— Puoi andare, Mondschein — gli disse il supervisore con aria cupa.
— Andare? Dove?
— Dove vuoi. Finalmente siamo giunti a una decisione. Sei stato giudicato colpevole, ma, poiché sussiste un ragionevole dubbio sulla volontarietà del tuo comportamento, non verrà preso alcun provvedimento nei tuoi confronti. A parte, s’intende, l’espulsione dalla Confraternita.
— Questo significa che non potrò più frequentare la chiesa nemmeno come fedele e che non potrò comunicarmi?
— Non necessariamente. Questa è una scelta che riguarda soltanto te. Se vuoi venire al tempio a pregare, noi non ti negheremo il nostro conforto. Ma non puoi più indossare la veste. Anche se in modo apparentemente inspiegabile sei stato subornato e noi non possiamo correre altri rischi con te. Mi dispiace Mondschein.
Anche Mondschein era dispiaciuto, ma anche sollevato. Non si sarebbero vendicati. E, dopo tutto, lui non aveva perso niente, se non la possibilità di vivere per sempre… Sulla quale, però, poteva sempre contare come qualsiasi altro comune fedele.
Naturalmente si era giocato l’opportunità di fare carriera all’interno della gerarchia vorsteriana, ma, in fondo, esisteva anche un altro ordine nel quale, presumibilmente, era ancora più facile realizzare i propri sogni di gloria.
Un confratello lo accompagnò fino alla città di Santa Fe e, dopo avergli dato un po’ di denaro, lo lasciò andare. Per prima cosa, Mondschein decise di recarsi al più vicino tempio dell’Armonia Trascendente, che, scoprì, si trovava ad Albuquerque, a venti minuti di strada.
— Ti stavamo aspettando — gli disse un eretico con una lunga veste verde. — Ho avuto istruzioni di mettermi in contatto con i miei superiori non appena tu fossi arrivato.
Mondschein non rimase sorpreso da quell’accoglienza. Né lo stupì la notizia, che gli fu comunicata poco dopo, che sarebbe dovuto partire immediatamente alla volta di Roma. Tutte le spese sarebbero state a carico degli armonisti.
Alla stazione di Roma gli andò incontro una donna con le palpebre rifatte. Non gli sembrava un viso conosciuto, ma lei gli sorrise come se fossero vecchi amici. La donna lo condusse in una casa sulla via Flaminia a una ventina di chilometri a nord della città. Lì trovò ad attenderlo un fratello armonista con la carnagione giallastra e il naso a patata.
— Benvenuto — gli disse questi. — Ti ricordi di me?
— No. veramente, io… ma sì! Sì!
I ricordi lo travolsero come l’ondata di un fiume in piena, lasciandolo stordito e incerto sulle gambe. L’ultima volta che era stato in quella stanza c’erano altri due eretici oltre a quel piccolotto: gli avevano offerto del vino e promesso di affidargli un incarico importante all’interno della loro organizzazione; in cambio di quel compenso, lui aveva accettato di venire inviato in incognita a Santa Fe, come soldato in una grande crociata, come un guerriero della luce, come una spia armonista.
— Ti sei comportato benissimo, Mondschein — disse l’eretico con fare untuoso. — Non pensavamo che saresti stato scoperto così presto, ma dopotutto non conoscevamo tutti i loro sistemi di sicurezza. Potevamo soltanto difenderci dagli esperiani e, in questo, ce la siamo cavata egregiamente. In ogni caso, le informazioni che ci hai procurato sono molto utili.
— E adesso manterrete anche voi la parola? Mi offrirete un incarico di decimo livello come promesso?
— Certamente. Non avrai pensato che ti avremmo imbrogliato? Seguirai un corso trimestrale di indottrinamento per conoscere il nostro movimento, dopodiché assumerai i tuoi nuovi compiti all’interno dell’organizzazione. Che cosa preferisci, Mondschein, Marte o Venere?
— Marte o Venere? Non capisco.
— Abbiamo intenzione di assegnarti a una delle nostre divisioni missionarie. Lascerai la Terra la prossima estate per andare a predicare la nostra fede in una delle colonie. Sei libero di scegliere quella che preferisci.
