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Weiner, il marziano, era scomparso.

quattro

Il robot che dirigeva il palazzo degli sniffatori non gli fu di nessun aiuto.

— Dov’è andato? — domandò Kirby.

— È andato via — fu la sua risposta rauca. — Sono diciotto dollari e sedici centesimi. Lo addebiteremo sul suo conto alla Centrale.

— Ha detto dove era diretto?

— Non abbiamo parlato. È andato via. Aoourk! Non abbiamo parlato. Lo addebiteremo sul suo conto alla Centrale. Aoourk!

Imprecando fra i denti, Kirby si precipitò in strada. Alzò involontariamente lo sguardo verso il cielo. Contro la volta scura, qui e là chiazzata di rosso, spiccavano le lettere giallo limone dell’indicatore temporale, che diffondeva la sua luce in tutto il firmamento:

2205 ORA MEDIA ORIENTALE
MERCOLEDÌ 8 MAGGIO 2077
COMPRATE I FRREBLES — SONO CROCCANTI!

Mancavano due ore a mezzanotte. Quel pazzo furioso aveva tutto il tempo che voleva per cacciarsi nei guai. E l’ultima cosa che lui desiderava era di avere un marziano ubriaco e, forse, in preda a un’allucinazione, che girava come un ossesso per le strade di New York. Il suo compito, infatti, non era soltanto quello di far da guida a Weiner, ma anche di tenerlo d’occhio. Non era la prima volta che i marziani venivano sulla Terra ed era risaputo che, per loro, il tipo di vita libero che vi si conduceva era come un vino ad alta gradazione alcoolica.

Ma dove poteva essere andato Weiner?

Per prima cosa, meglio dare un’occhiata al tempio dei vorsteriani. Non era improbabile che fosse ritornato lì a dare spettacolo. Stillando sudore da tutti i pori, Kirby attraversò di corsa la strada, schivando le lacrime che sfrecciavano turbinando, e si precipitò all’interno della squallida sala adibita al culto. La funzione era anrora in corso. Ma di Weiner, apparentemente, nessuna traccia. I fedeli erano compitamente inginocchiati nei rispettivi banchi. Nessuno che urlasse, che desse in escandescenze o ridesse sguaiatamente. Kirby percorse silenziosamente tutto il locale, controllando ogni banco. Weiner non c’era. Vide invece la ragazza con il viso ricostruito, che gli sorrise e gli porse la mano. Per un attimo Kirby fu catapultato nello stato allucinatorio di poco prima e si sentì gelare il sangue nelle vene. Poi si riprese. Rivolse alla ragazza un debole sorriso per non essere scortese e uscì dalla sala quanto più velocemente poté.

Salì su una banchina scorrevole e si lasciò trasportare per tre isolati in una direzione a caso. Nessuna traccia di Weiner. Quando scese, Kirby si ritrovò di fronte a un luogo pubblico di Camere del Nulla, dove per venti dollari all’ora ci si poteva far cullare nel più piacevole degli oblii. Forse Weiner era entrato lì dentro, voglioso di provare qualsiasi svago obnubila-cervello che potesse offrire la città. Kirby entrò.

Quel locale non era gestito dai robot. Gli andò incontro un imprenditore in carne ed ossa, un omone di duecento chili, con quadruplo mento. Due occhietti affondati nel grasso lo scrutarono con espressione indecisa.

— Vuoi riposare un’oretta, amico?

— Sto cercando un marziano — sbottò. — Alto all’incirca così, con spalle larghe e zigomi pronunciati.

— Non l’ho visto.

— Aspetti, forse è in una delle vasche. È molto importante. Si tratta di una questione che riguarda le Nazioni Unite.

— Riguardasse anche il Padre Eterno, non mi importerebbe un corno. Ho detto che non l’ho visto. — L’omone degnò solo d’un rapido sguardo la tessera di riconoscimento che Kirby gli stava mostrando. — Che cosa vuoi che faccia… che apra tutte le cellette per te? Qui non è venuto nessun marziano.

— In caso dovesse presentarsi, non gli affitti la vasca — lo supplicò Kirby. — Prenda tempo e chiami immediatamente il dipartimento di Sicurezza dell’O.N.U.

