Per essere assolutamente sicuro che in casa non ci fosse nessuno, Calhoun bussò di nuovo più forte che poté, aspettò qualche istante, poi mise di nuovo la mano sulla maniglia. Con sua grande sorpresa, la porta si aprì da sola.
«Che cosa diavolo vuole?» chiese sospettoso Van Slyke, comparso come un fantasma sulla soglia.
«Mi spiace disturbarla», disse Calhoun, dopo avere tolto il sigaro di bocca. «Ero da queste parti e ho pensato di passare da lei. Si ricorda, le avevo detto che sarei ritornato. Ho qualche altra domanda da farle. Che cosa ne dice? È un momento poco opportuno?»
«No, può andare bene. Ma ho poco tempo.»
«Non rimango mai più del tempo che mi viene spontaneamente concesso.»
Helen Beaton dovette bussare diverse volte alla porta d’ingresso dello studio di Traynor, prima di sentire i passi che si avvicinavano.
«Sono sorpresa di trovarti ancora qui», gli disse quando finalmente lui le aprì.
«Dedico talmente tanto tempo alle questioni che riguardano l’ospedale che mi tocca venire qui la sera e durante i weekend, per mandare avanti il mio lavoro», spiegò Traynor, conducendola nel proprio ufficio.
«Ho fatto fatica a trovarti.»
«Come ci sei riuscita?»
«Ho telefonato a casa tua e ho chiesto a tua moglie.»
«È stata gentile?»
«Non particolarmente», ammise Helen.
Traynor si sedette alla propria scrivania, ingombra di carte. «Non mi sorprende», commentò.
«Ti devo parlare della giovane coppia che abbiamo assunto la primavera scorsa. Si sono rivelati un disastro e sono stati licenziati tutti e due ieri. Il marito dipendeva dal CMV e lei lavorava nel nostro reparto di patologia.»
«Me la ricordo. Wadley le stava intorno come un cane in calore, al picnic del Labour Day.»
«Questo è parte del problema. Wadley l’ha licenziata e lei lo ha accusato di molestie sessuali, minacciando di fare causa all’ospedale. Ha detto che era andata a notificare la cosa a Cantor, prima di essere licenziata, e lui lo ha confermato.»
«Wadley aveva un motivo per licenziarla?»
«Secondo lui, sì. Dice che ha ripetutamente lasciato la città durante l’orario di lavoro, persino dopo che lui l’aveva espressamente avvertita di non farlo.»
«Allora non dobbiamo preoccuparci», fu il parere di Traynor. «Se lui ha avuto ragione a licenziarla, siamo a posto. Li conosco i giudici che si occuperanno del caso. Finiranno con il darle una lezione.»
«Comunque io non sono tranquilla», borbottò Helen. «E il marito, il dottor David Wilson, ha in mente qualcosa. Proprio stamattina l’ho mandato via dagli archivi. Ieri era entrato nei programmi dell’ospedale, cercando i dati sui tassi di mortalità.»
«Perché diavolo lo avrà fatto?»
«Non ne ho idea.»
«Ma tu mi hai detto che i nostri tassi di mortalità vanno bene, per cui non c’è da preoccuparsi.»
«Sono informazioni riservate», obiettò lei. «Il pubblico non sa come interpretarli e potrebbero rivelarsi un disastro per le nostre relazioni pubbliche. Proprio una cosa che non ci possiamo permettere.»
«Sì, sono d’accordo con te. Allora teniamolo alla larga dagli archivi. Non dovrebbe essere difficile, visto che non fa più parte del CMV. Ma perché lo hanno licenziato?»
«Era continuamente al livello più basso di produttività e a quello più alto nell’utilizzazione delle risorse, in particolare per quello che riguarda i ricoveri.»
«È certo che non sentiremo la sua mancanza», commentò Traynor. «Avrei voglia di mandare a Kelley una bottiglia di scotch per il favore che ci ha fatto.»
«Quei due mi preoccupano», continuò Helen. «Ieri pomeriggio sono piombati in ospedale e si sono ripresi la figlia, quella che ha la fibrosi cistica. L’anno portata via contro il parere del pediatra che la seguiva.»
«Che cosa strana! E come sta la bambina? Questa è la cosa più importante.»
«Sta bene, l’ho chiesto al pediatra.»
«Allora perché preoccuparci?»
