Dama Gemma spalancò le labbra. Nello stesso istante, i draghi ruggirono. F’lar sentì il flusso inconfondibile del potere. Cercò istintivamente con gli occhi F’nor, al tavolo più basso. Il cavaliere marrone e tutti gli altri dragonieri avevano egualmente percepito quell’inspiegabile corrente di esultanza.
«Qualcosa che non va, dragoniere?» scattò Fax.
Ostentando la massima disinvoltura, F’lar tese le gambe sotto la tavola e assunse una posa indolente.
«Qualcosa che non va?»
«I draghi!»
«Oh, niente! Ruggiscono spesso… al tramonto, o quando passa uno storno di wherry, o all’ora del pasto.» E F’lar sorrise amabilmente al Signore delle Terre Alte. La sua vicina di tavola lanciò un breve squittìo.
«All’ora del pasto? Non li avete fatti mangiare?»
«Oh, sì. Cinque giorni fa.»
«Ah… Cinque… giorni fa? E hanno fame… adesso?» La voce della donna si spense in un bisbiglio impaurito, mentre lo guardava ad occhi sgranati.
«Fra qualche giorno,» la rassicurò F’lar. Con aria di distaccato divertimento, scrutò la Sala. Il flusso era venuto da molto vicino. O dalla stessa Sala, o poco lontano. Probabilmente da lì dentro. E s’era fatto sentire subito dopo le parole di Fax; sembrava esserne stato una conseguenza. F’lar notò che F’nor e gli altri dragonieri stavano furtivamente scrutando i volti di tutti i presenti. I soldati di Fax potevano venire esclusi, e così pure gli uomini del Connestabile. E il potere aveva un sentore indefinibilmente femminile.
Una delle donne di Fax? Per F’lar era molto difficile crederlo. Mnementh si era trovato vicino a ciascuna di loro, e nessuna aveva dimostrato di possedere una parvenza di potere e neppure d’intelligenza… con la sola eccezione di Dama Gemma.
Una delle donne della Sala. Fino a quel momento aveva visto soltanto le squallide sguattere e le vecchie che prestavano servizio agli ordini del Connestabile. La donna personale del Connestabile? Dove scoprire se ne aveva una. Una delle donne delle guardie della Fortezza? F’lar represse a stento l’intenso desiderio di alzarsi per andare a cercarla.
«Hai un servizio di guardia?» chiese distrattamente a Fax.
«Doppia, alla Fortezza di Ruatha,» rispose Fax con voce dura e tesa, che sembrava uscirgli dal profondo dei visceri.
«Qui?» Per poco F’lar non rise, mentre indicava con un gesto quel locale malamente assestato.
«Qui!» Fax cambiò argomento con un ruggito. «Servite in tavola!»
Entrarono barcollando, sotto il peso di un animale arrostito intero, cinque sguatteri; due erano donne, vestite di stracci grigio-marroni così sudici da indurre F’lar ad augurarsi che non avessero messo mano alla preparazione dei cibi. Nessuno che possedesse sia pure una traccia labile del potere sarebbe mai precipitato tanto in basso, a meno che…
L’odore che lo investì nel momento in cui il grande piatto venne posato sulla tavola lo disgustò. Puzzava di osso carbonizzato e di carne bruciata. Anche la caraffa di klah che veniva fatta passare aveva un pessimo odore. Il Connestabile affilava freneticamente i coltelli, per poter affettare in qualche modo porzioni accettabili da quella carcassa ripugnante.
Dama Gemma trattenne di nuovo il respiro, e F’lar la vide stringere le mani sui braccioli della sedia. Scorse il movimento convulso della gola di lei, nel deglutire. Anche lui del testo, non aveva nessuna voglia di incominciare quel pasto.
Gli sguatteri ricomparvero, portando vassoi di legno carichi di pane. Prima di servirlo, avevano grattato via le croste bruciate, in qualche punto le avevano tagliate. Quando vennero portati altri vassoi, F’lar cercò di vedere in faccia i servitori. Una massa di capelli opachi nascondeva il volto della sguattera che venne a offrire a Dama Gemma un piatto di legumi galleggianti in un liquido untuoso. Disgustato, F’lar frugò tra i legumi per trovare qualche boccone cotto decentemente, per servirlo a Dama Gemma. Lei lo rifiutò con un gesto, incapace di nascondere il proprio disagio.
Mentre F’lar stava per voltarsi a servire Dama Tela, si accorse che Dama Gemma stringeva convulsamente le mani sui braccioli, e comprese che non era solo nauseata da quel cibo disgustoso. Era stata colpita all’improvviso dalle doglie del parto.
