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Comodamente adagiato nella sua poltrona di tela-schiuma, Vorst disse: — Penso che sia giunto il momento di unire i nostri due movimenti. Sono uno il complemento dell’altro. Restare divisi non serve a nessuno.

— Nemmeno la fusione potrebbe rivelarsi necessariamente utile — replicò Lazzaro. — Noi siamo più piccoli. In caso di assorbimento da parte del vostro movimento, verremmo fagocitati.

— Non succederà. Io ti assicuro che gli armonisti conserveranno la loro autonomia. Non solo: ti prometto anche che avrete ampio potere di intervento sulla politica del movimento.

— E quali garanzie sei in grado di offrirmi?

— Rimandiamo questa questione a un altro momento — disse Vorst. — Ho una nave interstellare pronta a partire. Nel giro di qualche mese sarà dotata di tutte le attrezzature necessarie ad affrontare un viaggio verso nuove galassie. Ripeto, tutte le attrezzature necessarie. I miei uomini saranno in grado di affrontare qualunque cosa incontreranno sulla loro strada. Ma, per partire, hanno bisogno di una spinta propulsiva che li scagli fuori dal nostro sistema solare. E tu hai i mezzi per farlo. Lo sappiamo, Davide, abbiamo seguito i vostri esperimenti.

Lazzaro annuì, facendo tremare le grandi branchie. — Non sono qui per negare i grandi progressi che abbiamo fatto in questi anni. Siamo in grado di spedire una massa di venti tonnellate su Plutone, e di tenerla in movimento all’infinito.

— Quanto tempo ci impiegate per raggiungere Plutone?

— Poco. Non ho intenzione di scendere in particolari. Diciamo che da otto-dieci mesi a questa parte, gli astri per noi sono diventati molto vicini. Potremmo farvi atterrare una nave, be’, diciamo, nel giro di un anno. Però, non siamo in grado di mantenere i contatti con l’equipaggio. Possiamo far attraversare a una nave più di dodici anni luce, ma non siamo in grado di trasmettere i suoni. E voi?

— No, nemmeno noi — rispose Vorst. — Perderemmo qualsiasi contatto con l’equipaggio non appena escono dalla portata del radiofaro di allineamento. Per darci notizia dell’avvenuto atterraggio dovrebbero inviarci un’altra nave. Non avremmo loro notizie per decenni. Ma dobbiamo tentare. Mettici a disposizione i tuoi uomini, Davide.

— Ti rendi conto che questo per noi significherebbe sacrificare decine e decine dei nostri giovani più promettenti?

— Sì, lo so. Ma ti chiedo di farlo ugualmente. Noi abbiamo messo a punto ottime tecniche di recupero degli esperiani. Se, per lo sforzo di spedire la nave, si dovessero esaurire, noi faremmo il possibile per rimetterli in sesto. È per questo che esiste il centro di Santa Fe.

— E così, prima li sfruttate per bene e poi vi premurate di incollare i cocci? — domandò Lazzaro. — Siete spietati. È così importante per voi conquistare le stelle? Preferisco che i miei ragazzi continuino a sviluppare i loro poteri su Venere e che restino integri.

— Noi abbiamo bisogno di loro, Davide.

— Anche noi.

Vorst approfittò dell’intervallo che seguì per assumere alcuni stimolanti. Quando fu di nuovo il suo turno di parlare, era pieno di vigore come un giovanotto. — Tu sei mio, Davide — disse. — Io ti ho creato e adesso pretendo che tu sia a mia disposizione. Io ti ho messo a dormire nel 2090, quando non eri nessuno, e nel 2152 ti ho riportato in vita e ti ho messo a capo di un mondo intero. Tu mi devi tutto. Ora io sono qui per riscuotere il mio compenso. Ho atteso per cento anni questo momento. E adesso, finalmente, tu hai fra la tua gente gli esperiani che possono permettere ai miei uomini di raggiungere le stelle. Qualunque sia il prezzo che dovrete pagare, io li voglio.

Lo sforzo di formulare quel discorso lo lasciò stremato. Ma avrebbe avuto il tempo di riprendersi. Il tempo di pensare, in attesa della risposta. Aveva fatto il suo gioco. La prossima mossa toccava a Lazzaro. A lui non restavano molte altre carte da giocare.

Il profeta dell’Armonia Trascendente lo fissava immobile dallo schermo; le sue parole non erano ancora arrivate su Venere. Sarebbero trascorsi ancora molti minuti prima che gli giungesse la replica di Lazzaro.

