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«Fermati, Fax!» La voce di F’lar tagliò il silenzio, mentre il Signore delle Terre Alte levava il piede per prendere a calci quel corpo inerte.

Fax ruotò su se stesso, stringendo automaticamente la mano attorno all’impugnatura del coltello.

«Abbiamo udito e testimoniato, Fax,» lo ammonì il dragoniere, alzando una mano. «Mantieni la tua promessa!»

«Testimoniato? Dai dragonieri?» gridò Fax, con una risata irridente. «Dalle dragoniere, vuoi dire,» sbuffò, lo sguardo balenante di disprezzo, accomunandoli tutti in un ampio gesto.

Per un attimo fu colto alla sprovvista dalla rapidità con cui il coltello apparve nella mano del cavaliere bronzeo.

«Dragoniere?» chiese F’lar, con un sogghigno che gli scopriva i denti, la voce pericolosamente sommessa. Il chiarore dei lumi scintillava sulla lama della sua arma, mentre lui avanzava verso Fax.

«Donnicciole! Parassiti di Pern. Il potere del Weyr è finito per sempre.» Scese con un balzo i gradini, raccogliendosi per prepararsi a scattare.

I due antagonisti si accorgevano appena del tramestio alle loro spalle, mentre le tavole venivano scostate in fretta per dare spazio al duello. F’lar non aveva il tempo di concedere neppure un’occhiata alla figura accasciata della sguattera; eppure era certo, grazie all’istinto ed a qualcosa oltre l’istinto, che era proprio lei la fonte del potere. Lo aveva sentito quando era entrata nella Sala. Il ruggito dei draghi lo aveva confermato. Se quella caduta l’aveva uccisa… Avanzò verso Fax, balzando a lato per evitare l’avventarsi della lama, mentre l’avversario gli piombava contro con uno scatto poderoso.

Evitò facilmente quell’attacco; calcolò l’allungo delle braccia di Fax, e decise di essere leggermente avvantaggiato. Ma si disse, severamente, che si trattava d’un vantaggio di poco conto. Fax aveva una notevole esperienza in fatto di combattimenti a corpo a corpo all’ultimo sangue, mentre i suoi duelli si erano sempre conclusi al primo graffio, nel corso degli addestramenti. F’lar decise che non avrebbe dovuto avvicinarsi troppo a quell’individuo così robusto, pericoloso già per la sua stessa mole. Lui avrebbe dovuto adottare come arma l’agilità, non la forza bruta.

Fax eseguì una finta, cercando di scoprire i punti deboli di F’lar. I due si piegarono leggermente, fronteggiandosi a un paio di metri di distanza, agitando i coltelli e tenendo la mano libera protesa, a dita aperte, pronta per abbrancare.

Fax balzò di nuovo all’attacco. F’lar lo lasciò avvicinare quanto bastava per schivarlo con un guizzo all’indietro, e per sferrare nello stesso tempo un fendente. Sentì la stoffa lacerarsi sotto la punta del suo coltello, udì il ringhio dell’avversario. Fax era più agile e svelto di quanto facesse pensare la sua mole, e F’lar dovette schivare una seconda volta, mentre la lama dell’altro gli graffiava la pesante giubba di pelle di wher.

I due girarono l’uno attorno all’altro, rabbiosamente, cercando ognuno un’apertura nella guardia dell’avversario. Fax si avventò, tentando di fare del proprio peso e della propria massa un fattore di vantaggio nei confronti dell’avversario, più leggere e più svelto, bloccandolo tra la parete e la piattaforma rialzata.

F’lar contrattaccò, piegandosi al di sotto del braccio avventato di Fax, e sferrò un colpo obliquo al suo fianco. Fax lo abbrancò, tirò rabbiosamente, e F’lar si trovò intrappolato contro di lui. Si sforzò, disperatamente, di tenergli sollevato con la sinistra il braccio armato del coltello. Alzò di scatto il ginocchio e nello stesso istante si piegò per sfuggire. Indietreggiò, mentre Fax lanciava un gemito, ansimando, per l’improvviso dolore all’inguine. F’lar si allontanò agilmente: il bruciore inatteso alla spalla gli rivelò che non era uscito indenne da quella fase dello scontro.