Mondschein era sconvolto. Non era certo per quello che aveva accettato di fare la spia per gli armonisti. Si era venduto agli eretici soltanto per essere spedito in un mondo alieno, dove avrebbe pure rischiato il martirio… Oh no, una cosa simile proprio non se la aspettava.
Del resto, neppure Faust si aspettava di avere dei problemi, pensò subito dopo freddamente.
— Ma che scherzi sono questi? — protestò accaldandosi. — Non avete nessun diritto di chiedermi di diventare missionario!
— Noi ti abbiamo offerto un incarico di decimo livello — replicò pacatamente l’armonista. — Ma a noi restava la facoltà di scegliere la divisione.
Mondschein tacque. Sentiva il sangue ribollirgli nel cranio, tanto che, per un istante, la vista gli si annebbiò. Era libero di andarsene, di uscire dalla porta e confondersi con la massa. Essere nessuno. Oppure, poteva chinare la testa e diventare… Che cosa? Qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa.
Probabilmente entro sei settimane sarebbe morto.
— D’accordo — disse. — Venere. Andrò su Venere. — Le sue parole risuonarono come la porta di una gabbia che si chiude.
L’armonista annuì. — Ne ero certo — commentò. Poi, prima di andarsene, lo fissò incuriosito. — Pensavi veramente di poter decidere tu che cosa diventare… spia?
TRE
2135
DOVE VANNO I CONVERTITI
uno
Il ragazzo venusiano danzò agilmente attorno al Fungo sul retro del tempio, evitando con una destrezza figlia della pratica le fauci di quell’assassino grigio-verde. Saltò il tronco gommoso dell’Albero Limblimo e si avvicinò alla fila serrata di steli frastagliati e senza nome che circondavano il cortile. Li fissò sorridendo e gli steli si divisero come le acque del Mar Rosso di fronte a Mosè.
— Eccomi qua — disse il ragazzo a Nicholas Martell.
— Non pensavo che saresti ritornato — rispose il missionario vorsteriano.
Il ragazzo, di nome Elwhit, lo guardò con espressione birbona. — Fratello Christopher mi ha raccomandato di non venire più qui. È per questo che sono venuto. Parlami del Fuoco Azzurro. È vero che tu puoi fare in modo che atomi emettano luce?
— Su, vieni, entra — disse Martell.
Elwhit rappresentava la sua prima e per ora unica conquista da quando era arrivato su Venere. Ma Martell non si lamentava. Ogni passo avanti era pur sempre un passo avanti. C’era un intero pianeta da convertire. E, forse, un intero universo.
Quando entrarono nel tempio, il ragazzo rimase indietro, come se da spavaldo fosse diventato improvvisamente timido. Non doveva avere più di dieci anni, pensò Martell. Era soltanto per cattiveria che era venuto? O forse era una spia inviata dagli eretici, che avevano il loro tempio in fondo alla strada? Non aveva importanza. Martell lo avrebbe trattato come un’anima da convertire. Accese il reattore sull’altare e il Fuoco Azzuro inondò la stanza, facendo danzare i colori sulle assi intarsiate del soffitto di legno. La potenza del cubo di cobalto crebbe e le radiazioni, tanto spettacolari quanto innocue strapparono a Elwhit un’esclamazione di riverente stupore.
— Il fuoco è simbolico — gli spiegò Martell con voce sommessa. — C’è un’unità alla base di tutte le cose, come le fondamenta di un edificio comune. Capisci? Lo sai che cosa sono le particelle atomiche? I protoni, gli elettroni e i neutroni? Ciò di cui sono fatte tutte le cose?
— Io posso toccarli — disse il ragazzo. — E posso manipolarli.
— Mi faresti vedere come ci riesci? — Martell ricordava il modo in cui poco prima, quelle piante, con il margine affilato come coltelli si fossero piegate per lasciarlo passare. Era bastato un suo sguardo, una spinta mentale, e loro avevano obbedito. I venusiani possedevano poteri telecinetici, ne era certo. — Come fai a muovere le cose? — gli domandò Martell.