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«In che modo?»

«Sparlava sempre di lui. Che era grande e grosso, ma un po’ scemo. Che, senza l’appoggio del fratello, sarebbe stato uno zero. Ricordo che lo definiva un seccatore e che lei non poteva vederselo tra i piedi.»

«Sa una cosa?» ribatté Birch. «Moltissima altra gente con cui ho parlato la pensa in modo diametralmente opposto.»

«Oh, la gente parla bene per decenza», affermò la voce, «specie quando si tratta dei McKay. Non vengono certo a raccontarle…»

«Continui.»

«Non vengono a raccontarle che Vera spesso diceva di desiderare la morte di Harry.»

«Questa non la bevo.»

«L’ho sentita con le mie orecchie.»

«Forse in un momento di rabbia.»

«Oh, no. Anzi, rideva e diceva: ‘Se solo morisse, troverei un altro gonzo entro dieci minuti’. Così diceva.»

«Non ci credo.»

«Ci crederà quando sarà ripetuto sotto giuramento, Mr. Birch, e non solo dalla sottoscritta.»

Di nuovo l’impegno a testimoniare e la convinzione che anche altri l’avrebbero fatto. Chiaramente era una campagna orchestrata. Ma perché, si chiese Birch, quelle donne erano decise a distruggere Vera? Di sicuro i loro motivi non obbedivano allo spirito di giustizia.

«Mai visto una donna suscitare tanto odio», disse Birch, «ma, francamente, quelli con cui ho parlato a faccia a faccia amano Vera.»

«Per forza», replicò la voce. «Lei era molto abile nell’accattivarsi la gente. Ma, ogni tanto, con qualcuna di noi, si apriva. Qualche bicchierino le scioglieva la lingua.»

«Beve?»

«Beveva.»

«Lo sa, c’è in tutto questo l’allusione che sia stata Vera McKay a uccidere il marito», commentò Birch, perentorio.

«Oh, lei dice?»

La telefonata cessò di colpo.

Birch rimase seduto per un po’, cercando di individuare in quella telefonata gli elementi che l’avevano fatto sentire tanto diffidente. Poi si ricordò all’improvviso del caso Bronson. Bronson, un reduce della seconda guerra mondiale, aveva costituito un gruppo di killer per un’attività criminale organizzata. Quando uno dei suoi uomini veniva arrestato, quello dava solo il suo nome, il grado e il numero di matricola. Quelle donne sembravano seguirne l’esempio: sembravano macchine sottoposte a un controllo esterno. Era possibile che facessero parte di qualche setta fanatica o associazione criminosa. Ma, si disse Birch, lui non poteva ignorare la possibilità che quelle donne affermassero il vero.

15

Il viso bagnato di lacrime, le labbra tremanti, Vera sedeva nel suo soggiorno di fronte al detective Simeon. Ned stava al suo fianco, cercando vanamente di tranquillizzarla. Marie Neuberger, sbalordita per le notizie sulle telefonate, se ne stava seduta, fissando con aria cupa il pavimento, chiedendosi se la sua paziente le aveva detto tutta la verità.

«Non è… non è vero!» esclamò Vera, singhiozzando irrefrenabilmente. «Perché queste donne dicono cose del genere? Chi sono? Io non so chi sono.»

«Feccia della peggior specie», asserì Ned, nel suo miglior stile retorico. «Della specie che rovina case e famiglie.»

«Ma perché?» singhiozzò Vera.

«Malati di mente», rispose Ned. «Persone che godono nel fare cose di questo tipo. Lei ha detto che è una faccenda organizzata. Potrebbe magari essere una porcheria escogitata in un ambiente studentesco.»

«Vede, signora», disse Simeon, diffidando, da buon professionista, sia delle telefonate sia di Vera, «queste donne hanno detto che sarebbero pronte a deporre contro di lei. Il che non può non riguardarci.»

«Ma mi faccia il piacere!» sbottò Ned. «Certi scherzi non riguardano voi. Sono una maledizione solo per noi.»

«Può darsi, ma io devo andarci a fondo. Mrs. McKay, ci sarà un’indagine sul suo conto. Vede, in tutta franchezza, posso dirle che una di queste donne si è offerta di vedermi segretamente. Ha detto che in questa occasione rivelerà la propria identità e che porterà un’amica. La faccenda si fa seria quando la gente esce allo scoperto.»

