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Nella stanza piombò un lungo, pesante silenzio che Simeon aveva sperimentato molte altre volte. Un momento tipico e ricorrente quando non c’è più altro da dire, quando ha parlato l’evidenza, quando le carte sono tutte in tavola. Nessuno era soddisfatto. Nessuna persona con un po’ di umanità, pensò Simeon, poteva rallegrarsi di quanto era successo alla famiglia McKay di Tarrytown.

Il passo successivo fu uno dei più penosi della sua carriera di detective. Lentamente, con riluttanza, si tolse di tasca un paio di manette.

«No!» si ribellò Ned. «Questo non è necessario. Sono sicuro che Mrs. McKay capisce l’importanza di collaborare. Verrò e resterò con lei, finché sarà necessario.»

«Benissimo», rispose Simeon, mettendo via le manette.

L’ufficio «registrazione» al comando di polizia era tipico. Un annoiato e panciuto sergente sedeva a una grande scrivania, posta su una piattaforma alta trenta centimetri. Il locale era scarsamente illuminato, con deprimenti pareti grigiastre. Puzzava di sigari scadenti.

Vera sedeva su una lunga panca di legno, aspettando il suo turno, con Simeon da un lato, Ned dall’altro e la Neuberger vicina al detective. Vera era muta, come in trance, incapace di registrare il fatto che stava per essere formalmente accusata dell’assassinio del marito. Sembrava tutto un incubo, qualcosa che sarebbe svanito all’alba, qualcosa di bizzarro, di cui si sarebbe occupato Ned.

«McKay, Vera», citò il sergente, come se stesse spuntando delle voci dall’elenco della spesa.

Fu Ned a far alzare a metà la cognata dal sedile. Simeon li guidò fino alla scrivania in mezzo al chiacchiericcio degli altri arrestati.

Vera sentì a malapena quello che seguì. Vi fu un rapido scambio di parole tra Ned e il sergente, che buttò giù qualche dato. Qualche minuto più tardi, Vera si trovò in un’altra stanza attigua alla prima, in piedi di fronte a un anziano e indifferente magistrato con tanto di toga, seduto su uno scanno ad ascoltare le imputazioni, al ritmo di una al minuto.

Di nuovo le parole fluirono come un ronzio confuso e Vera non si rese nemmeno conto che veniva messa in libertà provvisoria, sotto la responsabilità di Ned, dietro una cauzione di venticinquemila dollari, che lui stesso versò.

Poi fu riaccompagnata a casa, ma quell’esperienza aveva cambiato per sempre la sua vita.

Sebbene molti della stampa l’avessero previsto, persino sperato, la notizia dell’imputazione di Vera per l’assassinio di Harry McKay esplose come una bomba. I cronisti andarono a nozze con le vicende del caso McKay e munsero tutto il possibile dalla situazione in cui Vera si veniva a trovare. Due giornalisti, addirittura, firmarono un contratto con un editore di New York per scrivere in velocità una versione romanzata del caso per un tascabile economico a grande tiratura, sperando, sia loro sia la casa editrice, che Vera fosse processata e risultasse colpevole.

Il fulcro dell’attenzione era adesso S. Richardson Tremont. Simeon, attraverso il procedimento d’imputazione, era diventato qualcosa di più di un testimone per l’accusa, colui che sarebbe stato chiamato per esporre le prove raccolte dalla polizia. Stava a Tremont sottoporre il caso al gran giurì. Se quest’ultimo indiziava Vera, e di solito i gran giurì fanno quello che il procuratore distrettuale chiede, allora lei avrebbe subito il processo. Già Tremont si vedeva al centro di uno dei grandi processi della storia di Westchester. E, secondo la sua particolare mentalità, era convinto di svolgere un compito indispensabile alla società civile. Vera McKay, gli diceva la sua indole diffidente, era la personificazione del male. Doveva essere estraniata per il bene della società e perché sua figlia ne fosse protetta.

