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«E come ci arrivate?» chiese Lessa, bruscamente. Poteva esserci soltanto una spiegazione.

«Oh! Ci portano i vecchi. A loro non dispiace, e in questo modo le bestie possono fare qualcosa senza stancarsi troppo. Ma tu lo sapevi, non è vero?»

«Che le donne delle Caverne Inferiori volano con i cavalieri dei draghi?» Lessa sporse le labbra, incollerita. «No. Non me l’avevano detto.» Il suo umore non migliorò nello scorgere la pietà e il rammarico negli occhi di Manora.

«Nella tua qualità di Dama del Weyr,» disse la donna più anziana, dolcemente, «i tuoi doveri ti trattengono dove…»

«Se chiedessi di venire portata in volo a… a Ruatha, per esempio,» l’interruppe Lessa, insistendo implacabile su un argomento che, lo sentiva, Manora avrebbe preferito lasciar cadere. «Mi verrebbe rifiutato?»

Manora la fissò attenta, con occhi oscurati dalla preoccupazione. Lessa attese. L’aveva posta volutamente in una situazione in cui sarebbe stata costretta a mentire nel modo più sfacciato, una cosa inaccettabile per una persona così onesta; oppure a prevaricare, il che sarebbe stato ancor più istruttivo.

«Un’assenza in questi giorni, per qualunque ragione, potrebbe essere disastrosa. Assolutamente disastrosa,» ripeté Manora in tono fermo; ma nello stesso tempo arrossì. «La regina cresce così in fretta. Tu devi restare qui.» Quella supplica inaspettatamente concitata, proferita con ansia crescente, colpì Lessa più di tutti i pomposi discorsi di R’gul sulla necessità di stare sempre vicina a Ramoth.

«Devi restare qui,» ripeté ancora Manora, senza nascondere la propria paura.

«Le regine non volano,» le ricordò Lessa in tono acido. Sospettava che Manora stesse per dare alla sua osservazione la stessa risposta che le aveva dato S’lel, ma la donna, all’improvviso, passò ad un argomento meno pericoloso.

«Non possiamo farcela, neppure con razioni dimezzate,» sbottò, ansimante, spostando con gesti nervosi le tavolette, «a superare il periodo freddo.»

«Non c’è stata mai una simile scarsità di viveri prima d’ora… in tutta la Tradizione?» domandò allora Lessa, con una dolcezza bruciante.

L’altra alzò su di lei uno sguardo interrogativo, e Lessa arrossì, vergognandosi di avere sfogato le sue frustrazioni con la sovrintendente. Si sentì doppiamente pentita quando capì che Manora aveva accettato le sue scuse tacite. E, in quell’istante, Lessa decise incrollabilmente di porre fine al dominio di R’gul su lei stessa e sul Weyr.

«No,» proseguì Manora, con calma. «Secondo la tradizione,» e rivolse a Lessa un sorriso malizioso, «il Weyr viene rifornito dei prodotti migliori della terra e della caccia. Negli ultimi Giri, è vero, abbiamo avuto carenze croniche, ma non avevano molta importanza. Non avevamo draghi giovani da sfamare. Mangiano parecchio, lo sai.» Gli sguardi delle due donne s’incontrarono nell’eterno, femmineo divertimento suscitato dal pensiero dei piccoli affidati alle loro cure. Poi Manora alzò le spalle. «I cavalieri portavano i loro animali a caccia nelle Terre Alte o nel pianoro di Keroon. Ma adesso…»

Fece una smorfia d’impotenza, per indicare che le restrizioni imposte da R’gul li avevano privati di quel sistema per procurarsi le vettovaglie.

«Un tempo,» continuò poi, con voce addolcita dalla nostalgia, «passavamo la parte più fredda del Giro in una delle Fortezze meridionali. Oppure, se volevamo e potevamo farlo, facevamo ritorno ai nostri luoghi natali. Le famiglie erano molto fiere delle figlie che avevano dato una discendenza ai dragonieri.» Un’espressione di tristezza segnò il volto della donna. «Ma il mondo gira ed i tempi cambiano.»

«Sì.» Lessa udì la propria voce che parlava in toni stridenti. «Il mondo gira, e i tempi… i tempi cambieranno.»

Manora la fissò, sorpresa.

«Persino R’gul si renderà conto che non abbiamo alternative,» continuò poi, in fretta, cercando di non consentire divagazioni dal suo problema.