— Ascolta, amico, se lui viene qui e vuole una vasca io devo dargliela. Questo è posto pubblico. Vuoi che finisca nei guai? Ascolta, sei tutto agitato. Perché non ti sdrai in una vasca per un po’? È una cosa portentosa. Dopo ti sentirai…

Kirby girò sui tacchi e uscì di corsa. Provava un senso di nausea alla bocca dello stomaco, forse provocato dalla sostanza allucinogena che aveva inalato poco prima. Ma aveva anche una certa paura e una buona dose di rabbia. Immaginava Weiner riverso in qualche vicolo buio, il corpo tarchiato vivisezionato da mani esperte che ne avevano prelevato gli organi da inviare a qualche banca clandestina. La fine che si meritava, forse, ma che avrebbe certo messo in discussione la sua affidabilità come agente dell’O.N.U. In realtà era più probabile che, andando in giro per la città come un toro cinese — era così che si diceva? si domandò Kirby — quel dannato marziano avrebbe provocato qualche guaio che poi sarebbe stato maledettamente difficile risolvere.

Kirby non aveva idea di dove cercarlo. In quel momento, all’angolo della strada, apparve una cabina di comunicazione. Kirby vi saltò dentro e opacizzò i vetri. Infilò la targhetta di riconoscimento nella fessura e digitò il codice del Dipartimento di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il piccolo schermo appannato si schiarì e vi apparve il viso grassottello e barbuto di Lloyd Ridblom.

— Squadra notturna — disse Ridblom. — Ciao Ron. Dov’è il tuo marziano?

— L’ho perso. Mi ha seminato in un palazzo di sniffatori.

Ridblom si animò all’istante. — Vuoi che gli schiaffi addosso un televettore?

— No, per ora no — rispose Kirby. — Preferirei che non sapesse che siamo in agitazione per la sua scomparsa. Metti, invece, un vettore su di me e tieniti in contatto. E prepara una rete normale per lui. Se ci casca dentro, fammelo sapere immediatamente. Se non ci sono novità ti richiamo fra un’ora per darti nuove istruzioni.

— Forse è stato rapito dai vorsteriani — azzardò Ridblom. — Magari in questo momento gli stanno prelevando il sangue per usarlo come vino nelle loro funzioni.

— Va all’inferno — ringhiò Kirby. Uscì dalla cabina e si infilò brevemente i pollici negli occhi. Dopodiché si avviò lentamente verso la banchina scorrevole e si fece trasportare di nuovo verso il palazzo in cui aveva sede la chiesa dei vorsteriani. Dalla sala stavano uscendo alcune persone. Fra queste c’era anche la ragazza con le capsule iridescenti al posto delle orecchie: non paga di perseguitarlo nelle allucinazioni, continuava a stargli fra i piedi anche nella vita reale.

— Salve — lo salutò con fare cordiale. Per lo meno, aveva una voce gradevole. — Mi chiamo Vanna Marshak. Dov’è andato il suo amico?

— È quello che mi sto domandando anch’io. È scomparso poco fa.

— Era sotto la sua tutela?

— No, ma comunque avevo il compito di tenerlo d’occhio. Sa, è un marziano.

— Non lo sapevo. Però è chiaro che non ama la nostra Confraternita. Che tristezza prima, quando si è messo a inveire durante la funzione! Deve essere molto malato.

— Molto ubriaco — replicò Kirby. — Capita a tutti i marziani quando vengono sulla Terra. Qui non ci sono restrizioni, come sul loro pianeta, così pensano di poter fare tutto quello che vogliono. Posso offrirle da bere? — aggiunse poi meccanicamente.

— Io non bevo, grazie. Ma se lei desidera bere, le terrò compagnia.

— Io non voglio bere. Ne ho bisogno.

— Non mi ha detto il suo nome.

— Ron Kirby. Sono un funzionario dell’O.N.U. Un piccolo burocrate. Anzi, mi correggo: un importante burocrate che viene pagato come un impiegato. Possiamo entrare qui.

Toccò con il gomito il montante della porta di un bar all’angolo. Lo sfintere si aprì, accompagnato da un nitrito, e Kirby e la ragazza entrarono. Vanna gli rivolse un sorriso affettuoso. Doveva essere sulla trentina, pensò Kirby. Non era facile stabilire l’età di una persona con tutte quelle protesi al posto della faccia.