— Non pensavo che saresti stato così franco, Vorst — disse questi. — Ma vorresti spiegarmi perché mai ti dovrei essere grato per avermi resuscitato, dopo avermi tolto di mezzo per tutti quegli anni? Oh, sì lo so. Perché il mio movimento era poca cosa quando mi hai fatto sparire e una potenza quando mi hai restituito alla mia gente. Lo consideri un tuo merito anche questo? — Seguirono alcuni attimi di silenzio. — Comunque, non ha importanza. Non ho nessuna intenzione di mettere al tuo servizio i miei esperiani. Provvedi da solo, se vuoi conquistare le stelle.

— Stai dicendo un cumulo di sciocchezze, Davide. Anche tu insegui il mio stesso sogno, ma non possiedi i mezzi tecnici per organizzare una spedizione. Io, sì. Uniamo le nostre forze. So che è questo che vuoi, anche se fingi di sostenere il contrario. Lascia che ti dica che cosa ti trattiene dal concludere un accordo con me, Davide. Hai paura di come reagirebbero i gerarchi del tuo ordine se scoprissero che hai deciso di collaborare. Ti accuserebbero di averli svenduti ai vorsteriani. Ti senti le mani legate perché non possiedi una vera indipendenza. Afferma la tua autorità, Davide. Usa il tuo potere. Ho messo Venere nelle tue mani. Adesso devi restituirmi il favore.

— Ma come posso andare da Mondschein, da Martell e da tutti gli altri e dire loro che ho accettato di sottomettermi al tuo volere? — domandò Lazzaro. — Sono già abbastanza nervosi per il fatto di essersi ritrovati improvvisamente fra i piedi un martire resuscitato. Ci sono giorni in cui temo che mi martirizzino da un momento all’altro, e questa volta per sempre. Se vuoi che concludiamo questo patto, devi concedermi qualcosa in cambio, qualcosa che io possa portare a casa come se fosse un trofeo.

Vorst sorrise. Aveva la vittoria in pugno.

— Ascoltami, Davide. Io ti autorizzo a dire alla tua gente che ti conferirò il potere supremo su entrambi i nostri mondi. Spiega loro che non solo la Confraternita è lieta di accogliere gli armonisti nel suo seno, ma che tu diventerai l’unico capo politico e religioso del movimento unificato.

— L’unico capo?

— Sì.

— E tu che cosa farai?

Vorst glielo spiegò. E quando ebbe finito di parlare, si abbandonò contro lo schienale della poltrona, infinitamente sollevato. Sapeva di aver appena chiuso una partita iniziata un secolo prima e di aver vinto.

cinque

Reynolds Kirby era insieme al suo terapeuta quando Vorst lo mandò a chiamare. Il Coordinatore dell’Emisfero era immerso in una soluzione di sostanze nutrienti, una sorta di Camera del Nulla modificata, concepita per rigenerare il corpo e la mente, non per cullare il paziente nell’oblio. Se Kirby avesse voluto cercare rifugio nel nulla temporale, avrebbe potuto isolarsi dall’universo ed entrare in uno stato di completa sospensione. Ma aveva superato da anni il bisogno di simili diversivi. Adesso si accontentava di crogiolarsi in un bagno nutritivo, che ristorasse il suo organismo dopo le fatiche della giornata, mentre un terapeuta esperiano scioglieva i nodi della sua anima.

Di regola, Kirby non tollerava di venire interrotto durante le sedute. Alla sua età aveva bisogno della massima tranquillità. Era venuto al mondo troppo presto per condividere il dono della quasi-immortalità delle giovani generazioni. Il suo organismo non era in grado di ritemprarsi e galvanizzarsi come quello di un uomo del ventiduesimo secolo, perché era nato un secolo prima che gli scienziati di Santa Fe scoprissero il segreto della vita eterna. Ma c’era un’eccezione a quella regola: la chiamata di Vorst aveva la precedenza su qualsiasi cosa, compresa una seduta di terapia.

Il suo terapeuta lo sapeva. Con grande abilità concluse in anticipo la seduta e rafforzò il suo paziente, affinché fosse in grado di affrontare le tensioni del mondo. In meno di mezz’ora il Coordinatore si stava già dirigendo verso il palazzo con il tetto a cupola in cui Vorst aveva stabilito il proprio quartier generale.