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«Qual è il posto più probabile, secondo lei? L’avambraccio?» domandò Angela.

«Direi di sì, magari il polso. Non dobbiamo neppure escludere il dorso della mano, anche se è un posto poco comune per chi fa tatuaggi di professione e i pigmenti trovati al microscopio sono usati solo da professionisti.»

«Come facciamo la ricerca al computer?» domandò ancora Angela.

«Tutto quello che ci serve è il numero della sicurezza sociale e la data di nascita. Dovremmo ottenerli all’ospedale.» Calhoun guardò David, che annuì. «Poi il resto sarà facile. È sbalorditiva la quantità di banche dati che esistono, gestite da società che operano nel campo dell’informazione. Sareste sorpresi da ciò che si può scoprire con una tariffa irrisoria.»

«Vuol dire che quelle società possono spiare nelle banche dati private?» si stupì Angela.

«Certo. La gente non se ne accorge, ma chiunque con un computer e con un modem può ottenere una montagna di informazioni su chi gli pare.»

«Che genere di informazioni cercherebbero?»

«Di tutto. Situazione finanziaria, fedina penale, la storia lavorativa, acquisti, uso del telefono, annunci economici. È un po’ come andare a pesca. Ma saltano fuori cose interessanti, anche se si ha un gruppo di venticinque persone che sono apparentemente le più normali all’interno di una comunità. Ne sareste scioccati.»

«Lei faceva questo, quand’era poliziotto?» chiese Angela.

«Sempre. Tutte le volte che c’era un gruppo di sospetti facevamo un controllo al computer e trovavamo sempre qualcosa di sporco. E in questo caso, se David ha ragione e l’assassino pratica l’eutanasia, non so immaginare che cosa potremmo trovare. Magari scopriamo che si è lanciato in altre crociate, come salvare gli animali randagi dai canili, ed è stato arrestato per avere novecento cani in casa. Vedrete che ne scopriremo delle belle. Però avremo bisogno di qualche mago del computer che ci aiutasse a entrare nelle banche dati.»

«C’è un mio ex ragazzo che lavora al MIT», disse Angela. «È un genio del computer.»

«Chi è?» domandò David. Non aveva mai sentito parlare di quell’ex ragazzo di sua moglie.

«Robert Scali», rispose Angela che poi si rivolse a Phil Calhoun: «Pensa che ci potrebbe aiutare?»

«Perché non ne ho mai sentito parlare?» insistette David.

«Non ti ho raccontato ogni minimo dettaglio della mia vita. Siamo usciti insieme qualche volta quando eravamo matricole al Brown.»

«Ma sei rimasta in contatto con lui, da allora?»

«Ci siamo visti un paio di volte negli ultimi anni.»

«Non posso credere a ciò che sento!» esclamò David.

«Ti prego, non essere ridicolo!» esclamò lei, esasperata.

«Penso che il signor Scali possa andare», affermò Phil Calhoun. «Altrimenti, conosco alcune società che lo possono fare per una tariffa modesta.»

«A questo punto, sarà meglio evitare ogni tariffa», decise Angela e cominciò a sparecchiare.

«C’è la possibilità di ottenere la descrizione dei tatuaggi dai referti medici?» domandò Calhoun a David.

«Penso di sì, di solito i medici li notano durante una visita medica e io li descriverei in un referto.»

«Aiuterebbe di certo a sveltire il lavoro. Potrei cominciare a contattare tutti quelli che hanno il tatuaggio sul polso o sull’avambraccio.»

«Che cosa ne dice di controllare prima le persone che lavorano in ospedale?»

«Ah, sì, quelle avranno la precedenza. Ma mi piacerebbe parlare anche con Steve Shegwick, che ha un tatuaggio sull’avambraccio.»

Dopo che Calhoun ebbe mangiato il gelato e bevuto il caffè, rimasero seduti a tavola tutti e tre a fare progetti per il giorno dopo.