Armata dell’elenco con i numeri della sicurezza sociale e le date di nascita dei sospetti, Angela partì per Boston per incontrare Robert Scali. Gli aveva telefonato quella mattina e, senza entrare troppo nei dettagli, gli aveva detto che aveva bisogno di vederlo.
Lo incontrò in uno dei numerosi ristorantini indiani della Central Square, a Cambridge. Si salutarono con un bacio sulle guance, poi lei spiegò subito che cosa le occorreva, porgendogli l’elenco.
«Così, vorresti un controllo al computer di queste persone?» disse lui. Poi si chinò sulla tavola e aggiunse: «Speravo che avessi motivi più personali per telefonarmi così all’improvviso. Pensavo che avessi voglia di vedermi».
Angela si sentì subito a disagio. Le altre volte che si erano rivisti, Robert non le aveva mai fatto intuire di volere riaccendere la loro vecchia fiamma.
Decise di essere molto franca: gli assicurò di essere felicemente sposata e di avere bisogno di lui soltanto per l’aiuto che le poteva dare al computer.
Se Robert si demoralizzò, non lo diede a vedere. Allungò una mano attraverso il tavolino e le strinse affettuosamente la sua, dicendo: «Mi fa piacere vederti, non importa quale sia il motivo che ti spinge qui e sarò felice di aiutarti. Che cosa vuoi, di preciso?»
Angela gli spiegò che le era avevano parlato della facilità con cui si possono ricavare informazioni sulle persone, avendo a disposizione soltanto la loro data di nascita e il numero della sicurezza sociale.
Robert rise nel modo profondo e rauco che lei ricordava bene. «Non hai idea di quanto sia vero», confermò. «Potrei scoprire tutte le volte che Bill Clinton ha usato la sua carta Visa e per fare che cosa, se soltanto lo volessi.»
«Io vorrei scoprire il più possibile riguardo queste persone», disse Angela, battendo l’indice sulla lista.
«Non potresti essere più chiara?»
«Non so, voglio sapere tutto quello che si può. Un mio amico mi ha detto che è come andare a pesca.»
«Chi è questo amico?»
«Be’, non è proprio un amico, ma ormai è come se lo fosse. Si chiama Phil Calhoun e fa l’investigatore privato. David e io l’abbiamo ingaggiato.»
A quel punto Angela fece a Robert un riassunto degli avvenimenti che l’avevano portata a intraprendere la ricerca per cui chiedeva il suo aiuto. Partì dalla scoperta del cadavere di Hodges e finì con il sospetto di uno squilibrato che praticava l’eutanasia sui pazienti dell’ospedale.
«Mio Dio!» esclamò Robert. «Mi stai rovinando l’immagine idilliaca che avevo della tranquilla vita di una cittadina di provincia.»
«È un incubo», ammise lei.
Robert prese in mano l’elenco. «Venticinque nomi faranno venire fuori un sacco di dati, spero che tu sia preparata. Sei venuta con un camion?»
«Ci interessano in modo particolare questi cinque», spiegò lei, indicando i dipendenti dell’ospedale.
«Sarà un divertimento. Le informazioni più rapide da ottenere sono quelle finanziarie, perché ci possiamo inserire facilmente in qualche banca dati che le fornisce. Sapremo tutto su carte di credito, conti correnti, trasferimenti di denaro, debiti. Poi la cosa si farà più difficile.»
«Quale sarà il passo successivo?»
«Credo che sia meglio tentare con la sicurezza sociale, ma ficcare il naso nei loro dati è un po’ più complicato. Però non è impossibile, dato che al MIT ho un amico che si occupa proprio di sicurezza informatica per vari enti governativi.»
«Pensi che ci aiuterà?»
«Peter Fong? Ma certo, se glielo chiedo io. Per quando la vuoi questa roba?»
«Per ieri», rispose Angela con un sorriso.»
«Ecco una delle cose che mi piacciono in te. Sei sempre così impaziente. Vieni, andiamo da Peter.»
L’ufficio di Peter si trovava al quarto piano di un edificio color crema al centro del campus del MIT e assomigliava più a un laboratorio elettronico che a un ufficio vero e proprio. Era ingombro di computer, tubi catodici, schermi a cristalli liquidi, cavi, registratori e altre attrezzature elettroniche che Angela non conosceva.