«A che cosa? A lasciar cacciare í draghi adulti?»

«Oh, no. Su questo non è disposto a transigere. No. Dovremo fare qualche baratto a Fort o a Telgar.»

Una sacrosanta indignazione invase Lessa.

«Il giorno in cui il Weyr sarà costretto a comprare ciò che dovrebbe ricevere in dono…» S’interruppe a metà della frase, sbigottita tanto da quella necessità quanto dall’eco malaugurante di altre parole. «Il giorno in cui una delle mie Fortezze non potrà provvedere a se stessa o alla visita del suo legittimo sovrano…» Le parole di Fax le risuonarono nella mente. Preannunciavano ancora una catastrofe? Ma per chi? Per che cosa?

«Lo so, lo so,» stava dicendo preoccupata Manora, senza accorgersi del turbamento di Lessa. «È contrario a tutte le nostre abitudini e a tutti i nostri sentimenti. Ma se R’gul non permetterà che si vada a caccia, non ci resterà altra scelta. Non piaceranno neppure a lui i morsi della fame.»

Lessa si stava sforzando di dominare quel suo terrore istintivo. Trasse un profondo respiro.

«Probabilmente si taglierebbe la gola per isolare lo stomaco,» scattò. Quel commento sarcastico le restituì la lucidità. Ignorò l’espressione sbigottita dell’altra donna e proseguì. «Secondo la tradizione, spetta a te, nella tua qualità di sovrintendente delle Caverne Inferiori, sottoporre questi problemi all’attenzione della Dama del Weyr, è esatto?»

Manora annuì, sconcertata dai fulminei mutamenti d’umore della sua interlocutrice.

«Quindi, io, nella mia qualità di Dama del Weyr, li sottopongo all’attenzione del Comandante del Weyr il quale, presumibilmente…» Lessa non cercò neppure di moderare il suo sarcasmo, «agisce di conseguenza?»

Manora annuì ancora, perplessa.

«Bene,» fece Lessa, con un tono leggero e gentile. «Tu hai compiuto con diligenza il tuo dovere tradizionale. Adesso tocca a me compiere il mio. Giusto?»

L’altra la scrutò, cautamente. Lessa le rivolse un sorriso rassicurante.

«Allora puoi lasciare che me ne occupi io.»

Manora si alzò, adagio, cominciò a raccogliere le tavolette dell’inventario senza toglierle lo sguardo di dosso.

«Dicono che Fort e Telgar abbiano avuto raccolti eccezionalmente ricchi,» suggerì, con un tono che non riusciva a mascherare la sua ansia. «Ed anche Keroon, nonostante l’inondazione.»

«Davvero?» mormorò educatamente Lessa.

«Sì,» continuò speranzosa Manora. «E le mandrie di Keroon e di Tillek sono aumentate di numero.»

«Ne sono lieta per loro.»

Manora le lanciò un’occhiata scrutatrice, per nulla tranquillizzata da quell’inattesa affabilità. Finì di riassestare le tavolette dell’inventario, poi le depose di nuovo, in un mucchio ordinato.

«Hai notato che K’net e i suoi cavalieri scalpitano per le restrizioni di R’gul?» domandò, fissando attenta Lessa.

«K’net?»

«Sì. E il vecchio C’gan. Oh, ha ancora la gamba irrigidita, e Tagath è ormai più grigio che azzurro per la vecchiaia, ma è pur sempre della covata di Lidith. Quest’ultima covata ha dato animali magnifici,» osservò. «E C’gan ricorda giorni migliori…»

«Prima che il mondo girasse e i tempi cambiassero?»

Il tono dolce di Lessa, questa volta, non riuscì a trarre in inganno Manora.

«Non è soltanto come Dama del Weyr che tu piaci ai dragonieri, Lessa di Pern.» disse seccamente Manora, con aria severa. «Vi sono parecchi cavalieri marroni, per esempio…»

«F’nor?» chiese pronta Lessa.

Manora si raddrizzò, con orgoglio.

«È un uomo fatto, Dama del Weyr, e noi delle Caverne Inferiori abbiamo imparato a non tener conto dei vincoli del sangue e dell’affetto. Te lo raccomando come cavaliere marrone, non come il figlio che ho partorito. Sì, ti raccomando F’nor, come ti raccomanderei anche T’sum e L’rad.»