«Ho sentito dire che suo marito conosceva l’identità dello stupratore mascherato», chiese ancora Calhoun. «Secondo lei è vero?»
«È certamente ciò che lui ha fatto capire.»
«Non le ha rivelato nessun nome?»
«L’unica cosa che mi ha detto è stata che lo stupratore era qualcuno collegato con l’ospedale.»
«Un dipendente?»
«Non ha spiegato oltre, è rimasto nel vago. Gli piaceva far cadere le cose dall’alto, anche se ha detto che voleva parlargli direttamente, sperando di farlo smettere.»
«Questa sì che era una cosa pericolosa. Pensa che l’abbia fatto?»
«Non lo so, forse. Ma poi ha deciso di riferire i suoi sospetti a quell’abominevole Wayne Robertson. Abbiamo litigato, per questo. Io non volevo che ci andasse, perché ero sicura che avrebbero finito con l’azzuffarsi. Robertson ce l’aveva sempre con lui. Gli ho consigliato di riferirgli i suoi sospetti per telefono o per lettera, ma Dennis non ne voleva sapere. Era un testone.»
«Doveva incontrarlo il giorno in cui è scomparso?»
«Precisamente. Ma è andata a finire che Dennis non l’ha visto e non perché gliel’ho consigliato io. Era rimasto sconvolto per la morte di uno dei suoi ex pazienti e mi disse che, invece di vedere Robertson, avrebbe fatto colazione con il dottor Holster.»
«Il paziente era Clark Davenport?» domandò Calhoun.
«Sì», rispose Clara, sorpresa. «Come fa a saperlo?»
«Come mai il dottor Hodges era tanto turbato per Clark Davenport?» chiese ancora Calhoun, ignorando la domanda. «Erano buoni amici?»
«Solo conoscenti. Dennis aveva diagnosticato il cancro di Clark e il dottor Holster lo aveva curato con successo, così Dennis era convinto che lo avessero preso in tempo. Ma poi il datore di lavoro di Clark è passato al CMV e in seguito Dennis ha saputo che il suo ex paziente era morto.»
«Di che cosa è morto?» domandò all’improvviso David, parlando per la prima volta.
«Questo non me lo ricordo, non so nemmeno se l’ho mai saputo. Ma non di cancro, mi ricordo che Dennis mi ha detto che non era morto di cancro.»
«Altri ex pazienti di suo marito con problemi simili sono morti inaspettatamente?» chiese ancora David.
«Che cosa significa con problemi simili?»
«Con il cancro o altre malattie gravi.»
«Oh, sì, ne aveva parecchi. Ed è stata proprio la loro morte a sconvolgerlo. Si era convinto che alcuni dei medici del CMV fossero degli incompetenti.»
David si fece dare da Angela le copie dei fogli di accettazione che lei e Calhoun avevano preso a Burlington, poi li porse a Clara, dicendole: «Guardi questi nomi. Ne riconosce qualcuno?»
«Devo prendere gli occhiali», rispose la donna e uscì dalla stanza.
«Come mai sei così agitato?» domandò Angela a David.
«Sì, si calmi», gli consigliò Calhoun. «Mette in agitazione anche la testimone e le fa dimenticare le cose.»
«Sto cominciando a capire qualcosa», mormorò David, «e non mi piace proprio per niente.»
Prima che Angela potesse domandargli una spiegazione, Clara tornò con gli occhiali e si mise a leggere i fogli.
«Riconosco tutte queste persone», affermò poi. «Ho sentito centinaia di volte i loro nomi e le ho incontrate di persona quasi tutte.»
«Mi è stato detto che sono tutti morti», disse Calhoun. «È vero?»
«Sì, esattamente come Clark Davenport e queste morti hanno sconvolto particolarmente Dennis. Non faceva che parlare di loro.»
«Tutte le loro morti sono state inaspettate?»
«Sì e no. Come potete vec ere da questi documenti, sono stati tutti ricoverati per questioni piuttosto banali, anche se è vero che avevano lottato contro malattie mortali come il cancro. Per cui, in un certo senso, ci si poteva aspettare che morissero.»
«Mi faccia capire bene», intervenne ancora David, riprendendo le fotocopie e sfogliandole rapidamente. «Questi fogli di accettazione si riferiscono al ricovero durante il quale le persone sono morte.»
