«Alle elementari. Il prossimo autunno avrò una terza.»
«Mia figlia andrà in terza.»
«Benissimo, l’avrò nella mia classe.»
«Ha una famiglia?» domandò David.
«Eccome! Mio marito, Lloyd, fa il programmatore in una ditta di software. Abbiamo due figli: il ragazzo va alle superiori e la bambina alle medie.»
Mezz’ora più tardi, David si sentì abbastanza fiducioso da rassicurare Marjorie che il dolore al petto non aveva niente a che fare con il cancro né con il cuore, le sue due maggiori preoccupazioni. Prima di andarsene, lei lo ringraziò ancora una volta con molto calore per essere venuto a Bartlet.
Dopo averla lasciata, David entrò un momento nella sua stanza per lasciarvi la cartella clinica. Si sentiva euforico: se tutti i suoi pazienti erano calorosi e riconoscenti come lei, a Bartlet avrebbe potuto raccogliere molte soddisfazioni.
Accanto alla porta della seconda saletta era pronta la cartella del paziente successivo. La scorse rapidamente e vide che si trattava di un altro caso difficile che richiedeva un po’ di «compiti a casa». Il paziente era John Tarlow, aveva quarantotto anni ed era affetto da leucemia che era stata trattata per tre anni e mezzo con una massiccia chemioterapia.
David entrò e si presentò. John Tarlow era un bell’uomo e anche il suo viso esprimeva la stessa cordialità e intelligenza che lo avevano colpito in Marjorie. Il suo attuale problema era l’insonnia e, dopo un breve conversazione, David capì che era dovuta alla morte recente di un famigliare, quindi gli prescrisse dei sonniferi che avrebbero dovuto aiutarlo a ritornare alla normale routine.
Terminata la visita, aggiunse la cartella di John a quella di Marjorie sulla propria scrivania, poi cercò Susan, che trovò nel piccolo laboratorio usato per gli esami più semplici.
«Susan, qui abbiamo molti pazienti con problemi oncologici?» le domandò.
David ammirava i colleghi che sceglievano quella specializzazione e sapeva che lui non sarebbe stato adatto a seguirla. Così era stato, con una certa trepidazione, che aveva scoperto che i suoi primi due pazienti avevano entrambi il cancro.
Susan lo rassicurò che ce n’erano pochi e lui ritornò davanti alla saletta numero uno, controllando la cartella che era stata preparata. Si sentì rassicurato: si trattava di un paziente diabetico.
La mattina passò rapida e felice. I pazienti erano tutti una delizia: affabili, attenti a quello che lui diceva e per nulla lamentosi. E tutti gli espressero la propria riconoscenza per la sua scelta di trasferirsi a Bartlet.
A colazione, David e Angela si ritrovarono al bar, gestito da volontari, e si raccontarono la loro mattinata.
«Il dottor Wadley è meraviglioso», disse lei. «Sa rendersi utile e gli piace insegnare. Più lo conosco, meno mi fa pensare a mio padre. È così estroverso! È un tipo entusiasta, affettuoso. Mi ha persino abbracciata stamattina, quando sono arrivata. Mio padre morirebbe, prima di fare una cosa simile.»
David raccontò ad Angela dei pazienti che aveva visitato e lei si commosse molto nel sentire come lo aveva accolto Marjorie Kleber.
«È una maestra, e l’anno prossimo avrà anche Nikki nella sua classe.»
«Che coincidenza!» Angela si fece descrivere Marjorie e si rattristò nell’apprendere quale tremenda malattia l’affliggeva. Ascoltò anche le preoccupazioni di David riguardo alla frequenza di casi di cancro e cercò di consolarlo, ricordando come il marito aveva reagito alla morte di alcuni pazienti che avevano quella malattia, quando faceva il tirocinio. «Non deprimerti. Se la tua infermiera ti ha detto che non ce ne sono molti, sarà vero.»
«A proposito di depressione.» David abbassò la voce e si chinò sul tavolino per avvicinarsi di più a lei. «Hai sentito del dottor Portland?»
Angela scosse la testa.
«Si è suicidato. Si è sparato proprio nella stanza dove ora sono io.»
«È tremendo. E devi rimanere lì? Magari potresti fartene dare un’altra.»
