come un telescopio, e nella stanza apparve un uomo. La parete si richiuse alle sue spalle.
— Lei è un esperiano? — sbottò Mondschein nervosamente.
L’uomo annuì. Non aveva tratti particolari. Il volto mostrava vaghe caratteristiche euroasiatiche. Aveva le labbra sottili, i capelli scuri e lucidi, la carnagione quasi olivastra. A Mondschein parve di cogliere un’espressione di fragilità nel suo sguardo.
— Si distenda sul pavimento — disse l’esperiano, con voce dolce e impastata. — Si rilassi. Lei ha paura di me e invece non deve.
— Perché non dovrei? Lei sta per mettere le mani nella mia mente!
— Si rilassi, la prego.
Mondschein ci provò. Si sdraiò sul pavimento gommoso e cedevole e allungò le braccia lungo i fianchi. L’esperiano si diresse verso un angolo della stanza e si sedette assumendo la posizione fior di loto, senza guardarlo. L’accolito attese in preda a un crescente senso di incertezza.