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«Si ammucchiano le pietre, i fuochi ardono, / ed il verde avvizzisce: armate Pern.»

Un altro enigma. C’era qualcuno che ammucchiava le pietre sui fuochi? Era un’allusione alle pietre focaie? O erano le pietre che si ammucchiavano da sole formando valanghe? L’autore della ballata avrebbe almeno potuto indicare la stagione di quegli avvenimenti… O forse l’aveva fatto, dicendo che «il verde avvizzisce»? Eppure si sapeva che la vegetazione attirava i Fili; secondo la tradizione, era per quel motivo che non dovevano esserci piante attorno agli insediamenti umani. Ma le pietre non potevano impedire a un Filo di insinuarsi sottoterra e di moltiplicarsi. Solo le emissioni di fosfina di un drago che mangiasse pietre focaie potevano arrestare i Fili. E in quei giorni, pensò Lessa con un sorriso acre, nessuno, neppure i dragonieri — con la cospicua eccezione di F’lar e dei suoi uomini — si prendeva il disturbo di compiere esercitazioni con le pietre focaie, o di sradicare l’erba nei pressi delle case. In quegli ultimi tempi le vette delle colline, che per secoli erano state mantenute spoglie, in primavera venivano lasciate a coprirsi di un verde lussureggiante.

«Guardate tutti i passi.»

Lessa incise la frase con lo stilo, pensando: Quindi nessun dragoniere può lasciare il Weyr di nascosto.

L’attuale politica di inazione di R’gul, nella sua qualità di Comandante del Weyr, era basata sull’idea che se nessuno, Signore o suddito, vedeva un dragoniere, nessuno si sarebbe offeso. Ormai, persino i tradizionali voli di pattugliamento venivano compiuti su zone disabitate, nella speranza che si spegnesse il risentimento nei confronti del Weyr «parassitario». Fax, il cui aperto dissenso aveva dato l’avvio a quel movimento, non aveva portato con sé nella tomba la propria causa. Si diceva che adesso ne fosse capo Larad, il giovane Signore di Telgar.

E il Comandante del Weyr era R’gul. Era una cosa che irritava profondamente Lessa. Quell’uomo era così clamorosamente inadatto! Ma il suo Hath aveva accompagnato Nemorth nell’ultimo volo nuziale. Secondo la tradizione (e quella parola cominciava a dare la nausea a Lessa per tutti i peccati di omissione commessi nel suo nome), il Comandante del Weyr era il pilota del compagno della regina. Oh, R’gul ne aveva l’aspetto adatto: un uomo grande e grosso, dal fisico vigoroso e imponente, con un volto massiccio che faceva pensare a una personalità austera e disciplinata. Però, secondo Lessa, quella disciplina era molto male orientata.

Invece F’lar… aveva disciplinato se stesso e i suoi uomini nella direzione che Lessa riteneva giusta. A differenza del Comandante del Weyr, non soltanto credeva sinceramente nelle Leggi e nelle Tradizioni da lui seguite: le capiva. Ogni tanto, lei era riuscita a indovinare qualcosa di sconvolgente da una o due frasi che F’lar le aveva lanciato. Ma, secondo la tradizione, spettava solo al Comandante del Weyr istruire la Dama del Weyr.

Ma perché, in nome dell’Uovo, non era stato Mnementh, il gigante bronzeo di F’lar, ad accompagnare Nemorth nel volo nuziale? Hath era un nobile animale, nel suo pieno vigore, ma non reggeva il confronto con Mnementh per dimensioni, forza e apertura d’ali. Vi sarebbero state più di dieci uova nell’ultima covata di Nemorth, se fosse stato Mnementh ad accompagnarla nel volo nuziale.

Jora, la defunta e non compianta Dama del Weyr, era stata una donna obesa, stupida e incapace. Su questo erano tutti d’accordo. Sicuramente, il drago rispecchiava il suo cavaliere, come questi rispecchiava il drago. I pensieri di Lessa assunsero una piega critica. Senza dubbio, Mnementh aveva provato ripugnanza per Nemorth come F’lar doveva provarla per la pilota… per la non-pilota, si corresse Lessa, lanciando un’occhiata sarcastica a S’lel che aveva ripreso a sonnecchiare.

