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— Un bar a ogni angolo — disse Aaron. — E una batteria di cubi ogni due bar.

Lei annuì, ridendo. Bagliori le percorsero i capelli. Aaron distolse gli occhi dalla ragnatela di luci lungo la costa buia, attratto dall’illusione di luce, di calore sul suo viso. Brevi linee si raccolsero, poi svanirono sotto i suoi occhi quando sorrise. Venticinque anni, immaginò, poi glielo chiese.

— Ventotto.

— Mi sembra poco per voltare la schiena alle tournée nel Settore.

Lei alzò le spalle. — Da un lato c’è fama e fortuna. Dall’altro la musica del Mago. — Scrutò dal finestrino la risacca spettrale. Sollevando sorpreso lo sguardo su di lei, Aaron si ritrovò a fissare l’oro sul lobo dell’orecchio e la lunga curva del collo.

— E allora sei venuta sulla Terra.

— Per ricevere un’istruzione. — La ragazza si riaccomodò sul sedile; un angolo della bocca si sollevò. — Secondo i regolamenti del GLM sulla tutela statale. Avevamo il denaro dei nostri genitori, l’assicurazione, l’accredito compensativo. Ed eravamo orfane, in un mondo mai visto prima. Ci diedero un’istruzione. Cominciai a suonare nei bar quando ancora frequentavo la scuola. Ero alta; mi truccavo il viso, uscivo la sera, e mai nessuno scoprì che non ero ancora maggiorenne.

— Ti dipingevi d’oro? Come adesso?

Per qualche motivo il suo viso si irrigidì. L’oro divenne nuovamente una maschera. — No. Questo è successo dopo. La notte in cui incontrai il Mago.

Aaron rimase in silenzio, a bocca aperta, e gli vennero in mente decine di domande. — Perché quella notte?

— Era la prima volta che ascoltavo Bach… Camminavo lungo la strada a mezzanotte, qualcuno aprì una porta e ne sgorgò una musica che non avevo mai udito prima, così la seguii e trovai il Mago. Mi unii al suo complesso e suonai i cubi per due ore. Mi chiese di rimanere, così restai.

— Siete stati amanti? — La domanda sembrò uscire dal nulla, e lo sorprese, come se a parlare fosse stato l’analizzatore. Diventò tutto rosso, poi sorrise imbarazzato alla sua risata. — Scusami. Non sono affari miei.

— No. Penso che avremmo potuto esserlo, ma avevo bisogno di lui per altre cose.

— Quali?

Lei fece un gesto vago, accigliandosi nuovamente; i suoi occhi, posati sulla vasta e tenebrosa distesa d’acqua, riflettevano il mare e sembravano nello stesso tempo familiari e enigmatici. — Lui — disse finalmente — e la sua musica… erano il luogo al quale ero tornata. Quando esci nel mondo, impari a suonare il PRM, vedi un milione di estranei di cui non saprai mai il nome, anche se loro, ognuno di loro, conosce il tuo… ci deve pur essere un luogo sicuro al quale fare ritorno. Ecco perché ho bisogno del Mago. Perché conservi per me quel luogo sicuro, quell’angolino privato di luna, dove nessuno è un estraneo, e la musica non cambia mai.

Aaron rimase in silenzio, pensando al rifugio antiatomico, il luogo sicuro in cui la vita non poteva raggiungerlo. “Cosa ti ha ferito?” pensò poi. Ma ora era lei a interrogarlo.

— Sei stato sempre un poliziòtto?

— Da dieci anni.

— Vivi con qualcuno?

— No.

— Perche no?

Si stavano avvicinando alla costa; Aaron rallentò la velocità dell’elicar e lo inclinò verso terra. Per un momento ebbe sulla lingua una risposta automatica. Poi, sorprendendo se stesso, disse: — Una volta ho amato una donna. È rimasta uccisa, sette anni fa. Da allora ho sempre vissuto da solo.

— Com’è morta? — Lui spense le luci dell’abitacolo mentre il sole sorgeva alle loro spalle. La luce incendiò il mare; il viso di lei era in ombra. La sua voce era molto bassa, quasi cupa. Aaron vide il cerchio di luci rosse che aveva sistemato sopra il rifugio e si diresse in quella direzione.

