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Martell si fermò di colpo: un’enorme ruota stava precipitando verso di lui.

Il suo primo pensiero fu che si fosse staccata da qualche veicolo. Soltanto dopo qualche istante capì che non si trattava di un pezzo meccanico, ma di una creatura della natura venusiana. Era emersa come un’onda dal colmo della strada e stava avanzando a una velocità non inferiore ai cento chilometri orari. Martell non riuscì a coglierne che un’immagine fugace, ma abbastanza esauriente: l’essere mostruoso era costituito da due ruote fatte di una sostanza cornea di color giallo-arancione, collegate da una struttura interna scatoliforme. Le ruote erano larghe almeno tre metri; la struttura di collegamento invece, era più piccola, cosicché i cerchioni sporgevano attorno a essa. I cerchioni erano affilati come rasoi. La creatura si muoveva spostando incessantemente il peso del corpo all’interno di quella specie di scatola e, a mano a mano che precipitava verso il missionario acquistava velocità.

Martell fece un balzo indietro. La ruota proseguì la sua corsa spaventosa, mancando di pochi centimetri le dita dei suoi piedi. Martell vide quanto fossero affilati i cerehioni e un odore acre gli ferì le narici. Se solo avesse avuto i riflessi più lenti, la ruota lo avrebbe tagliato in due.

Dopo averlo superato, la ruota percorse ancora un centinaio di metri, poi, come un giroscopio impazzito, girò su se stessa, descrivendo un cerchio di raggio incredibilmente esiguo, e riprese la sua folle corsa puntando diritta verso Martell.

Ma quell’affare mi sta caricando, pensò il missionario.

Conosceva molte tecniche vorsteriane di combattimento, ma nessuna adatta a fronteggiare una bestia come quella. La sua unica strategia di difesa consisteva nel continuare a saltare di lato ogni volta che la ruota si avvicinava, confidando nel fatto non fosse capace di improvvise compensazioni di rotta. La ruota si stava avvicinando di nuovo: Martell inspirò e fece un salto indietro. Questa volta la ruota scartò leggermente e, con il bordo del cerehione sinistro affettò lo strascico della sua veste: un nastro di stoffa blu ricadde svolazzando sull’asfalto. Ansimando, Martell seguì con lo sguardo la feroce creatura che, fatto rapidamente dietro-front, lo stava di nuovo caricando. Adesso sapeva che era in grado di correggere la rotta.

La ruota si lanciò contro di lui per la terza volta. Martell attese immobile fino all’ultimo istante, poi, quando le lame furono a un metro da lui, eseguì un salto in lungo… tagliando la strada alla creatura. Grazie alla minore forza di gravità, i suoi muscoli di terrestre gli consentirono di sollevarsi in aria di circa sei metri. Era quasi sicuro di venire tranciato in due a metà del salto, ma quando i suoi piedi toccarono terra, era ancora tutto intero. Girando rapidamente su se stesso, Martell si accorse di aver effettivamente sorpreso la creatura, che aveva curvato verso l’interno, verso il punto in cui contava di investirlo, e aveva falciato la sua valigia. La valigia era tagliata a fette, come se fosse stata attraversata da un raggio laser e tutte le sue cose erano sparpagliate sulla strada. Ma non aveva tempo di occuparsene adesso: la ruota, dopo essersi bruscamente arrestata, stava ritornando alla carica.

E adesso? Che cosa poteva fare? Arrampicarsi su un albero? Quello più vicino non presentava appigli fino a sei metri di altezza. Non sarebbe mai riuscito a mettersi in salvo in tempo utile. L’unica soluzione era quella di continuare saltare da una parte all’altra della carreggiata, cercando di ingannare la creatura. Ma sapeva che così non avrebbe resistito a lungo. A furia di saltare si sarebbe stancato: la ruota, invece, no e i suoi cerchioni affilati avrebbero trapassato il suo corpo e riversato le sue viscere sull’asfalto. Non era giusto che morisse così, inutilmente, senza nemmeno aver iniziato la sua missione.