Tremont uscì dalla sua modesta casa il giorno successivo all’imputazione di Vera, diretto verso il suo ufficio e a un’altra conferenza stampa. Aprì la portiera della Chevrolet Monte Carlo nera, messagli a disposizione dalla contea e parcheggiata sul vialetto, ma sentì dei passi che gli si avvicinavano, violando l’erba del suo prato. Si girò a guardare. Riconobbe l’uomo, di cui però non conosceva il nome.

«Mr. Tremont?»

«Sì?»

«Larry Birch. New York Daily News

«Oh, certo», rispose il procuratore con un pronto sorriso. «Ho letto i suoi articoli.» Non era vero.

«Grazie», disse Birch. «Vede, signor Procuratore Distrettuale, mi sto ponendo degli interrogativi sul caso McKay.»

«Eh?»

«Lei non pensa?…»

Tremont sollevò di colpo una mano come per zittirlo. «Tra alcuni minuti terremo una conferenza stampa. Senza dubbio il suo giornale è stato avvisato.»

Birch si grattò la testa. «Perbacco!» esclamò. «Non credo proprio. O magari hanno perso l’appunto. Io di certo non l’ho avuto.»

«Sarà nel mio ufficio. Sarò lieto di vederla lì.»

«Oh, signore», disse Birch con comica timidezza, «ho un appuntamento con il dentista che…»

Tremont non aveva nessuna voglia di inimicarsi la stampa. «Che cosa vuole sapere?»

Birch tirò fuori il suo taccuino e la penna, soddisfatto di essersi assicurato, ancora una volta, un’intervista in esclusiva. «Signore, molta gente nutre dei dubbi sulle prove di questo caso.»

«Veramente?»

«Sì, signore, anche se può sembrare sorprendente. Mrs. McKay ha sempre goduto di un’ottima reputazione. Sì, ci sono state voci dopo la scomparsa di Mr. McKay e la bambina è stata presa in giro dai compagni di scuola, ma erano malignità. Non è mai venuto a galla niente di concreto. Poi si scopre il cadavere del marito e subito succede un sacco di cose.»

«All’osservatore attento non sfugge il momento opportuno.»

«Ben detto, signore», ribatté Birch. «Ma l’osservatore attento è molto sorpreso per com’è arrivato velocemente questo momento opportuno. Le donne che si sono fatte vive. Dico, qualcuna di loro poteva pure andare dalla polizia dopo la scomparsa di Harry McKay.»

«Ma non l’hanno fatto.»

«E questo non le dà da pensare?»

Tremont assunse di botto un’aria seccata. «Ne abbiamo già parlato nell’ultima conferenza stampa. Le signore probabilmente pensavano che Harry alla fine si fosse deciso ad abbandonare una situazione penosa.»

«E poi», lo interruppe Birch, «quando occorreva la prova tangibile la polizia trova l’arma del delitto.»

Tremont sorrise con condiscendenza. Sollevò di nuovo la mano destra e agitò l’indice, come un maestro che catechizzi un allievo. «Lei dimentica», sentenziò, «che è stato solo pochi giorni fa che abbiamo saputo che c’era un delitto. Prima non potevamo cercare un’arma del delitto.»

«Perché no?»

«Perché ‘no’?»

«Lo chiedo a lei, signore.»

«Perché non ce n’era il motivo.»

«Nessuno aveva mai sospettato il delitto?»

«No.»

«Quindi, nessuno aveva mai sospettato Vera McKay di avere fatto del male al marito.»

«Esatto, Mr. Birch.»

«Il che mi sorprende.»

«A che proposito?»

«A proposito di come Mrs. McKay potesse essere una così pessima moglie e non ci fosse stato nessuno a chiedersi a voce alta se non era stata lei a fare fuori il marito in tutti quei mesi dopo che lui era sparito dalla faccia della terra.»

«Be’», osservò Tremont alzando le spalle, «la gente, in quel periodo, può anche avere fatto commenti in privato.»

«In una città come questa, signore, i commenti in privato diventano molto presto di dominio pubblico.»

«Sì, lo ammetto», disse Tremont consultando l’orologio. «Forse non siamo stati sospettosi come dovevamo. Ma qui da noi non crediamo alla caccia alle streghe.»

«Lo vedo», ribatté Birch.