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Watson picchiò con il suo martelletto per superare il mormorio nell’aula. «Silenzio», impose pigramente. «Mrs. McKay, si astenga dall’interrompere.»

Frain si alzò. «La convenuta deplora la sua esclamazione», disse. «Ma ha trovato… difficile riconoscere il vero in ciò che è stato detto.»

Altro brusio tra i presenti.

Tremont proseguì. «Desumo, quindi, Mrs. Singleton, che Mrs. McKay avesse seri problemi matrimoniali.»

«Seri è un eufemismo. Erano di dominio pubblico a Tarrytown. Certa gente era pronta a scommettere quanto e se quel matrimonio sarebbe durato.»

«Il motivo di questo?»

«Be’, santo Cielo, Vera non si lasciava sfuggire occasione per lamentarsi di Harry. Ricordo che appena prima che lui… sparisse, o che cos’altro fosse, stavamo preparando gli addobbi per un ballo dell’Associazione e Vera ha affermato di non avere nemmeno accennato ad Harry che ci sarebbe stato un ballo.»

«Le ho detto perché non glielo aveva accennato?»

«Ha sostenuto che voleva venirci da sola… per divertirsi davvero.»

La folla cominciò a mormorare, ma il brusio fu subito zittito dalla domanda successiva.

«Quell’affermazione, signora, l’ha colpita?» domandò Tremont.

«Be’», rispose Lily Singleton, «non è così che si fa a Tarrytown, o in generale dappertutto, in occasioni del genere.»

«Come si è comportata Mrs. McKay al ballo?»

«Benissimo, in realtà. La gente che ignorava i suoi veri sentimenti le ha chiesto perché Harry non fosse presente. Pensavano non stesse bene e che lei fosse venuta perché faceva parte dell’Associazione.»

«Che cos’ha spiegato Mrs. McKay a quella gente?»

«Che Harry stava bene, ma che era voluto restare a casa per vedere alla TV una partita di pallacanestro. Lo ha messo in cattiva luce e mi sono accorta che ne godeva.»

«Quella sera le ha parlato dei propri sentimenti verso Harry?»

«Oh, sì.»

«Che cosa le ha detto, Mrs. Singleton?»

«Be’, eravamo circa a metà della festa. Vera sembrava divertirsi molto. Si guardò intorno e mi disse: ‘Sarebbe tutto così se lui fosse morto’.»

Emozione e mormoni in aula e ancora una volta i cronisti volarono a telefonare in redazione l’ultima novità.

Frain era turbato dalla deposizione della Singleton perché la teste era così sicura di sé. Non sarebbe stato facile metterla in difficoltà. Si chinò verso Vera. «Lei ha mai detto niente di tutto ciò?»

«No», rispose lei.

«Dobbiamo scoprire il motivo per cui queste donne depongono così. E ci sarà ben altro, mi creda.»

«Sono tutte d’accordo», commentò Vera con amarezza.

«Già, ma provi a dimostrarlo. Dovremmo riuscire a svelare che esiste una congiura.»

Vedendo che Frain la scrutava intensamente Vera capì quello che lui stava pensando. Dubitava di lei. Come ogni avvocato, anche Frain talvolta era stato ingannato dai clienti. Un’eventualità che gli faceva paura, che lo umiliava.

L’emozione in aula si placò quando il giudice Watson, consultando l’orologio in previsione dell’intervallo di colazione, picchiò con il martelletto. Dal momento che Tremont aveva praticato una così larga breccia nel fronte avversario, tutti si aspettavano che avesse concluso le sue domande e avrebbe passato la teste a Frain. Ma il procuratore distrettuale aveva da fare un’altra domanda.

«Mrs. Singleton, qualcuno potrebbe dire che il commento di Mrs. McKay era estemporaneo e insignificante. È accaduto qualcosa quella sera, o in qualche altra occasione, che le facesse pensare non fosse tale?»

Lily Singleton si mosse a disagio sulla sedia di legno. «Be’… sì», rispose.

«Ci dica, allora.»

«Più tardi, quella sera, Vera mi ha detto che si augurava che Harry morisse. Io l’ho presa sul ridere e le ho risposto che, sicuramente, non parlava sul serio, che in quel momento era arrabbiata con il marito. Ma lei ha ribattuto, e me lo ricordo esattamente: ‘Vedrai’. Nient’altro. Solo: ‘Vedrai’.»

