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Scese le scale tremando e a metà strada si fermò ad ascoltare: le era parso di udire qualcosa, come dei colpi in lontananza. Decise di scoprire da dove provenivano e, quando arrivò in fondo alle scale, si fermò di nuovo. Le sembrò di udirli ancora, provenienti dalla cucina. Vi entrò e scoprì che lì il rumore era decisamente più forte. S’inginocchiò, appoggiò l’orecchio al pavimento e sentì distintamente un bussare ripetuto.

Urlò il nome del marito, poi rimise l’orecchio a terra e riuscì a malapena a cogliere la risposta di David che la chiamava per nome. Si precipitò ansante alle scale della cantina. Trovò l’interruttore e corse giù, stringendo il fucile. Ora udiva più distintamente la voce di David, ma era ancora molto attutita.

Quando si ritrovò in cantina, lo chiamò ancora e, nel sentire chiaramente la sua risposta, le salirono le lacrime agli occhi. Si fece strada fra gli oggetti accatastati, facendosi guidare dalla voce di David e, quando arrivò davanti a due porte, distinse subito quale era quella contro la quale lui stava picchiando. Però c’era un problema: il lucchetto.

Gridò a David che lo avrebbe tirato fuori di lì, poi appoggiò il fucile al muro e si guardò intorno in cerca di un attrezzo adatto. Vide il piccone, lo prese e colpì ripetutamente il lucchetto, ma senza risultato. Allora incastrò la punta dell’arnese fra il catenaccio e il legno della porta e lo usò come un piede di porco.

Spingendo con tutte le sue forze, riuscì a far staccare dal legno il catenaccio, poi aprì la porta.

David corse fuori e l’abbracciò.

«Grazie al cielo, sei arrivata!» esclamò. «C’è Van Slyke dietro a tutta questa faccenda. Ha ucciso i pazienti e anche Hodges. Proprio in questo momento è in preda a una crisi psicotica ed è armato. Dobbiamo andarcene di qua.»

«Andiamo!» Angela riprese in mano il fucile e insieme si diressero verso le scale.

Prima di cominciare a salire, David le mise una mano sul braccio e le mostrò la gettata di cemento vicino alla fossa che aveva iniziato a scavare. «Temo che Calhoun sia là sotto», le disse.

Lei rimase senza fiato.

«Vieni!» l’esortò David, dandole una piccola spinta. Salirono su per le scale. «Non ho scoperto chi sia, ma è chiaro che c’è qualcuno che paga Van Slyke. Non ho nemmeno capito come faceva a uccidere i pazienti.»

«Van Slyke è anche la stessa persona che è venuta a casa nostra ieri sera», gli rivelò Angela. «Di sopra ho trovato la maschera da rettile.»

Mentre entravano in cucina, i fari di una macchina illuminarono all’improvviso la stanza, scivolando anche sui loro visi inorriditi.

«Mio Dio, no!» esclamò David sottovoce. «È tornato!»

«Ho acceso tutte le luci», sussurrò Angela. «Capirà subito che c’è qualcosa che non va.»

Passò il fucile al marito, che lo afferrò con le mani sudate. Sentirono chiudersi la portiera, poi i passi sulla ghiaia.

David fece cenno ad Angela di retrocedere dietro la porta della cantina, che poi accostò, lasciando uno spiraglio per poter guardare in cucina.

I passi arrivarono fino alla porta posteriore, poi si fermarono improvvisamente.

Per qualche minuto di puro terrore non si udì alcun rumore. David e Angela trattennero il respiro ed entrambi pensarono che Van Slyke si stesse chiedendo perché le luci fossero accese.

Poi, con loro grande sorpresa, i passi si allontanarono fino a non essere più udibili.

«Dov’è andato?» sussurrò Angela.

«Vorrei proprio saperlo», le rispose David. «Non mi piace non sapere dov’è. Questo posto lui lo conosce fin. troppo bene. Potrebbe prenderci alle spalle.»

Angela si voltò a guardare le scale della cantina. L’idea di Van Slyke che saltava loro addosso all’improvviso le fece venire i brividi.

