Angela si rivolse alla figlia. «Perché non spieghi al signor Caldwell che cos’è la fibrosi cistica?»
«La fibrosi cistica è una malattia ereditaria», cominciò Nikki, con un tono serio che denotava una lunga pratica. «Quando tutti e due i genitori sono portatori, c’è il venticinque per cento di probabilità che un figlio sviluppi la malattia. Ne è colpito un neonato su duemila.»
Caldwell annuì e cercò di mantenere il sorriso. Era fastidioso ricevere una lezione da una bambina di otto anni.
«Il problema principale si ha con l’apparato respiratorio», continuò Nikki. «Il muco dei polmoni è più denso del normale e questo porta a congestioni e infezioni. Le preoccupazioni principali sono la bronchite cronica e la polmonite. La malattia si può manifestare con gradi diversi di intensità: ci sono persone colpite gravemente e altre, come me, che devono solo stare attente a non buscarsi raffreddori e a seguire le terapie respiratorie.»
«Davvero interessante», commentò Caldwell. «Sei certamente molto professionale. Forse da grande dovresti fare il medico.»
«Ho intenzione di farlo. Studierò pneumologia.»
Caldwell si alzò e indicò la porta. «Che cosa ne direste, dottori e futuri dottori, di incontrare il dottor Pilsner?»
Dopo un breve tragitto che li portò dal corpo centrale dell’ospedale all’ala di recente costruzione, i Wilson arrivarono dal dottor Pilsner, che li stava aspettando e li accolse con gentilezza. Aveva una folta barba bianca e la cosa che colpì di più Nikki fu il fatto che la salutò stringendole la mano, come si fa con un adulto.
«Qui in ospedale abbiamo un grande esperto in malattie dell’apparato respiratorio», li informò Pilsner, «e l’ospedale è ben attrezzato per le terapie respiratorie. Per di più, io stesso ho vinto una borsa di studio per specializzarmi in pneumologia all’ospedale infantile di Boston, quindi credo che potremo prenderci adeguatamente cura di Nikki.»
«Uau!» esclamò Angela sollevata. «Questo ci tranquillizza. In tutte le nostre decisioni abbiamo sempre tenuto in considerazione le speciali esigenze di nostra figlia.»
«E fate bene. Bartlet costituisce un’ottima scelta, per il suo bassissimo tasso di inquinamento e per l’aria pulita. Se la bimba non ha allergie a certe piante, penso che per lei sarà l’ambiente adatto.»
Caldwell scortò i Wilson alla direzione regionale del CMV e, prima di lasciarli, fece loro promettere di ritornare nel suo ufficio, dopo il colloquio di David.
Charles Kelley era un uomo imponente, dal viso abbronzato e dai capelli color sabbia. Indossava un abito di ottimo taglio ed era estroverso ed esuberante; faceva pensare più a un consumato addetto alle vendite che all’ amministratore di un centro sanitario.
Come Caldwell, anch’egli invitò nel proprio ufficio l’intera famiglia Wilson e non risparmiò le lodi.
«David, la vogliamo con noi», esordì battendo un pugno sulla scrivania. «Abbiamo bisogno di lei. Siamo contenti che abbia lavorato come interno, in particolare in un posto come il Boston City Hospital. Sarà di grande aiuto alla nostra équipe, non c’è dubbio.»
«Sono contento che lei sia soddisfatto», ribatté David, alzando le spalle imbarazzato.
«Il CMV si sta espandendo rapidamente in questa zona del Vermont, specialmente qui a Bartlet», continuò Kelley con un certo orgoglio. «Fra i nostri soci abbiamo la fabbrica di stampelle, il college, la ditta di software e tutti i dipendenti statali e municipali.»
«Sembra quasi un monopolio», scherzò David.
«Pensiamo che questo sia dovuto all’attenzione che dedichiamo alla qualità dell’assistenza e al controllo sui costi», spiegò Kelley.
«Naturalmente.»
«Il suo compenso sarà di quarantunmila dollari, il primo anno», disse Kelley.
David annuì. Sapeva che Angela avrebbe guadagnato più di lui, ma nessuno dei due si era aspettato che sarebbe stato il doppio.
«Ma perché non mostrarle subito l’ambulatorio dove lavorerà? Le darà subito un’idea di come ci si potrà trovare.» David osservò Angela: decisamente, Kelley sapeva vendere bene.
