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«Questo mese ho parlato con molte associazioni civiche», esordì, «sottoponendo loro il problema delle finanze dell’ospedale. È stato interessante scoprire come molte persone non fossero al corrente dei nostri problemi, anche se le notizie che riguardano la sanità sono costantemente all’ordine del giorno. Ciò che ho sottolineato loro è stata l’importanza economica dell’ospedale per la città e i dintorni, chiarendo che, se dovesse chiudere, ne verrebbero danneggiate tutte le attività d’affari e commerciali. Dopotutto, l’ospedale è il datore di lavoro più importante in questa zona dello Stato. Ho anche ricordato che, non potendo contare sulle tasse, l’unico modo per tenerlo aperto è la raccolta di fondi.»

Sollevò una pagina contenente alcuni grafici, in modo che gli altri la potessero vedere, e proseguì: «E ora, veniamo alle cattive notizie. Nel mese di aprile i ricoveri hanno superato del dodici per cento i dati previsti, dell’otto per cento quelli del mese di marzo e la loro lunghezza ha superato del sei per cento quella media. È una tendenza che crea seri problemi, come vi spiegherà meglio Richard Arnsworth, il nostro tesoriere».

Poi passò all’ultimo grafico. «Infine, vi informo che c’è stato un calo nell’utilizzazione del pronto soccorso che, come sapete, non fa parte del nostro accordo con il CMV. E, per peggiorare ulteriormente le cose, il CMV si è rifiutato di pagare un certo numero li nostre domande di rimborso per il pronto soccorso, asserendo che i pazienti avevano violato le regole contrattuali.»

«Per la miseria, non è certo colpa dell’ospedale», esclamò il dottor Cantor.

«Al CMV questo non importa. Di conseguenza, siamo stati costretti a mandare le parcelle direttamente ai pazienti e questo li ha messi in agitazione. La maggior parte di loro ha rifiutato di pagare, dicendo di rivolgerci al CMV.»

«L’assistenza sanitaria sta diventando un incubo», commentò Sherwood.

«Lo dica al suo deputato a Washington», ribatté la signora Beaton.

«Non divaghiamo», li richiamò all’ordine Traynor.

Helen Beaton guardò di nuovo i suoi appunti e continuò: «Gli indicatori di qualità per il mese di aprile sono entro le normali aspettative e si sono avuti meno incidenti che a marzo; non è stata intentata nessuna causa per negligenza. Ci è stato detto che alcune agitazioni sindacali hanno coinvolto i dietisti e il personale ausiliario. Va da sé che un diffondersi della sindacalizzazione aumenterebbe in modo significativo i nostri problemi finanziari».

«Una crisi dopo l’altra», osservò Sherwood.

«Rimangono per ora sottoutilizzati l’unità di terapia intensiva neonatale e l’acceleratore lineare», proseguì la donna. «Ne ho discusso con il CMV, dato che i nostri costi fissi per mantenere entrambe le unità sono altissimi. Ho sottolineato che sono stati loro a richiedere espressamente questi servizi e mi hanno promesso che faranno in modo di trasferire a i Bartlet pazienti di zone che non forniscono questi servizi, rimborsandoci adeguatamente.»

«A proposito», intervenne Traynor che, come presidente, si sentiva in diritto di fare interruzioni. «Ci sono problemi con la vecchia macchina della cobaltoterapia che è stata sostituita dall’acceleratore lineare? È stata condotta qualche indagine da parte dell’ufficio concessione licenze dello Stato o della commissione di controllo nucleare?»

«Nemmeno una parola», rispose Helen Beaton. «Li abbiamo informati che stiamo per venderla a un ospedale governativo del Paraguay.»

«Non voglio ritrovarmi invischiato in qualche casino burocratico, per quella macchina», avvertì Traynor.

Helen Beaton annuì e arrivò all’ultima pagina dei suoi appunti. «E infine, mi spiace dovervi dare ancora un’altra cattiva notìzia. La notte scorsa, poco prima di mezzanotte, c’è stato un altro tentativo di aggressione nel parcheggio.»

«Che cosa?» gridò Traynor. «Perché non ne sono stato informato?»

