Notò l’espressione guardinga del viso di Lessa, mentre si fermava nella camera da letto.
«Devo portare immediatamente Mnementh a mangiare. Quindi puoi fare il bagno per prima,» le disse. Frugò in un cassettone e prese degli indumenti puliti. Erano stati scartati dalle precedenti inquiline del suo alloggio, ma erano comunque più presentabili degli stracci che Lessa aveva addosso. Ripose nel cassettone, ripiegandola con cura, la bianca veste di lana che era l’abito tradizionale per lo Schema di Apprendimento. Lei l’avrebbe indossata più tardi. Gettò ai suoi piedi una bracciata di vestiti e un sacchetto di sabbia detergente, indicandole la tenda che nascondeva l’ingresso del bagno.
Poi se ne andò, lasciando le vesti ammucchiate ai piedi di Lessa, che non aveva neppure fatto il gesto di afferrarle al volo.
Mnementh l’informò che F’nor stava dando da mangiare a Canth e che anche lui aveva fame. E che lei non si fidava di F’lar, ma di lui, Mnementh, non aveva affatto paura.
«E perché dovrebbe avere paura di te?» chiese F’lar, «Sei cugino del wher da guardia che era il suo unico amico.»
Mnementh ribatté che lui, un drago bronzeo adulto, non aveva nessuna parentela con un wher da guardia rattrappito, strisciante, incatenato e con le ali tarpate.
«E allora perché gli hai reso un omaggio che spetta ai draghi?» domandò F’lar.
Mnementh rispose, altezzoso, che era giusto piangere la morte di una personalità così fedele e piena di abnegazione. Neppure un drago azzurro poteva negare che quel wher da guardia ruathano non aveva divulgato le informazioni confidategli, sebbene lui stesso, Mnementh, avesse cercato di costringerlo a parlare. Inoltre, riuscendo a interrompere lo slancio che l’avrebbe portato addosso a F’lar, a costo della propria vita, il wher si era innalzato al livello di un coraggio degno di un drago. Era logico che i draghi avessero reso omaggio al suo trapasso.
Soddisfatto di avere punzecchiato il suo bronzeo, F’lar ridacchiò tra sé. Con grande dignità, Mnementh discese verso il suo pasto.
F’lar si lasciò cadere a terra, mentre il drago restava librato a poca distanza da F’nor. L’urto contro il suolo gli ricordò che avrebbe fatto meglio a farsi medicare la ferita dalla ragazza. Rimase a guardare, mentre il drago bronzeo piombava sul maschio più grasso del terrorizzato branco di capre.
«La Schiusa è attesa da un momento all’altro,» disse F’nor al fratello; sogghignò, accosciandosi al suolo. I suoi occhi brillavano per l’eccitazione.
F’lar annuì, pensieroso.
«Ci sarà una scelta molto ampia, per i maschi,» riconobbe; sapeva che F’nor stava tenendo per sé una notizia più interessante.
Guardarono entrambi Canth, il drago marrone di F’nor, che adocchiava una giumenta. Canth afferrò di precisione con una zampa la bestia che si dibatteva e si levò in volo, appollaiandosi su di un cornicione libero per banchettare.
Mnementh divorò la prima carcassa e poi planò di nuovo sul branco, verso i recinti più lontani. Scelse un pesante uccello corridore e lo sollevò tra gli artigli. F’lar osservò la sua ascesa, e come sempre si inorgoglì nel vedere il battito agile delle grandi ali, il gioco dei raggi del sole sulla pelle bronzea, il lampeggiare degli artigli argentei, sguainati per l’atterraggio. Non si stancava mai di guardare Mnementh in volo, di ammirarne l’eleganza e la forza.
«Lytol è rimasto sconvolto per l’onore,» osservò F’nor. «E ti manda i suoi omaggi. Se la caverà bene, a Ruatha.»
«È stato scelto per questo,» brontolò F’lar; ma era soddisfatto della reazione di Lytol. La reggenza di una Fortezza non poteva compensare la perdita del drago: ma era comunque un ’incarico molto onorevole.
«C’è stato molto entusiasmo, nelle Terre Alte,» continuò F’nor, con un largo sorriso. «E un dolore sincero per la morte di Dama Gemma. Sarà interessante vedere quale degli aspiranti si assicurerà il titolo.»
«A Ruatha?» chiese F’lar, aggrottando la fronte per fissare il fratellastro.
«No. Nelle Terre Alte e nelle altre Fortezze conquistate da Fax. Lytol porterà la sua gente per proteggere Ruatha e per dissuadere qualsiasi esercito che progettasse di attaccarla. Sapeva che molti, nelle Terre Alte, preferivano cambiare Fortezza, anche se Fax non regna più su quelle zone. Aveva intenzione di convocarli tutti a Ruatha, in modo che i nostri uomini possano raggiungerci al più presto.»
F’lar fece un cenno di approvazione, poi si volse a salutare altri due uomini del suo squadrone, due piloti azzurri, che scendevano con i loro draghi verso il campo del pasto. Mnementh ridiscese per andare a catturare un altro uccello.
«Mangia leggero,» osservò F’nor. «Canth si sta ancora ingozzando.»
«I draghi marrone crescono più lentamente,» mormorò F’lar, e notò soddisfatto che negli occhi dell’altro era balenato un lampo di rabbia. Così avrebbe imparato a non dargli subito le notizie.
«R’gul e S’lel sono ritornati,» annunciò finalmente il cavaliere marrone.
I due draghi azzurri avevano scatenato il terrore nel branco; le bestie correvano di qua e di là, tra versi assordanti.
«Gli altri sono stati richiamati,» continuò F’nor. «Nemorth, ormai, è quasi irrigidita.» Poi non riuscì più a trattenersi. «S’lel ne ha portate due. R’gul cinque. Volitive, dicono, e graziose.»
F’lar non disse nulla. Aveva previsto che quei due avrebbero portato più di una candidata. Potevano portarne anche centinaia, se volevano. Lui, F’lar, il cavaliere bronzeo, ne aveva portata una sola: ma quella sarebbe stata la vincitrice.
Esasperato nel vedere che le sue notizie avevano fatto così scarso effetto, F’nor si alzò.
«Avremmo dovuto tornare indietro a prendere quella a Crom, e quella graziosa…»
«Graziosa?» ribatté F’lar, inarcando sdegnosamente un sopracciglio. «Anche Jora era graziosa,» sibilò, cinico.
«K’net e T’bor portano delle aspiranti dall’occidente,» aggiunse in fretta F’nor, preoccupato.
Il grido, lacerato dal vento, che annunciava il ritorno dei draghi passò nell’aria. I due uomini levarono la testa verso il cielo, e videro le doppie spirali di due squadroni che rientravano, forti di venti animali.
Mnementh alzò la testa, ululando. F’lar lo chiamò, e fu lieto che il bronzeo non contestasse il suo richiamo, benché si fosse nutrito in modo molto leggero. Salutò amabilmente il fratello, salì sulla zampa protesa di Mnementh, gli si issò sul collo e ritornò alla sua caverna.
Il drago continuava a singultare distrattamente, mentre percorrevano la corta galleria che portava alla grotta interna. Si diresse a passi pesanti verso il giaciglio incavato e si sistemò sulla pietra. Non appena Mnementh si fu disteso ed ebbe posato comodamente la testa appuntita, F’lar gli si avvicinò. Il drago lo guardò con l’occhio più vicino; le sfaccettature scintillarono, cangianti, le palpebre interne si chiusero gradualmente mentre l’uomo grattava delicatamente l’arcata sopraccigliale del colosso.