Martell e il ragazzo varcarono un cancello di rame brunito che, all’avvicinarsi del venusiano si aprì. Il missionario scoprì che il palazzo verso il quale erano diretti non era che un modesto fabbricato in legno. Ma quando lesse il cartello affisso sopra la porta, il suo sbalordimento fu tale che mollò la valigia e, per la seconda volta nello spazio di pochi minuti, tutte le sue cose si sparpagliarono per terra.
Il cartello recitava:
Martell si sentì tremare le ginocchia. Gli armonisti, lì? Per un certo periodo gli eretici avevano conquistato numerosi adepti sulla Terra, al punto da giungere quasi a minacciare l’organizzazione madre. Ma negli ultimi vent’anni il loro processo di espansione aveva subito una brusca battuta d’arresto, lasciando campo libero alla Confraternita. Era inconcepibile che quegli eretici, che sulla Terra avevano fallito così miseramente, fossero riusciti ad aprire un tempio su Venere… impresa che per gli stessi vorsteriani si era rivelata proibitiva. Era impossibile. Era impensabile.
Sull’uscio apparve la figura tozza di un uomo sulla sessantina, con i capelli brizzolati e il corpo che mostrava i primi segni della pinguedine dovuta all’età. Come Martell, anche lui aveva subito un intervento chirurgico di adattamento. L’armonista teneva le mani appoggiate sul ventre rotondo e appariva calmo e sicuro di sé.
— Christopher Mondschein — disse l’eretico. — Ho saputo del suo arrivo fratello Martell. Si accomodi, la prego.
Martell esitò.
Mondschein sorrise. — Avanti, avanti, fratello. Che rischi pensa di correre nello spezzare il pane con un armonista! Non sarebbe che un cumolo di carne trita se non fosse stato per il coraggio di questo ragazzo, e sono stato io a mandarlo in suo soccorso. Adesso lei mi deve la cortesia di una visita. Entri, fratello. E stia tranquillo, non tenterò la sua anima. Glielo prometto.
tre
La sede venusiana del movimento armonista era modesta e senza pretese, ma stabile. Ospitava un tempio, decorato con statuette e inni eretici, una biblioteca e un quartierino residenziale. Martell scorse diversi ragazzi venusiani al lavoro sul retro dell’edificio; stavano scavando quelle che sembravano le fondamenta di una nuova ala. Il missionario seguì l’anziano fratello nella biblioteca. Una fila di libri di aspetto familiare attrasse la sua attenzione: l’opera omnia di Noel Vorst, nell’elegante rilegatura della costosa Edizione del Fondatore.
— Sorpreso? — domandò Mondschein. — Non dimentichi che anche noi riconosciamo il primato di Vorst, anche se lui ci disdegna. Si accomodi. Un bicchiere di vino? Fanno un ottimo vino bianco secco su questo pianeta.
— Che cosa fa lei qui? — domandò Martell.
— Io? Oh, è una storia terribilmente lunga e che non mi fa molto onore. Il succo è che da giovane ero molto stupido e mi sono lasciato manipolare fino a farmi spedire quassù. Tutto questo risale a quarant’anni fa; ma oggi come oggi non provo più risentimento per quanto è accaduto. Mi sono reso conto che è comunque la cosa più bella che potesse capitarmi nella vita e immagino che il fatto che io sia riuscito a capirlo sia un segno di maturità.
La loquacità di Mondschein irritò Martell, che amava l’essenzialità. — Non mi riferivo alla sua storia personale, fratello Mondschein — lo interruppe il vorsteriano. — Intendevo dire: da quanto tempo il suo ordine è presente su Venere?
— Da quasi cinquant’anni.
— Ininterrottamente?
— Sì. Abbiamo otto templi e circa quattromila fedeli, tutti di bassa casta. I venusiani nobili non ci degnano neanche di uno sguardo.
— Però non si prendono nemmeno la briga di cacciarvi via — osservò Martell.
— Vero — riconobbe Mondschein. — Forse non siamo neanche all’altezza del loro disprezzo.
— In compenso, hanno ucciso tutti i missionari vorsteriani che hanno messo piede sul loro pianeta — riprese Martell. — Noi, ci divorano, voi, vi tollerano. Come mai?