«Non l’ho saputo fino a stamattina e ho subito cercato di telefonarle, ma non l’ho trovata. Le ho lasciato un messaggio, dicendole di richiamarmi, ma lei non lo ha fatto.»

«Sono stato a Montpelier tutto il giorno», spiegò Traynor, che poi scosse la testa, sconsolato. «Accidenti, questa storia deve finire. Sta diventando un incubo. Non oso immaginare che cosa ne pensa il CMV.»

«Abbiamo bisogno di quel garage», disse Helen Beaton.

«Dovrà aspettare finché non potremo emettere altre obbligazioni», replicò lui. «Voglio che l’illuminazione sia installata rapidamente, capito?»

«Ne ho già parlato con Werner Van Slyke», ripose la donna, «e lui mi ha già avvisato che ha preso contatti con un’impresa di impianti elettrici. Gli starò alle calcagna perché il lavoro sia eseguito il più presto possibile.»

Traynor si lasciò cadere pesantemente sulla sua poltroncina ed emise un sibilo. «C’è da diventare pazzi a gestire un ospedale, di questi tempi. Chi me lo ha fatto fare?»

Diede un’occhiata all’ordine del giorno e invitò Richard Arnsworth, il tesoriere, a tenere la sua relazione.

Arnsworth si alzò. Era un uomo ordinarissimo, con gli occhiali e il tipico aspetto del contabile, e la sua voce era talmente bassa che gli altri dovevano tendere le orecchie per udirlo. Iniziò riferendosi al bilancio mensile di cui aveva distribuito una copia a ognuno.

«Quello che salta immediatamente agli occhi», cominciò, «è che le spese mensili continuano a essere abbondantemente superiori alle quote che ci versa il CMV. Il disavanzo è ulteriormente cresciuto con l’aumento dei ricoveri e della loro durata. Ci causano perdite anche i pazienti che usufruiscono dell’assistenza sanitaria statale e quelli indigenti, che non sono iscritti a nessun ente. La percentuale dei pazienti paganti oppure coperti da un’adeguata assicurazione è talmente esigua che non riusciamo a coprire le nostre perdite.

«A risultato è che la disponibilità di liquidi è notevolmente diminuita; di conseguenza, suggerisco di passare da investimenti a centottanta giorni a investimenti a trenta giorni.»

«Abbiamo già provveduto in questo senso», annunciò Barton Sherwood.

Dopo che fu approvato il bilancio mensile, la parola passò al dottor Cantor, che si alzò lentamente e appoggiò le mani sul tavolo. Era un uomo massiccio, dal colorito pallido e, a differenza degli altri, non si era preparato appunti.

«Soltanto un paio di cosette, per questo mese», esordì in tono colloquiale. Traynor lanciò a Helen Beaton un’occhiata di complicità e scosse la testa disgustato. Detestava il modo in cui Cantor si comportava alle riunioni.

«Gli anestesisti sono sul sentiero di guerra», annunciò il dottor Cantor. «C’era da aspettarselo, adesso che sono stati informati ufficialmente che l’ospedale rileverà il reparto e che riceveranno uno stipendio fisso. Capisco come si sentono, dato che ho provato la stessa cosa ai tempi di Hodges.»

«Pensa che intenteranno una causa?» domandò Beaton.

«Certo.»

«Che lo facciano pure», commentò Traynor. «È già stato stabilito un precedente, con patologia e radiologia. Non posso credere che pensino di poter continuare a esigere onorari privati mentre siamo in regime di contributi individuali. Non ha senso.»

«È stato scelto un nuovo direttore dell’ufficio ottimizzazione risorse.» Il dottor Cantor era passato a un altro argomento. «È il dottor Peter Chou.»

«Ci creerà qualche problema?» domandò Traynor.

«Ne dubito», rispose il dottor Cantor. «Non voleva nemmeno quell’incarico.»

«Avrò un incontro con lui», affermò Helen Beaton rivolta a Traynor, che annuì.

«L’ultimo argomento riguardante il personale», continuò il dottor Cantor, «si riferisce al medico numero 91. Mi è stato riferito che non si è mai ubriacato in tutto il mese.»