«Credo di sì. È passato un po’ di tempo, ma Dennis si era incaponito su questa cosa. È difficile scordarsene.»
«E ognuno di questi pazienti era affetto da una malattia grave. Come questa, ricoverata per sinusite.»
Clara Hodges prese il foglio e lesse il nome. «Questa aveva avuto un cancro al seno; lo so, perché frequentavamo lo stesso gruppo parrocchiale.»
David riprese il foglio e lo arrotolò insieme agli altri, poi si avvicinò alla finestra, tirò la tenda e rimase a fissare fuori. Clara sembrò non fare caso ai suoi modi e versò altro tè.
«Vorrei farle qualche altra domanda sullo stupratore», le disse Calhoun. «Il dottor Hodges ha mai alluso alla sua età, all’altezza, o ad altri dettagli, come per esempio se avesse un tatuaggio?»
«Un tatuaggio?» Clara sembrò sorpresa. «No, non ha mai parlato di tatuaggi.»
Con una rapidità che lasciò gli altri di sasso, David si allontanò dalla finestra e si diresse alla porta, gridando: «Dobbiamo andarcene, dobbiamo andare via immediatamente!»
«David? Che cos’hai?» Angela era esterrefatta.
«Dobbiamo tornare immediatamente a Bartlet», disse lui, aprendo la porta. «Andiamo!» Sembrava preso dal panico.
Angela e Phil Calhoun salutarono frettolosamente Clara Hodges e lo seguirono. Quando arrivarono al furgoncino, lui si era già sistemato al volante.
«Mi dia le chiavi!»
Calhoun scosse la testa e gliele porse, mentre lui sbraitava: «Dai, salite!»
Per la prima parte del viaggio nessuno di loro parlò. David era concentrato sulla guida e Angela e Calhoun erano ancora scioccati per la partenza improvvisa, oltre a essere allarmati dalla velocità a cui stavano viaggiando.
«Credo che faresti meglio a rallentare», osservò Angela.
«Questo furgoncino non è mai andato così in fretta», ammise Calhoun.
«David, che cosa ti è successo?» chiese Angela. «Ti stai comportando in modo stranissimo.»
«Mentre parlavamo con Clara Hodges, ho avuto un’intuizione riguardante i pazienti del dottor Hodges con malattie potenzialmente mortali e che sono morti inaspettatamente.»
«Be’, allora?»
«Io penso che qualche mente disturbata, all’interno del Bartlet Community Hospital, si sia assunta il compito di eseguire una specie di malintesa eutanasia. Nel sentire che i pazienti di Hodges avevano tutti avuto una malattia grave, mi sono reso conto che anche per i sei pazienti che ho perduto negli ultimi giorni era la stessa cosa. Non so come non ci ho fatto caso prima. La stessa cosa è avvenuta con Caroline.»
«Chi è Caroline?» domandò Calhoun.
«Era un’amica di nostra figlia», spiegò Angela. «Soffriva di fibrosi cistica, che è una malattia potenzialmente mortale. È morta ieri… Oh, no!» Gli occhi di Angela si spalancarono, stravolti dall’orrore.
«Ora capisci perché sono stato preso dal panico», le disse David. «Dobbiamo arrivare prima possibile.»
«Che cosa sta succedendo?» chiese Calhoun. «Sto perdendo qualche colpo. Perché siete così agitati?»
«Nikki è in ospedale», rispose Angela, colta dall’ansia.
«Lo so. Prima di partire per Boston vi ho accompagnato io a salutarla.»
«Anche lei ha la fibrosi cistica, come Caroline.»
«Oh, ora capisco! Temete che vostra figlia diventi il prossimo bersaglio del patito dell’eutanasia.»
«È così», rispose David.
«Sarebbe un caso tipo quello dell’’angelo della misericordia’ avvenuto a Long Island, di cui ho letto sui giornali? È accaduto un sacco di anni fa. C’era coinvolta un’infermiera che metteva fuori combattimento la gente con una medicina.»
«Qualcosa del genere, ma in quel caso veniva usato un rilassante muscolare e la gente smetteva di respirare. Era una cosa lampante. Con i miei pazienti, invece, non so come siano stati uccisi. Non mi viene in mente nessun farmaco o veleno o agente infettivo che possa causare i sintomi che loro hanno avuto.»