— Forse a noi riconoscono una forza che non trovano nell’organizzazione madre — suggerì l’armonista. — E i venusiani ammirano la forza. Del resto, immagino che questo lei lo sappia, visto che ha deciso di venire in città a piedi. In questo modo lei ha dimostrato di non essere un pavido e di non lasciarsi intimorire dalle difficoltà. Però la sua prova di coraggio sarebbe stata inutile, se quella ruota l’avesse uccisa.
— Cosa che stava per fare.
— Cosa che avrebbe senz’altro fatto — lo corresse Mondschein — se io non mi fossi accorto in tempo di quello che le stava accadendo. Senza il mio intervento, la sua missione su Venere sarebbe terminata alquanto prematuramente. Le piace il vino?
Martell lo aveva appena assaggiato. — Non è male. Mi dica Mondschein, i venusiani si sono davvero lasciati convertire?
— Più del previsto.
— Difficile da credere. Che cosa sapete voi che noi non sappiamo?
— Non si tratta di ciò che sappiamo — rispose Mondschein. — Ma di quello che abbiamo da offrire. Venga con me nel tempio.
— Preferirei di no.
— La prego. La nostra fede non è mica contagiosa.
Controvoglia, Martell lasciò che fratello Christopher lo conducesse nel sanctum sanctorum. Guardò con disprezzo le icone, le immagini e tutte le altre stupidaggini a cui si attaccavano gli eretici. Sull’altare, dove, in qualunque chiesa vorsteriana sarebbe stato appoggiato il minuscolo reattore che emetteva la radiazione azzurra di Cerenkov, era montato un luccicante modello dell’atomo, circondato da altri simulacri elettronici, che si muovevano incessantemente, sprigionando una luce accecante. Martell non si considerava un bigotto, ma era fedele al suo credo e la vista di tutti quegli aggeggi infantili lo disgustò.
Mondschein disse: — Noel Vorst è senz’altro l’uomo più intelligente della nostra era, e il suo talento non va sottovalutato. Lui è stato il primo a rendersi conto che la cultura della Terra si stava sgretolando e che per essa stava iniziando un periodo di decadenza. Si è accorto che gli uomini fuggivano dalla realtà e cercavano rifugio nella droga, Camere del Nulla e in centinaia di altri paradisi artificiali ugualmente deplorevoli. E ha intuito, anche, che le vecchie religioni stavano perdendo credito e che i tempi erano maturi per la creazione di una nuova fede, eclettica e sintetica, che liquidasse il misticismo delle religioni antiche per rimpiazzarlo con una nuova forma di misticismo: un misticismo scientifico, che si incarnava nel Fuoco Azzurro. Un simbolo meraviglioso, capace di catturare l’immaginazione e abbagliare l’occhio, valido quanto la Croce e la Mezza Luna; anzi più efficace, perché era moderno, era scientifico, e, senza perdere il suo fascino, era comprensibile a tutti. Noel Vorst ha avuto la geniale idea di istituire questo culto e la capacità organizzativa di tradurre il suo progetto in pratica. Ma la sua filosofia era e resta incompiuta.
— Quindi voi vi considerate superiori! Non le dice niente il fatto che noi controlliamo la Terra come mai nessun movimento religioso del passato è…
Mondschein sorrise. — Ciò che avete conseguito sulla Terra è straordinario, lo riconosco. La Terra era pronta per accogliere la parola di Vorst. Ma come mai non siete riusciti a ottenere risultati analoghi sugli altri pianeti? Perché la filosofia di Vorst è troppo ardita. Non offre niente che possa persuadere i coloni a convertirsi.
— Vorst promette l’immortalità del corpo — ribatté animatamente Martell. — Non le sembra sufficiente?
— No. Perché non propone miti. Soltanto un freddo baratto: venite in chiesa, pagate le decime e vivrete per sempre, forse. Nonostante tutti i suoi riti e le sue preghiere, quella di Vorst è una religione secolare. Manca di poesia. Non c’è un Gesù Bambino nella mangiatoia, non c’è un Abramo che sacrifica Isacco, non c’è scintilla di umanità, non…