Per qualche minuto restarono immobili, sforzandosi di sentire ogni minimo rumore. Il silenzio della casa aveva un che di spettrale. Alla fine, David riaprì la porta e ritornò in cucina, facendo segno alla moglie di fare altrettanto.

«Forse non era Van Slyke», sussurrò Angela.

«Doveva essere lui», replicò David.

«Usciamo subito di qui. Se rimango qui troppo a lungo, ho paura che Nikki scenda dalla macchina.»

«Che cosa?» sussurrò David. «Nikki è qui?»

«Non l’ho potata lasciare da tua madre. Ha insistito per venire con me e io non avevo tempo di discutere con lei o di spiegare la situazione a Jeannie.»

«Oh, mio Dio! E se Van Slyke l’ha vista?»

«Pensi che possa averla vista?»

David fece cenno ad Angela di seguirlo. Arrivarono alla porta che dava sul cortile e l’aprirono più silenziosamente che poterono. Fuori era completamente buio. L’automobile di Van Slyke era a qualche metro di distanza, ma di lui non c’era traccia.

David disse ad Angela di rimanere ferma e scattò verso l’auto impugnando il fucile. Le girò intorno, guardando dentro attraverso i finestrini, e si assicurò che non ci fosse nessuno, poi fece cenno ad Angela di raggiungerlo.

«Evitiamo di camminare sulla ghiaia», le suggerì. «Fa troppo rumore. Rimaniamo sull’erba. Dove hai parcheggiato?»

«Proprio dietro di te.»

David andò avanti e Angela lo seguì. Quando raggiunsero la strada, videro che i loro peggiori timori si erano realizzati. Alla luce di un lampione, scorsero la sagoma di Van Slyke al posto di guida della Cherokee di Jeannie. Nikki era seduta accanto a lui.

«Oh, no!» esclamò Angela, lanciandosi istintivamente in avanti, ma David la bloccò.

Si guardarono, colmi di orrore, e lei sussurrò: «Dobbiamo fare qualcosa!»

«Dobbiamo analizzare la situazione», replicò lui, guardando la Cherokee.

«Pensi che abbia una rivoltella?» domandò Angela.

«Ce l’ha, lo so», rispose lui.

«Forse dovremmo chiedere aiuto.»

«Ci vorrebbe troppo tempo e poi Robertson e i suoi non avrebbero la più pallida idea di come gestire una situazione come questa, ammesso che ci prendano sul serio. Dobbiamo cavarcela da soli e fare allontanare Nikki quel tanto che basta per potere usare il fucile, se ne avessimo bisogno.»

Per qualche interminabile istante rimasero a fissare l’auto.

«Dammi le chiavi», disse poi David. «Magari ha chiuso le portiere dall’interno.»

«Sono in macchina», rispose Angela.

«Oh, no! Potrebbe andarsene via con Nikki.»

«Mio Dio!»

«La faccenda sta peggiorando sempre di più. Però, ci hai fatto caso? Per tutto il tempo che siamo rimasti a guardare, Van Slyke non si è mosso. L’ultima volta che l’ho visto era agitatissimo, non riusciva a stare fermo un secondo.»

«È vero. Sembra che stiano parlando con calma.»

«Se Van Slyke è distratto, noi potremmo scivolare dietro la macchina», propose David. «Poi tu potresti andare da un lato e io dall’altro. Apriamo le portiere contemporaneamente, poi tu tiri giù Nikki e io punto il fucile contro di lui.»

«Mio Dio! Non pensi che in questo modo corriamo troppi rischi?»

«Dammi un’idea migliore. Nikki deve scendere da lì prima che a Van Slyke venga in mente di andarsene con lei.»

«Va bene», accettò Angela, riluttante.

Attraversarono la strada tenendosi a una certa distanza dalla Cherokee, poi si avvicinarono da dietro, rimanendo accucciati per non farsi vedere. Alla fine arrivarono proprio dietro l’auto e si acquattarono nella sua ombra.

David avanzò piano fino a trovarsi all’altezza della portiera posteriore e sollevandosi vide che non erano state messe le sicure.

«Finalmente qualcosa che va per il verso giusto», sussurrò Angela, quando lui tornò indietro e glielo disse.