Tremont si girò verso Frain. «A lei la teste, avvocato.»

«Nessuna domanda», dichiarò Frain. Riteneva inutile tentare di smantellare una deposizione basata su riferimenti precisi, per quanto scettico fosse sulla loro veridicità.

Watson, sollevato, poté pestare con il suo martelletto. «La seduta è aggiornata alle ore quattordici di questo pomeriggio.»

Pubblico e giornalisti si alzarono, stiracchiandosi, dando inizio agli interminabili commenti che sarebbero andati avanti anche ben oltre l’emissione del verdetto. Frain era seriamente preoccupato. Il fronte d’attacco di Tremont era chiaramente bene orchestrato e Frain sapeva che nei processi, come in guerra, il risultato era uno solo quando il numero era schiacciante su ogni altra cosa. E il pericolo era anche maggiore in una piccola città come Tarrytown.

Mentre l’aula si stava svuotando, ci fu un’improvvisa confusione sul fondo. Giornalisti e fotografi, costretti fuori durante la seduta, si piazzavano in posizione, a spese degli spettatori.

Era arrivato Ned McKay, tutto tirato a lucido, ma cupo in volto.

«Mr. McKay», gli chiese uno dei giornalisti, «perché non è venuto quando il processo è cominciato?»

«Ritenevo che la mia presenza potesse risultare inopportuna nella fase iniziale e ho voluto evitarlo. Ho deciso di venire durante l’intervallo, per poi restare un po’.»

«Ha saputo delle deposizioni delle testi?»

Ned sospirò e scosse la testa, sconfortato. «Sì», rispose con evidente tristezza. «Ho ascoltato la radio.»

«Che cosa ne pensa?»

Ned si strinse nelle spalle. «Che cosa posso dire? Che cosa si può dire? Sento cose cui non riesco a credere.»

Proprio in quel momento Vera e Frain lasciavano l’aula da una porta lì vicina. Alcuni cronisti si staccarono da Ned per intervistare i due, ma quasi tutti gli altri non si mossero, affascinati da un possibile incontro tra gli ormai nemici McKay. Un giornalista, anzi, tentò addirittura di spingere Vera, che si era fermata e fissava Ned. Frain tentò di trascinarla via, ma lei resisté. Era quello, dopotutto, l’uomo che aveva Annie e che, se lei fosse stata condannata, avrebbe potuto tenersela per sempre.

Le telecamere si accesero, in agguato. I giornalisti pregavano per un incontro-scontro, ma furono delusi. Vera, consigliata da Frain, che le sussurrava all’orecchio i pericoli di eventuali battute, di cui poi si sarebbe pentita, girò le spalle e si allontanò.

Allora si fece avanti Birch. «Ehi, Mr. McKay!» gridò. «Dov’è Annie?»

Ned McKay sorrise. «È a casa mia… con un’infermiera, naturalmente, una vecchia amica di famiglia. Non l’affiderei mai a nessun altro.»

«Non crede», domandò Birch, «che nel primo giorno del processo a sua madre lei dovrebbe essere con la bambina, cercando di renderle meno dura la cosa?»

Una tensione vorace immobilizzò l’orda dei giornalisti. Ned si accigliò e di colpo parve sulla difensiva. Maledisse tra sé quella domanda. «Sono stato con Annie questa mattina», rispose. «E naturalmente tornerò da lei non appena la seduta di questo pomeriggio si sarà conclusa. Oggi non vado in studio. Voglio stare con lei stasera. Amo moltissimo mia nipote.»

20

L’udienza riprese qualche minuto dopo le quattordici, con Ned McKay tra il pubblico.

Immediatamente Tremont riattaccò come un rullo compressore, trattenendo al banco docili testimoni a favore della rappresentazione. Deposero altre donne e Birch credette di riconoscere la voce di una di loro. Tutte seguirono fedelmente le orme delle testi della mattinata: Vera odiava Harry. I coniugi litigavano. Vera voleva togliersi di torno il marito. Nessuna dichiarò che lei aveva detto di volerlo uccidere, ma l’implicazione non passò inosservata alla giuria.