— Come?

Era entrato nel quartier generale della stazione, fischiettando; l’aria del mattino odorava di primavera. Un collega, che sorseggiava il caffè guardando il notiziario, aveva girato la testa bruscamente…

«Ehi, Fisher. Tua moglie non fa servizio nel Settore Deserto?»

Un improvviso sudore freddo gli inondò il viso; si sentì fisicamente male. Il viso della Regina di Cuori si sollevò. L’immutabile maschera d’oro, gli occhi immobili, avevano un singolare potere calmante. Ma lui non poteva dirglielo; non poteva parlare della moglie morta usando il passato remoto.

— Solo un bizzarro incidente.

Atterrarono. Aaron eseguì un controllo con la stazione di polizia, poi condusse la Regina di Cuori sotto terra. Riscaldò minestra e tramezzini, poi rintracciò nella banca dati della biblioteca i diagrammi meccanici di una spaziomobile da pattuglia del periodo del Pianto volante. Lei li esaminò attentamente, rosicchiandosi un’unghia smaltata di rosa, e prese appunti. Lui le offrì un tramezzino.

— Tieni. Dovrebbe essere migliore dello smalto per unghie.

Lei si guardò senza espressione le dita, poi prese il tramezzino, continuando a fissare lo schermo.

— Non è completo — disse improvvisamente.

— Come mai?

— Dentro la ricevente del Pianto volante ci sono due sigilli grandi come un’unghia, con sopra il marchio di Averno. Non sono riuscita a capire a cosa servono. Nel diagramma non c’è nessun sigillo.

— Ah. Semplice — disse Aaron a bocca piena. — Quando Averno vende le sue spaziomobili a privati, modifica la gamma di frequenza delle riceventi in modo che non sia possibile captare le trasmissioni della polizia o di Averno. I sigilli sono solo la prova che la ricevente è stata modificata per l’uso privato.

— Perché dovrebbero…

— Per tenere sgombro l’etere in caso di emergenza. E poi ci sono un mucchio di cose… procedure d’atterraggio, codici di pattuglia, altre informazioni estremamente riservate… che corrono sulla FA. La frequenza di Averno.

Lei diede un morso al tramezzino, masticò lentamente, sempre concentrata sul diagramma. — Quale ricevente raffigura? Quella originale, o l’altra?

— Quella modificata. Averno preferisce che i privati non sappiano neppure che esiste una FA. Quindi, per evitare migliaia di domande sui sigilli, che comunque non sono facili da individuare se non si sa dove cercare, non li indica nei diagrammi.

Lei alzò gli occhi, sorpresa. — Tu come lo sai?

— Mi piace sapere le cose. Caffè?

— Grazie. E questo posto… — Girò attorno lo sguardo, notando le costose attrezzature, l’intimità e l’immacolato ordine del rifugio. Si interruppe, chiedendosi quale menzogna o quale verità avrebbe ricevuto in risposta. Ma aggiunse solo: — È il posto in cui vieni a impararle…

Aaron si accostò al lavello e lavò le tazzine. Le lanciò un’occhiata, una volta; lei fissava il proprio riflesso sullo schermo che si oscurava, o il riflesso meno distinto dei movimenti di lui.

Tornò a occuparsi delle tazzine. Lei sfiorò la tastiera silenziosa e batté sui tasti.

Ricerca: Averno.

Le lettere cominciarono a scorrere sullo schermo, riflettendosi sul suo viso.

Carcere spaziale, satellite della Terra. Progettato da H. Kent Claus. Sovvenzionato dal Governo Libero Mondiale allo scopo di rinchiudervi ergastolani e detenuti comuni potenzialmente pericolosi. Completato nel 29 GLM. Capacità 500.000. Ulteriori informazioni non disponibili. Rivolgersi all’Ufficio Sicurezza GLM per autorizzazione e codici.

Disegno strutturale di Averno.

Informazione riservata.

Procedure di atterraggio.