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«E allora che cosa possiamo fare?» gli domandò Vera.

«Quello che fanno quasi tutti in queste situazioni. Ci concentreremo sulla sua difesa, non alla ricerca di altre persone sospettabili… almeno per ora. Lei non ha in mano niente contro Ned.»

«Ha ragione. È un sollievo per me. Era soltanto un’idea balorda.»

«Bene, mi parli di queste donne linguacciute.»

La faccia di Vera avvampò per la collera. «Non so nemmeno chi siano.»

«Si sprema le meningi. E si ricordi di giocare a carte scoperte con me. Non ha proprio nessuna idea di chi volesse calunniarla, per un qualsiasi motivo?»

«No», affermò Vera con sicurezza.

Frain alzò le spalle, accentuando il gesto a significare che la convinzione di Vera risultava piuttosto assurda. «Mi sembra impossibile», osservò con tono ironico e meravigliato. «Capita quasi a tutti di scontrarsi con la gente, o perlomeno di avere qualche idea riguardo a chi non siamo simpatici.»

«Ma io sono sempre andata d’accordo con tutti», rispose Vera.

«Quindi, in proposito, buio assoluto», si rammaricò Frain. «Mi dica, Annie ha mai avuto delle discussioni a scuola che potessero riflettersi su di lei?»

«Che mi risulti, no.»

«Ha per caso delle abitudini o dei comportamenti che altri possano disapprovare?»

«Per esempio?»

«Per esempio bere, drogarsi, fare orgette. Sia sincera, la prego.»

Vera sembrò stupefatta, poi imbarazzata. «Ho sempre cercato di vivere in modo decente», rispose.

«Senta», rimbeccò Frain, «smetta di fare la Vergine Maria. Lei deve fare qualcosa di sbagliato.»

«A volte sono timida e la gente crede che sia fredda», ammise Vera.

«Quindi qualcuno pensa che lei lo disprezzi. Be’, è già qualcosa. E questo, nessuno glielo ha mai detto in faccia?»

«No, lo intuisco e basta.»

«Naturalmente, quando suo marito scomparve, vi furono pettegolezzi su di lei.»

«Sì, ma senza seguito. Non furono amici o persone che mi conoscevano a metterli in giro.»

«Osservazione centrata», commentò Frain. «Lei pensa di essere una persona simpatica, mia cara?»

«Mi sforzo di esserlo.»

«Non era questa la domanda. Impari a deporre correttamente.»

«Mi sembra di essere simpatica alla gente», disse Vera. «Io mi sforzo di esserlo.»

«Ha mai sentito Harry giudicarla male, magari in un momento di rabbia?»

«Naturalmente no!»

«Ecco che si inalbera di nuovo. Non deve farlo», la rimproverò Frain, alzando la voce. «Si comporti così al processo e la giuria la sospetterà senz’altro.»

«Cercherò di non farlo», gli assicurò Vera.

«Ricorda il vecchio proverbio che la moglie è l’ultima a sapere? È sempre possibile che Harry ce l’avesse con lei. Dopo l’ufficio potrebbe essere andato al bar a scaricare le grane di famiglia. E magari anche rincarando la dose. Ma chiunque, sentendolo, poteva spettegolare in giro, aggiungendovi del suo.»

«Non posso credere una cosa simile da parte di Harry.»

«Non le sto chiedendo di credere niente», scattò Frain, piuttosto seccato. «Le sto chiedendo se potrebbe essere possibile.»

«Ma non lo è!» si accanì Vera. «Harry non ha mai frequentato i bar. Ci volevamo bene.»

«È sicura di sapere che cosa c’era nei più intimi recessi della sua mente?»

«Sì, ne sono sicura.»

«Direi proprio», sentenziò Frain, «che lei o è Dio o un’illusa. Non c’è altra alternativa.»

Vera diventò penosamente conscia di come Frain la stesse guardando severamente e capiva che l’avvocato non approvava del tutto il suo modo di rispondere. «Credo di avere conosciuto mio marito», aggiunse a voce bassa.

