«Disposta. È una donna», precisò David, poi consigliò a Nikki di scavare leggermente il fondo della zucca per poterci incastrare la candela.
«E chi è questa tua amica?» domandò Angela.
«È un’oftalmologa.» David era ancora assorbito dall’operazione di sistemare la candela all’interno della zucca.
«Non mi riferivo alla sua specializzazione. Come l’hai conosciuta?»
«Alle superiori. Siamo usciti insieme qualche volta, nell’ultimo anno.»
«E da quanto tempo vive nella zona di Boston? E come si chiama?»
«Nicole Lungstrom. Si è stabilita a Boston alla fine dell’ anno scorso.»
«Non ne hai mai parlato. Come hai fatto a sapere che era venuta in città?»
«Mi ha telefonato in ospedale.» David diede una pacca su una spalla a Nikki, vedendo che era riuscita a fissare la candela, e lei corse a cercare una scatola di fiammiferi.
«Allora l’hai rivista?» insistette Angela.
«Abbiamo pranzato insieme una volta, tutto qui. Io le ho detto che era meglio non continuare a vederci, perché lei aveva qualche mira su di me. Ci siamo salutati da buoni amici.»
«Davvero?»
«Davvero.»
«Pensi che se le telefoni all’improvviso ci aiuterà?»
«A dire la verità, ne dubito. Se vogliamo approfittare della sua posizione all’interno dell’apparato sanitario dell’esercito, credo che dovrò andare da lei di persona. Non posso chiederle per telefono di violare le regole e poi farei meglio a spiegarle tutta la storia.»
«Quando pensi di andarci?»
«Oggi. Prima le telefono per essere sicuro che sia disponibile, poi vado da lei e potrei anche passare dal MIT, per prendere il materiale che ci ha procurato Robert Scali. Che cosa ne pensi?»
Angela si morse il labbro, stupita di provare un fitta di gelosia. Adesso capiva come si era sentito David. Scosse la testa e sospirò. «Chiamala.»
Si mise a raccogliere la polpa della zucca sparsa sul tavolo della cucina, mentre David andò nel salottino a telefonare. Dal tono della voce e da qualche spezzone di frase, le sembrò che fosse molto allegro, troppo.
«Tutto sistemato», le annunciò lui dopo qualche minuto. «Mi aspetta fra un paio d’ore. Per nostra fortuna, è di guardia all’ospedale.»
«È bionda?» chiese Angela.
«Sì.»
«Quello che temevo.»
Nikki aveva acceso la candela e David portò la lanterna sulla veranda, poi salì a prepararsi per il viaggio a Boston. Intanto Angela telefonò a Robert.
«Sarà interessante», replicò lui, sentendo che David sarebbe passato a prendere il materiale. Angela lo ringraziò ancora, poi tentò di nuovo di chiamare Calhoun, ma anche questa volta trovò la segreteria telefonica.
David scese indossando una giacca blu con i pantaloni grigi. Stava proprio bene.
«Era proprio il caso di metterti in ghingheri?» osservò Angela.
«Devo andare all’ospedale militare. Non è il caso di presentarmi là con i jeans e la felpa.»
«Ho riprovato a chiamare Calhoun, ma non risponde. Dev’essere rientrato tardi e uscito presto. È davvero preso da questa indagine.»
«Gli hai lasciato un messaggio?»
«No.»
«Perché?»
«Detesto le segreterie telefoniche e poi dovrebbe saperlo che vogliamo sentirlo.»
«Io penso che dovresti lasciargli un messaggio.»
«Che cosa facciamo se entro questa sera non lo sentiamo? Chiamiamo la polizia?»
«Non so proprio», ammise David. «L’idea di rivolgerci a Robertson non mi eccita.»
Quando il marito se ne fu andato, Angela si dedicò completamente a Nikki. La cosa che desiderava più di ogni altra era che sua figlia si godesse quella giornata di festa.
Spinto dalla curiosità, David passò prima da Robert Scali. Sperava che avesse il classico aspetto dell’accademico insignificante e noioso e rimase a bocca aperta nello scoprire che era un bell’uomo abbronzato e dal fisico atletico. A rendere le cose peggiori, sembrava anche molto simpatico.