Ma se F’lar si era assunto quel duello disperato con Fax per salvare la vita a Lessa, nella Fortezza di Ruatha, e per portarla al Weyr quale candidata per lo Schema di Apprendimento, perché non si era impadronito del Weyr quando lei aveva vinto, perché non aveva spodestato R’gul? Che cosa stava aspettando? Aveva saputo essere abbastanza veemente e persuasivo da indurre Lessa ad abbandonare Ruatha ed a recarsi al Weyr di Benden. E allora perché, adesso, adottava quell’atteggiamento di distacco, mentre il Weyr precipitava sempre di più nell’impopolarità?

«Per salvare Pern,» aveva detto F’lar. Da che cosa, se non da R’gul? F’lar avrebbe fatto meglio a dare inizio alle misure per il salvataggio. O preferiva aspettare che R’gul commettesse un errore decisivo? Ma R’gul non ne avrebbe commessi, pensò acida Lessa, perché non avrebbe fatto niente. E soprattutto, non le avrebbe spiegato ciò che lei voleva sapere.

«Osservate la Pietra della Stella e il ciel scrutate.» Dal suo cornicione, Lessa poteva vedere il rettangolo gigantesco della Pietra della Stella profilato contro il cielo. Accanto ad esso c’era sempre un pilota di guardia. Un giorno lei era salita fin lassù. Si godeva una splendida vista della Catena di Benden e dall’alto pianoro che giungeva fino ai piedi del Weyr. Il Giro prima c’era stata una solenne cerimonia, alla Pietra della Stella, quando il sole sorgente era sembrato posarsi un attimo sulla Roccia del Dito, segnando il solstizio d’inverno. Ma questo spiegava solo il significato della Roccia del Dito, non della Pietra della Stella. Ecco un altro mistero inspiegabile.

«Preparate i Weyr,» scrisse irritata Lessa. Plurale. Non il Weyr, ma i Weyr. R’gul non poteva negare che su Pern vi erano cinque Weyr deserti abbandonati ormai da chissà quanti Giri. Lei aveva dovuto impararne i nomi, e l’ordine in cui erano stati fondati. Fort era il primo e il più potente, poi Benden, Terre Alte, Igen l’Ardente, Ista dell’Oceano e Telgar. Ma nessuno spiegava perché cinque di essi fossero stati abbandonati, né perché il grande Weyr di Benden, capace di ospitare cinquecento draghi nelle sue caverne, ne aveva a malapena duecento. Ovviamente, R’gul aveva raccontato alla nuova Dama del Weyr la scusa più comoda: Jora si era dimostrata incompetente e nevrotica, e aveva lasciato che la regina dei draghi si rimpinzasse nel modo più sfrenato. (Nessuno aveva detto a Lessa perché questo fosse considerato tanto disdicevole, né perché, contraddicendosi, tutti fossero soddisfatti quando Ramoth si rimpinzava.) Certo, Ramoth cresceva; cresceva così in fretta che i cambiamenti si potevano vedere da un giorno all’altro.

Lessa ebbe un sorriso di tenerezza che neppure la presenza di R’gul e di S’lel poteva frenare. Alzò gli occhi verso la galleria che dalla Sala del Consiglio conduceva alla grande caverna in cui alloggiava Ramoth. Sentiva che Ramoth era ancora immersa in un sonno profondo. Desiderava che il drago si svegliasse, desiderava scorgere lo sguardo rassicurante di quegli occhi d’arcobaleno, la consolante compagnia che le rendeva sopportabile la vita nel Weyr. Qualche volta, Lessa aveva la sensazione di essere due persone: una gaia e realizzata quando si occupava di Ramoth; una grigia e frustrata quando il drago dormiva. Troncò di colpo quella riflessione avvilente e si applicò con diligenza al suo compito. Serviva a far trascorrere il tempo.

«Passa la Stella Rossa.»