«Il che non accadrà», affermò Ned.

«È già accaduto», confidò Simeon.

Vera lo fissò, sbalordita. Ned restò a bocca aperta. La Neuberger scosse la testa.

«Sta scherzando, naturalmente», disse Ned.

«Ho avuto un colloquio con la donna mezz’ora fa», ribatté Simeon.

Vera lo guardò dritto negli occhi, il viso sconvolto dalla collera. «Chi è?»

«Non posso dirlo», rispose Simeon deciso. «Dobbiamo tutelarla. Ma le posso dire, Mrs. McKay, che è persona stimatissima qui da noi.»

«Impossibile!»

«Lo è, signora. E so anche che lei e questa donna siete, a quanto mi risulta, amiche.»

«Bell’amica», mormorò Vera, lottando per dominare la rabbia.

«Ci ha raccontato di essere stata con lei in alcuni ristoranti, precisandone le date in modo che io potessi controllare e, signora, le garantisco che quelle colazioni ci sono proprio state.»

«Vado al ristorante un sacco di volte», ribatté Vera. «Perlomeno, ci andavo prima che Harry… sparisse. Non è un delitto pranzare fuori casa.»

«No, certo», ammise Simeon. «Ma quello di cui la signora dice che avete parlato è…»

«Per favore!» scattò Ned. «Deve proprio torturare questa povera donna?»

«Sto solo citando dei fatti», replicò il detective.

«Okay», disse amaramente Ned, «ma cerchi di capire quello che sta provando Vera. Se lei è mai stato bersagliato di una campagna di calunnie…»

«È questo il punto», disse Simeon. «Perché mai queste donne dovrebbero fomentare una campagna simile contro Vera McKay?»

«L’ho già detto. Menti malate, malvagità.»

«Signore, sono troppe le persone coinvolte. Non può spiegarlo in questo modo.» Simeon si rivolse a Marie Neuberger, estremamente imbronciata, che indossava un paio di logori blue jeans, ballerine e un maglione di lana troppo grande per lei. «Lei, signora, è molto taciturna. Ha qualche idea al riguardo?»

La Neuberger alzò gli occhi al soffitto. «Si aspetta forse che io analizzi un’intera città?» chiese. «Lei parla come un pivello. No, non ho nessuna teoria. È tutto uno schifo. Mi si rivolta lo stomaco.»

«Anche a me», riconobbe Simeon. Arrischiò un sorriso all’indirizzo di Vera. «Mrs. McKay, la faccenda presenta un bel po’ di problemi, per lei e per me.»

«Ma io non ho fatto niente!» protestò Vera.

«Personalmente, le credo», rispose Simeon. «Però è inevitabile che ci saranno dei sospetti.»

«Che cosa intende dire, quali sospetti?» domandò Vera.

«Vuole dire», intervenne sarcasticamente Ned, «che qualche genio penserà che tu sei coinvolta nell’omi…»

«Oh, no!» mormorò Vera, interrompendolo. «Oh, mio Dio, no!» E si nascose la testa tra le mani.

«Odio dover fare così», brontolò Simeon. «Mi dispiace dover riferire notizie così brutte. Adesso bisogna che vada.»

Ned lo guardò con squisita comprensione. «Non è colpa sua», disse calmo. «Lei sta facendo il suo dovere.»

Il detective lo ringraziò con un cenno del capo, si alzò lentamente e scivolò fuori della casa, senza che Vera in realtà se ne accorgesse.

Nel soggiorno dei McKay cadde un lungo silenzio. Annie apparve per un attimo sulle scale, dopo un sonnellino, vide l’aria che tirava e ritornò nella solitudine della sua stanza. Alla fine Marie Neuberger si alzò, osservò alcune foto di famiglia appese a una parete e batté le mani.

«Non mi va affatto a genio», dichiarò con solennità tutta europea. «Questa faccenda crea una complicazione dopo l’altra.»

Ned parve preso in contropiede. «Dottoressa, lei non crede a una virgola di tutto questo, vero?»

«Sono una scienziata», rispose la Neuberger. «Io mi baso solo sui fatti, non su isterie collettive come chi mi critica. Come si fa a credere a qualcuno, qui? E che importanza ha? Chiacchiere e stampa esploderanno e semineranno dolore e dispiaceri. Dobbiamo tagliare la testa al toro.»