Il viso di Fax era arrossato da una furia sanguinaria: gemeva per il dolore e lo shock. Ma F’lar non ebbe il tempo di approfittare di quel vantaggio momentaneo, perché l’altro, furibondo, si raddrizzò e lo caricò. Fu costretto a spostarsi rapidamente di lato, prima che l’altro gli fosse addosso. F’lar si portò dietro al tavolo delle carni, girandogli attorno cautamente, e provò a flettere la spalla per valutare la gravità della ferita. Il taglio bruciava come se fosse stato infetto con un ferro arroventato. Ogni movimento era doloroso, ma poteva comunque servirsi del braccio.

Improvvisamente, Fax afferrò una manciata di ritagli dal vassoio della carne e la scagliò contro F’lar. Il dragoniere la schivò, e Fax superò, di slancio, la distanza che lo separava da lui, girando attorno alla tavola. L’istinto spinse F’lar a spiccare un balzo laterale: la lama balenante dell’avversario saettò vicinissima al suo addome, mentre il suo coltello colpiva all’esterno il braccio di Fax. Immediatamente i due girarono su se stessi per fronteggiarsi: ma il braccio sinistro di Fax, adesso, penzolava inerte lungo il fianco.

F’lar si avventò, approfittando dell’occasione, mentre l’altro vacillava. Ma aveva sbagliato il calcolo; ricevette un calcio tremendo al fianco, mentre cercava di schivare un nuovo fendente. Rotolò freneticamente lontano, piegato in due per il dolore, per sfuggire all’avversario che lo stava caricando. Fax stava cercando di piombargli addosso, per inchiodarlo al suolo sotto il suo peso e per inferirgli il colpo decisivo. F’lar riuscì a rimettersi in piedi, tentando di raddrizzarsi per resistere alla carica un po’ incerta dell’altro. Fu la sua stessa posizione a salvarlo. Fax sbagliò la mira e barcollò, perdendo l’equilibrio. F’lar avventò la destra con tutte le sue forze, e la lama penetrò nella schiena indifesa del nemico, fino a che poté sentire la punta piantarsi nel pettorale.

Fax cadde piatto sul pavimento di pietra; la forza della caduta smosse il coltello piantato nello sterno, e qualche centimetro di lama insanguinata riemerse dal punto di entrata.

Un gemito sottile penetrò lo stordimento fatto di dolore e di sollievo. F’lar alzò gli occhi annebbiati dal sudore e vide le donne che si affollavano all’entrata della Fortezza. Una teneva tra le braccia una specie di involto. F’lar non riuscì ad afferrare immediatamente il significato di quella scena: sapeva solo che era molto importante, in quel momento, schiarirsi il cervello.

Abbassò lo sguardo sul morto. Non provava alcun piacere per averlo ucciso: soltanto il sollievo di essere ancora vivo. Si asciugò la fronte con la manica e si raddrizzò a fatica: il fianco era ancora dolorante per l’ultimo calcio, la spalla sinistra bruciava. Si accostò barcollando alla sguattera, che giaceva ancora dove era caduta.

La girò, delicatamente, e vide il terribile livido che si allargava sulla guancia, sotto la pelle sudicia. Sentì F’nor che prendeva in mano la situazione tumultuosa nella Sala.

Allora, tremando nonostante lo sforzo per controllarsi, posò una mano sul petto della donna, per accertarsi che il cuore battesse ancora. Batteva, lentamente ma con forza.

Un profondo sospiro gli sfuggì dalle labbra, perché il pugno o la caduta avrebbero potuto essere fatali… fatali, forse, anche per Pern.

Il suo sollievo era colorato di disgusto. Sotto quella crosta di sudiciume, non si poteva comprendere quale età avesse quella donna. La sollevò tra le braccia: era così leggera da non affaticare il suo corpo provato dal combattimento. Certo che F’nor avrebbe saputo tenere in pugno la situazione con la massima efficienza, F’lar trasportò la sguattera in camera sua.

Posò il corpo sull’alto letto, poi riattizzò il fuoco e aggiunse altro combustibile alla lampada appesa al capezzale. La gola gli si strinse per la nausea al pensiero di toccare quella massa sudicia e opoca di capelli; tuttavia, delicatamente, la scostò dal volto, girò la testa della donna da una parte e dall’altra. I lineamenti erano fini, regolari. Un braccio, lasciato scoperto dai cenci, era abbastanza pulito, al di sopra del gomito, ma segnato da lividure e da vecchie cicatrici. La pelle era salda, priva di grinze. Quando le prese le mani incrostate di sporcizia sentì che erano ben fatte, dalle ossa delicate.