A David l’ambulatorio parve un sogno. Il panorama delle Green Mountains era talmente perfetto da sembrare un quadro. Poi notò quattro pazienti seduti nella sala d’attesa e chiese una spiegazione a Kelley.
«Dividerà l’ambulatorio con il dottor Randall Portland. È un chirurgo ortopedico, una brava persona. Abbiamo visto che dividere le spese per le segretarie e le infermiere è un ottimo modo di sfrattare le risorse. Vediamo se possiamo fargli un salutino.»
Kelley parlò con l’impiegata e aveva appena introdotto David in quello che sarebbe diventato il suo ufficio, quando il dottor Portland entrò esordendo con un: «Salve a tutti!»
Era un uomo giovane dall’aspetto tirato e Kelley lo presentò a tutti, anche a Nikki, che gli strinse la mano come aveva fatto con il dottor Pilsner.
«Chiamami Randy», disse Portland a David, il quale intuì che lo stava attentamente valutando.
«Giochi a pallacanestro?» gli chiese.
«Di tanto in tanto», rispose David, «ma di recente non ho avuto molto tempo.»
«Spero che verrai a Bartlet. Ci servono nuovi giocatori, per lo meno qualcuno che sostituisca me.»
David sorrise.
«Be’, mi ha fatto piacere conoscervi. Purtroppo ora devo tornare al lavoro.»
«Ha sempre molto da fare», spiegò Kelley, quando l’uomo se ne fu andato. «Di solito abbiamo solo due ortopedici, mentre ce ne occorrerebbero tre.»
David si voltò ancora una volta verso quel meraviglioso panorama dal quale si sentiva ipnotizzato.
«Allora, che cosa ne dice?» chiese Kelley.
«Le confesso che sono veramente impressionato.» David guardò Angela.
«Dobbiamo pensarci bene», affermò lei.
I Wilson tornarono da Caldwell, che insistette per guidarli in un breve giro dell’ospedale, mentre Nikki rimaneva nella nursery, gestita dai volontari.
Si fermarono prima di tutto al laboratorio che ad Angela sembrò perfettamente attrezzato, come si era aspettata, e poi si recarono nel reparto di patologia, dove Caldwell le fece conoscere il primario, il dottor Benjamin Wadley, che la colpì per la somiglianza con suo padre. Era un cinquantenne dall’aspetto distinto, dai capelli color argento.
Dopo le presentazioni, saputo che Angela e David avevano una figlia, il dottor Wadley cantò le lodi del locale sistema scolastico, assicurando che i suoi due figli si erano trovati molto bene.
Quando, pochi minuti dopo, lo lasciarono, Angela mormorò a David: «Hai notato come assomiglia a mio padre?»
«Adesso che me lo dici, sì, è vero. Ha la stessa compostezza, la stessa sicurezza.»
«Mi è balzato subito agli occhi.»
«Nessun transfert edipico, per favore», scherzò David.
Visitarono il pronto soccorso, poi il modernissimo reparto di radiologia e infine l’Imaging Center. David rimase particolarmente colpito dalla nuova apparecchiatura per la risonanza magnetica nucleare.
«È migliore di quella del Boston City Hospital», osservò. «Dove avete preso il denaro per acquistarla?»
«L’Imaging Center è una joint venture fra l’ospedale e il dottor Cantor, uno dei medici dello staff», spiegò Caldwell. «Aggiornano le apparecchiature continuamente.»
David e Angela visitarono poi il nuovo edificio per la radioterapia che vantava uno dei più recenti acceleratori lineari. Quindi ritornarono nell’ala principale, dov’era ospitata l’unità di terapia intensiva neonatale.
«Non so proprio che cosa dire», ammise David, quando la visita fu terminata.
«Sapevamo che questo ospedale era bene attrezzato», aggiunse Angela, «ma in realtà è molto meglio di quanto ci aspettavamo.»
«Ne siamo comprensibilmente orgogliosi», disse Caldwell nel ricondurli al proprio ufficio. «Abbiamo dovuto apportare sensibili modifiche, per poter ottenere il contratto CMV. Per sopravvivere abbiamo dovuto competere con il Valley Hospital e con il Mary Sackler Hospital. Per fortuna, abbiamo vinto noi.»