La ruota si avvicinò di nuovo. Mentre saltava di lato, Martell la udì sibilare. Che si stesse arrabbiando? No, non era che una bestia senza cervello che, rispondendo al cieco istinto della fame, cacciava nel modo che una natura perversa aveva stabilito per lei. Martell era senza fiato. Ancora un assalto e…

Ma adesso Martell non era più solo. Da una delle case cinte di mura in cima alla collina era uscito di corsa un ragazzo che, raggiunta la ruota, la affiancò. Poi, a un tratto — il missionario non vide come fosse accaduto — la ruota piegò di lato e si ribaltò, atterrando su uno dei cerchioni. Il ragazzo si fermò accanto ad essa e la fissò con aria trionfante. Non aveva più di dieci anni e doveva essere per forza un venusiano di casta inferiore: nessun venusiano di alto lignaggio si sarebbe dato la pena di salvargli la vita. Subito dopo, però, Martell si rese conto che forse nemmeno il ragazzo aveva messo fuori combattimento la ruota per salvarlo, ma per il gusto di farlo.

— Ti ringrazio, amico — disse Martell. — Ancora qualche secondo e mi avrebbe fatto a fettine.

Il ragazzo non rispose. Il missionario si avvicinò per ispezionare la ruota. Il cerchione superiore si tendeva invano, nello sforzo di raddrizzare il corpo… un’impresa chiaramente impossibile. Abbassando lo sguardo, Martell notò, vicino al centro di una delle due ruote, una ciste color viola scuro che si contraeva e si dilatava.

— Attento! — urlò il ragazzo. Troppo tardi.

Dalla ciste schizzarono fuori due filamenti simili a fruste, uno dei quali si avvolse attorno alla coscia sinistra di Martell, l’altro attorno al busto del ragazzo. Il missionario avvertì un dolore straziante, simile a un’ustione, come se la faccia inferiore del filamento fosse rivestita di ventose cosparse di una sostanza acida. Al centro della struttura scatoliforme si spalancarono due possenti fauci, dove protuberanze dentiformi si agitavano pregustando il lauto pranzo.

Ma in casi come questi, Martell sapeva come difendersi. Non era in grado di contrastare la forza della ruota, perché si trattava di pura energia meccanica, ma, partendo dal presupposto che il cervello della creatura fosse percorso da una carica elettrica, poteva metterla fuori combattimento, perché lui, come tutti i vorsteriani, era capace di alterare i flussi di corrente cerebrali. Si trattava di una semplice tecnica esperiana, alla portata di chiunque si impegnasse a impararla. Con sprezzo del dolore, Martell afferrò il filamento con la mano destra ed eseguì la sua mossa. Un istante dopo, il filamento si afflosciò e sia Martell sia il ragazzo furono liberi. I filamenti non rientrarono nella ciste, ma giacquero scomposti sull’asfalto. I denti mulinanti del mostro si arrestarono; il cerehione corneo della ruota superiore si placò. La creatura era morta.

Martell guardò il ragazzo.

— Adesso siamo pari — disse. — Io ho salvato la vita a te e tu l’hai salvata a me.

— Per la verità tu sei ancora in debito verso di me — rispose il ragazzo con una strana solennità. — Se io non ti avessi salvato per primo, tu non saresti vissuto per potermi salvare a tua volta. E, comunque, non sarebbe stato necessario, perché io non sarei uscito per strada e pertanto…

Martell spalancò gli occhi. — Chi ti ha insegnato a ragionare in questo modo? — gli domandò divertito. — Parli come un professore di teologia.

— Sono un allievo di fratello Christopher.

— Che sarebbe…

— Lo scoprirà lei stesso. Vuole vederla. È stato lui a mandarmi qui.

— E dove posso trovarlo?

— Venga con me.

Martell seguì il ragazzo. Avevano lasciato la ruota morta in mezzo alla strada. Martell non poté fare a meno di domandarsi che cosa sarebbe successo se fosse arrivata un’auto piena di venusiani di alta casta, che avrebbero dovuto rimuoverne la carcassa con le loro aristocratiche mani.