«Comincerò a parlare con i dipendenti dell’ospedale che hanno il tatuaggio», propose Calhoun. «Continuo a pensare che sia meglio se sto io in prima linea. Non vogliamo altri mattoni nelle vostre finestre.»

«Io tornerò in archivio», si offrì David. «Prenderò i numeri di sicurezza sociale e le date di nascita e vedrò se trovo la descrizione dei tatuaggi.»

«Io rimarrò con Nikki», disse Angela. «E poi, quando David sarà tornato con i dati che ci servono, farò una corsa a Cambridge.»

«Non possiamo mandarli al tuo amico con il fax?» chiese David.

«Gli chiediamo un favore! Non posso inviargli un fax e chi s’è visto s’è visto.»

David alzò le spalle.

«E poi c’è il dottor Holster, il radioterapista», ricordò loro Calhoun. «Qualcuno deve parlare con lui. Lo farei io, ma credo che uno di voi due farebbe un lavoro migliore.»

«Ah, sì, me n’ero dimenticato», ammise David. «Potrei vederlo domani, dopo che ho finito all’archivio.»

Calhoun si alzò e si batte la mano sulla pancia. «Grazie per la cena, una delle migliori che ho mangiato da molto, molto tempo a questa parte», disse. «Credo che sia ora di condurre me il mio stomaco a casa.»

«Quando ci risentiamo?» gli domandò Angela.

«Appena avremo qualcosa da comunicarci e voi due dovreste dormire. Ve lo dico io che ne avete bisogno.»

23

Sabato 30 ottobre

Nikki aveva sofferto per tutta la notte di crampi addominali e attacchi di diarrea, ma la mattina stava meglio. Non era completamente in forma, ma era evidente che stava migliorando e la febbre era del tutto assente. David era sollevato, vedendo che il decorso era simile al suo e a quello delle cinque infermiere.

Angela si svegliò depressa per la sua situazione lavorativa e si stupì nel vedere che il marito era così su di giri. Adesso che Nikki stava bene, lui le confessò le paure avute la sera prima.

«Avresti dovuto dirmelo», lo rimproverò lei.

«Non sarebbe servito a niente.»

«Certe volte mi fai così arrabbiare!» Anziché dare inizio a una delle solite liti, Angela corse verso di lui e lo abbracciò, sussurrandogli quanto lo amava.

L’abbraccio fu interrotto dallo squillo del telefono. Era il dottor Pilsner, che voleva sapere come stava Nikki e consigliava di continuare con gli antibiotici e con la terapia respiratoria.

«Lo faremo sicuramente», rispose Angela, che aveva staccato il ricevitore in camera da letto, mentre David ascoltava da quello del bagno.

«Le spiegheremo molto presto perché l’abbiamo portata via in quel modo», aggiunse David. «Ma per ora la preghiamo di accettare le nostre scuse. Il nostro gesto non ha niente a che fare con l’assistenza che lei le ha prodigato.»

«La mia unica preoccupazione è per Nikki», replicò il pediatra.

«Saremo felici, se passerà a trovarla», disse Angela. «E se ritiene necessario il ricovero, la porteremo a Boston,»

«Per ora tenetemi informati», concluse seccamente il dottor Pilsner.

«È irritato», commentò David dopo avere riattaccato.

«Non posso dargli torto. La gente penserà che siamo completamente matti.»

Tutti e due seguirono Nikki nei suoi esercizi respiratori, dandosi il cambio nell’aiutarla a mantenere le posizioni necessarie. «Lunedì potrò tornare a scuola?» chiese lei, quando ebbe finito.

«È possibile», le rispose Angela, «ma non voglio che ci conti troppo.»

«Non voglio rimanere tanto indietro. Caroline potrebbe venire a portarmi i libri?»

Angela e David si guardarono e comunicarono senza parlare. Entrambi capivano che non potevano continuare a ingannare Nikki.

«C’è una cosa che ti dobbiamo dire riguardo a Caroline», cominciò Angela. «Ci spiace terribilmente, ma non è più con noi.»