Mentre si stringevano la mano, capì che anche Robert lo stava soppesando.
«Ti voglio ringraziare per l’aiuto che ci stai dando», gli disse.
«A che cosa servono gli amici, altrimenti?» Robert replicò porgendogli un’altra scatola piena di stampati.
«Ho scoperto qualcosa di nuovo per quello che riguarda l’aspetto finanziario», disse. «Werner Van Slyke ha aperto diversi conti correnti bancari nell’ultimo anno e, per farlo, si è spostato ad Albany e qui a Boston.»
«Strano. Sono tanti soldi?»
«Meno di diecimila dollari in ogni conto, probabilmente per evitare la regola che le banche devono riferire dei movimenti che superano i diecimila dollari.»
«Sono comunque un bel po’ di soldi per un uomo che dirige l’ufficio tecnico di un ospedale come quello di Bartlet.»
«Di questi tempi, direi che il nostro tipo gestisce un piccolo traffico di droga. Ma se lo fa, non dovrebbe mettere i soldi in banca. Dovrebbe seppellirli dentro a tubi in PVC, è questa la norma.»
«Ho saputo da un paio di miei pazienti adolescenti che alla scuola superiore Di Bartlet circola la marijuana», confermò David.
«Be’, al di là di quello che riuscirete a risolvere tu e Angela, potreste fare la vostra parte nel ripulire l’America dalla droga.»
David rise e ringraziò nuovamente Robert per l’aiuto.
«Fatemi sapere quando venite in città», gli disse lui. «C’è un bellissimo ristorante, l’Anago Bistro. V’invito io.»
«Lo faremo», rispose David, rivolgendogli un ultimo cenno di saluto, ma dubitava che sarebbe stato a suo agio se si fossero trovati tutti e tre insieme.
Sistemata la scatola nel bagagliaio, si diresse verso l’ospedale militare, dove arrivò in soli venti minuti, dato il poco traffico della domenica. Fece chiamare Nicole e attese nell’atrio.
Si salutarono, un po’ a disagio, ma poi David apprese che Nicole, che al tempo del loro ultimo incontro aveva divorziato da poco, aveva un nuovo amore. Questo gli fece piacere e gli permise di rilassarsi.
Si sedettero nella stanza di riposo dei medici e David raccontò subito a Nicole tutta la storia del disastroso soggiorno a Bartlet, poi le spiegò che cosa voleva da lei. «Che cosa ne dici? Secondo te è possibile ottenere quel tipo di informazioni?»
«La cosa rimarrà fra noi?» chiese lei.
«Parola d’onore. Tranne per Angela, naturalmente.»
«Questo lo supponevo», osservò Nicole, che poi rimase un po’ a pensare. Dopo qualche istante disse: «D’accordo. Se qualcuno ammazza i pazienti, allora penso che il fine giustifichi i mezzi».
David le porse il breve elenco: Devonshire, Van Slyke, Forbs, Ullhof, Maurice.
«Pensavo che te ne interessassero solo due», disse Nicole.
«Sappiamo che sono stati militari tutti e cinque e tutti e cinque hanno i tatuaggi. È meglio essere scrupolosi.»
Utilizzando le date di nascita e i numeri della sicurezza sociale, Nicole scoprì i numeri di matricola e grazie a quelli cominciò a visionare i dossier. Ci fu una sorpresa immediata: anche Forbs e Ullhof erano stati congedati per motivi di salute. Solo Claudette Maurice era arrivata normalmente alla fine della ferma.
Le diagnosi di Forbs e Ullhof erano banali: il primo aveva un problema cronico alla schiena e il secondo alla prostata.
I casi di Van Slyke e di Devonshire, invece, non erano così semplici, soprattutto il primo. Van Slyke era stato congedato con una diagnosi psichiatrica di «disordine schizo-affettivo con episodi maniacali e fantasie paranoiche nei momenti di stress».
«Buon Dio, non sono sicuro di capire», commentò David.
«Io sono un’oftalmologa», disse Nicole, «ma credo voglia dire che il tipo era schizofrenico con una forte componente maniacale.»
David la guardò ostentando ammirazione. «Ehi, si direbbe che ne sai parecchio più di me, di questa roba!»