«Non essere ridicola Che cosa dico a Kelley? Che sono superstizioso? E poi, l’hanno imbiancata di fresco e hanno sostituito la moquette.» David alzò le spalle. «Andrà bene così.»
«Perché l’ha fatto?»
«Depressione.»
«Lo sapevo, lo sapevo che era depresso. L’avevo anche detto, ti ricordi?»
«E io non ho detto che non lo fosse», obiettò lui. «Ho solo detto che sembrava malato. Dev’essersi ucciso subito dopo che ci siamo visti, perché Kelley mi ha riferito che lo ha fatto a maggio.»
«Pover’uomo. Aveva famiglia?»
«Moglie e due bambini.»
Angela scosse la testa e rimase pensierosa per qualche momento.
«Passando a un argomento meno triste», continuò David, «Charles Kelley mi ha spiegato che esiste un premio per tenere bassa l’ospedalizzazione. Meno faccio ricoverare i miei pazienti e più guadagno. Potrei persino vincere un viaggio alle Bahamas.»
«Avevo sentito parlare di questi incentivi», annuì Angela. «È una tattica che utilizzano gli enti mutualistici per ridurre i costi.»
David scosse la testa, incredulo. «Alcuni degli aspetti della gestione manageriale dell’assistenza e della competizione controllata sono sconcertanti. Io personalmente trovo questa cosa insulsa.»
«Ho anch’io un argomento più ameno: il dottor Wadley ci ha invitati da lui a cena, stasera. Gli ho detto che avrei chiesto a te, che ne dici?»
«Tu ci vuoi andare?»
«Lo so che a casa abbiamo un sacco di cose da fare, ma penso che ci dovremmo andare. Si è dimostrato talmente generoso e premuroso! Non vorrei apparirgli ingrata.»
«E Nikki?»
«Ecco un’altra buona notizia», annunciò Angela. «Ho saputo da uno dei tecnici di laboratorio che Barton Sherwood ha una figlia che va al liceo e che fa abitualmente la baby sitter. Abitano vicino a noi. Le ho telefonato e lei ha detto che verrebbe volentieri.»
«Pensi che a Nikki non spiacerà?»
«Gliel’ho già chiesto. Ha detto che non le importa e che non vede l’ora di conoscere Karen Sherwood, che è una delle cheerleader.»
«Allora andiamoci», rispose David.
Karen Sherwood arrivò a casa loro poco prima delle sette. Quando David aprì la porta pensò che non aveva l’aria di una cheerleader: era minuta e tranquilla e, sfortunatamente per lei, assomigliava molto al padre, però era gradevole e dotata di intuito. Conquistò subito Nikki dicendole che adorava i cani.
Mentre David guidava, Angela finì di truccarsi. Vedendo che era molto tesa, lui la rassicurò dicendole che era strepitosa e che tutto sarebbe andato bene. Entrambi rimasero colpiti dall’abitazione dei Wadley, meno grande della loro ma in condizioni sicuramente migliori e con un parco in perfetto ordine.
Quando Wadley li fece entrare, si accorsero che l’interno era ancora più bello: mobili di antiquariato, tappeti persiani, quadri del Diciannovesimo secolo.
Gertrude Wadley e il marito erano molto diversi, dando credito al detto popolare secondo cui «gli opposti si attraggono»: lei era una donna timida e riservata. Era come se fosse stata sopraffatta dalla forte personalità del marito.
La loro figlia adolescente, Cassandra, in principio sembrò più simile alla madre, ma durante la cena mostrò di assomigliare più al padre.
Comunque, fu Wadley a dominare la serata. Pontificò su un’infinità di argomenti ed era chiaro che stravedeva per Angela, dicendo che ringraziava il cielo perché adesso nella sua équipe c’era una persona così competente.
«Una cosa è certa», commentò David mentre ritornavano a casa, «l’hai conquistato. E non so proprio dargli torto.»
Lei gli si rannicchiò contro.
David riaccompagnò Karen e al suo ritorno trovò Angela che lo aspettava sulla soglia con una camicia da notte che non usava dai tempi della luna di miele.
«Mi sta meglio adesso che quando ero incinta, vero?» gli chiese lei.