F’lar lanciò un’occhiata verso Fax. Il sovrano stava osservando con una smorfia il Connestabile, il quale continuava a cercare qualche porzione decente di carne da servire.
F’lar sfiorò con la punta delle dita il braccio di Dama Gemma, e quella girò appena il volto, in modo da vederlo con la coda dell’occhio. Riuscì ad esibire un educato mezzo sorriso.
«Non oso andarmene proprio adesso, Nobile F’lar. Lui è sempre pericoloso, a Ruatha. E potrebbero anche essere false doglie. Alla mia età…»
F’lar ne dubitò, quando la vide scossa da un altro lungo tremito. Quella donna avrebbe potuto essere una magnifica Dama del Weyr, pensò, tristemente, se soltanto fosse stata più giovane.
Il Connestabile presentò a Fax, con mani tremanti, la carne affettata troppo cotta: una quantità neppure sufficiente.
Fax agitò furioso il grosso pugno, e il Connestabile ricevette in piena faccia il piatto, la carne e il sugo. Nonostante tutto, F’lar sospirò, perché senza dubbio quella porzione era l’unica mangiabile dell’intero animale.
«E tu lo chiami cibo? Tu lo chiami cibo!» urlò Fax. La voce rimbombò contro la volta nuda del soffitto e fece cadere gli insetti dalle loro tele, spezzando con le vibrazioni i fili fragilissimi. «Questa ignobile sbobba!»
F’lar si affrettò a scuotere via gli insetti caduti addosso a Dama Gemma, che in quel momento era in preda alle doglie di una contrazione fortissima.
«Non potevamo trovare altro, con un preavviso così breve,» gemette il Connestabile, le guance rigate dal sugo sanguinolento. Fax gli tirò contro la coppa, e il vino colò sul petto dell’uomo. Poi scagliò anche il piatto fumigante di radici, e l’uomo gridò, investito dal liquido bollente.
«Mio Signore, mio Signore, se avessi saputo!»
«È evidente che Ruatha non può provvedere alla visita del suo Signore. Devi rinunciarvi.» F’lar sentì la propria voce pronunciare quelle parole.
Il trauma, nell’udirle uscire dalle sue stesse labbra, non fu meno forte per lui di quanto lo fosse per tutti gli altri presenti nella Sala. Cadde il silenzio, interrotto soltanto dai tonfi degli insetti e dallo sgocciolio del brodo di radici che cadeva dalle spalle del Connestabile sulla paglia del pavimento. Si udì chiaramente lo strusciare dei tacchi degli stivali, quando Fax girò lentamente per fronteggiare il pilota bronzeo.
Mentre vinceva il proprio sbalordimento e cercava rapidamente di pensare a ciò che avrebbe potuto fare per sistemare le cose, F’lar vide F’nor alzarsi in piedi lentamente, con la mano sull’impugnatura della daga.
«Ho sentito bene?» chiese Fax, il volto privo d’espressione, gli occhi sfolgoranti.
Incapace di comprendere come avesse potuto pronunciare quella sfida avventata, F’lar ostentò una posa languida.
«Sei stato tu stesso a dire, Signore,» mormorò, «che se qualcuna delle tue Fortezze non fosse stata più in grado di provvedere a se stessa o alla visita del suo legittimo sovrano, vi avresti rinunciato.»
Fax ricambiò il suo sguardo, con un volto che tradiva molte emozioni represse, ma in cui predominava uno sfolgorio trionfale. F’lar, il viso irrigidito in un’espressione forzata d’indifferenza, stava riflettendo fulmineamente. Nel nome dell’Uovo, aveva dunque perduto il senso della discrezione?
Fingendo la massima disinvoltura, infilzò sul coltello qualche pezzo di verdura e cominciò a masticarlo. Nello stesso istante, notò che F’nor si stava guardando intorno, scrutando tutti i presenti. All’improvviso, F’lar comprese cos’era accaduto. In qualche modo, pronunciando quella frase lui, un dragoniere, aveva reagito ad un’azione segreta del potere. F’lar, il cavaliere di bronzo, veniva messo in condizione di doversi battere con Fax. Perché? A quale scopo? Per costringere quell’uomo a rinunciare alla Fortezza? Era incredibile. Tuttavia, la piega assunta dagli avvenimenti poteva avere una sola spiegazione. Nell’animo di F’lar proruppe un’esultanza intensa e quasi dolorosa. Non poteva far altro che mantenere quella posa d’indifferenza annoiata, concentrare ogni sforzo per deludere Fax, se quello avesse cercato un duello. Un duello non avrebbe avuto scopo. Lui, F’lar, non aveva tempo da perdere in cose del genere.