«Lo credo anch’io», ribatté Frain. «Quanto a fondo lo conoscesse è legato agli sviluppi del processo. Solo, si prepari a tutte le insinuazioni che l’accusa le scaglierà addosso.» Sorrise. Non era un sorriso gradevole, e nemmeno cordiale, ma faceva capire a Vera che l’ometto cercava di aiutarla, di corazzarla contro la battaglia imminente. «Voglio chiederle qualcosa di molto importante», disse.

«Sentiamo», rispose Vera, allarmata da quel brusco cambiamento.

«Lei è molto affezionata a sua figlia?»

«Oh, tantissimo.»

«Sono inseparabili», aggiunse la Neuberger. «Un affetto del genere non l’ho visto spesso.»

«Ha mai fatto alla piccola niente che possa essere usato contro di lei?»

«Non penso proprio.»

Di nuovo, si intromise la Neuberger. «Averla portata da me, ecco quello che quei farabutti potrebbero rinfacciarle. Potrebbero anche dire che lei non si è valsa delle tradizionali cure mediche, con quei dottori le cui mogli sfoggiano grossi anelli. E diranno che lei ha fatto del male a Annie credendo alle sue visioni. Tutte cose che ho già visto.»

«La dottoressa ha ragione», disse Vera con crescente apprensione. «Ma prima avevo fatto esaminare la piccola dai medici tradizionali. Senza nessun giovamento.»

«A parte la situazione attuale, c’è qualcos’altro? Ha mai fatto del male ad Annie?»

«Non gliene farei mai.»

«Sono certo che Annie ha sofferto molto quando suo padre è scomparso. C’è stato qualcuno che ha tentato di riversare su di lei la responsabilità totale o parziale di questo?»

«No. Ero in pena per la piccola e ho interpellato lo psicologo della scuola, ma lui è stato molto comprensivo.»

«Le ha raccomandato qualcosa che lei si è rifiutata di fare o che non ha fatto?»

«Allude alle cure?»

«Sì.»

«Lui mi ha suggerito soltanto di fare alcuni discorsi ad Annie e io ho seguito i suoi consigli.»

«Non crede che quello psicologo abbia espresso qualche critica al suo comportamento?»

«Non riesco a pensare a niente del genere.» Vera constatava che l’espressione di Frain a poco a poco era diventata sempre più cupa, così come il tono delle domande. «Che cosa c’è che non va?» chiese, sapendo comunque che la domanda poteva essere fuori luogo.

Frain si concesse una pausa a effetto, indugiando con lo sguardo, per alcuni istanti, sulle pareti dello studio. «Mia cara», disse infine, «ho per lei una notizia molto penosa, che avrà sviluppi davvero dolorosi.»

Vera si appoggiò alla spalliera della sedia, tesa e ansiosa. Non aveva la minima idea di che cosa le stesse piombando addosso.

«Proprio mentre stavo venendo qui», spiegò Frain, «sono stato informato che Mr. Ned McKay ha presentato istanza al Tribunale dei minori per ottenere la custodia temporanea di sua figlia.»

La faccia di Vera di colpo diventò rossa. «Oh, mio Dio!» mormorò. «Perché?»

«La richiesta, cui ci opporremo nettamente, si basa sul fatto che lei non è una madre idonea.»

«Non sono idonea?»

«Si controlli, mia cara. Agitarsi non le servirà a niente. Mr. McKay sostiene di essere uno zio affettuoso, dalla reputazione ineccepibile. Il suo costante interessamento e la sua sollecitudine nei confronti della bambina non si possono mettere in discussione. Inoltre, asserisce che lei è accusata di omicidio, con una reputazione che sta per essere messa in dubbio. Insiste perché la piccola sia affidata a lui, almeno finché il processo non sarà concluso. Poi sarà il verdetto a decidere a chi verrà affidata Annie.»

Vera cominciò a scuotere la testa, incredula e atterrita. «Quel miserabile!» gemette, sconvolta e furente. «Per tutti questi anni ho creduto che fosse dalla mia parte. Tutti questi anni…»

«Un momento», la interruppe Frain, con una voce che stava diventando di nuovo stridula. «Lei non giudica la faccenda nel modo giusto. Supponiamo che suo cognato si sia sempre comportato lealmente con lei. Supponiamo che voglia davvero bene ad Annie. La sua non sarebbe un’iniziativa logica?»

«Lei si schiera dalla sua parte?» gli domandò Vera, furibonda.