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Ramoth si lagnò del prurito che le tormentava la cresta dorsale sinistra.

«Sta sfogliandosi di nuovo la pelle,» le disse Lessa, e si affrettò a spargere olio balsamico sul punto indicato. «Cresci così in fretta,» aggiunse, con affettuosa ironia.

Ramoth ripeté che il prurito era tremendo.

«O mangi meno per dormire un po’ meno, o la finisci di crescere tanto in fretta da perdere la pelle da un giorno all’altro.»

Prese a cantilenare, con diligenza, mentre spalmava l’olio.

«Il drago giovane deve essere unto tutti i giorni, perché la crescita rapida, nella prima fase dello sviluppo, può forzare i fragili tessuti cutanei, rendendoli sensibili e doloranti.»

Fanno prurito, la corresse Ramoth, petulante, agitandosi.

«Zitta là. Sto solo ripetendo quello che mi hanno insegnato.»

Ramoth lanciò uno sbuffo veramente degno di un drago, che incollò per un attimo la veste attorno alle gambe di Lessa.

«Zitta. Il bagno quotidiano è obbligatorio, e le abluzioni devono essere accompagnate da una scrupolosa unzione. La pelle chiazzata diventa cuoio imperfetto nel drago adulto. Il cuoio imperfetto può screpolarsi, e questo può essere fatale all’animale in volo.»

Non smettere di massaggiarmi, supplicò Ramoth.

«In volo! Proprio!»

Ramoth informò Lessa di avere tanta fame. Non poteva rimandare bagno e unzione a più tardi?

«Non appena quella caverna che hai al posto della pancia è piena, ti viene un sonno tale che fatichi a trascinarti. Sei diventata troppo grossa, ormai, perché sia possibile trasportarti.»

La risposta stizzita di Ramoth venne interrotta da una risata sommessa. Lessa si girò di scatto, dominando a stento l’irritazione che provò nello scorgere F’lar appoggiato con aria indolente all’arcata della galleria che portava al cornicione.

Evidentemente era stato in volo di pattugliamento, perché indossava ancora la pesante tenuta di pelle di wher. La tunica rigida aderiva al torace piatto, disegnava le gambe lunghe e muscolose. Il volto, ossuto ma bello, era ancora arrossato dal tremendo freddo del mezzo. Gli occhi bizzarramente ambrati brillavano di divertimento e, aggiunse Lessa, anche di presunzione.

«Sta crescendo magnificamente,» osservò F’lar, e si avvicinò al giaciglio di Ramoth, rivolgendole un lieve inchino.

Lessa sentì che Mnementh, posato sul cornicione, stava inviando un saluto alla giovane regina.

Ramoth girò gli occhi verso F’lar, con aria civettuola. Il sorriso d’orgoglio possessivo sulle labbra di quell’uomo fece infuriare doppiamente Lessa.

«La scorta è arrivata in tempo per augurare il buongiorno alla regina.»

«Buon giorno, Ramoth,» disse F’lar, obbediente. Poi si raddrizzò, battendosi contro la coscia i guanti spessi.

«Hai interrotto il volo di pattugliamento?» chiese Lessa, con un dolce tono di scusa.

«Non importa. Un volo d’ordinaria amministrazione,» rispose F’lar, imperturbabile. Girò attorno a Lessa per guardare meglio la regina. «È già più grossa della maggior parte dei draghi marrone. A Telgar ci sono state mareggiate, maree fortissime e inondazioni. E l’acqua, nelle paludi lasciate a Igen dalla marea, arriva all’altezza dei draghi.» Ebbe un sogghigno abbagliante, come se quelle catastrofi lo rallegrassero.

Poiché F’lar non diceva mai nulla senza uno scopo preciso, Lessa archiviò mentalmente quelle parole. Anche se lui sapeva rendersi esasperante, preferiva la sua compagnia a quella di tutti gli altri dragonieri.

Ramoth interruppe le riflessioni di Lessa con un rimprovero risentito: Visto che doveva fare il bagno prima di mangiare, potevano sbrigarsi prima che morisse di fame?

Lessa udì il rombo divertito di Mnementh, all’esterno della grotta.

«Mnementh dice che faremmo meglio ad accontentarla,» osservò F’lar, in tono indulgente.

Lessa frenò a fatica l’impulso di ribattere che era perfettamente in grado di sentire quello che aveva detto Mnementh. Un giorno o l’altro sarebbe stato un piacere, per lei, godersi la reazione sbalordita di quell’uomo, quando avesse saputo della sua facoltà di comunicare con tutti i draghi del Weyr.

«L’ho trascurata in modo vergognoso,» disse invece, con aria contrita.

Vide che F’lar stava per risponderle; ma poi si arrestò, socchiudendo per un attimo gli occhi ambrati. Con un sorriso affabile, le accennò di precederlo.

Un impulso maligno spinse Lessa a ripromettersi che avrebbe buttato l’amo a F’lar, non appena fosse possibile. Un giorno o l’altro sarebbe riuscita a spuntarla, e allora gliel’avrebbe fatta pagare. Ma ce ne sarebbe voluta. F’lar era molto sveglio.

I tre raggiunsero Mnementh sul cornicione. Il drago bronzeo aleggiò con fare protettivo al di sopra di Ramoth che scivolava goffamente verso l’estremità più lontana della Conca ovale. Il vapore che si levava dall’acqua riscaldata del laghetto, si apriva, diviso dall’ampiezza delle ali sgraziate di Ramoth; era cresciuta tanto in fretta che non aveva avuto il tempo di coordinare muscoli e massa. Mentre F’lar la faceva accomodare sul collo di Mnementh per la breve discesa a volo, Lessa seguì con lo sguardo ansioso la giovane, goffa regina.

Le regine non volano perché non possono, disse a se stessa con amara sincerità, confrontando la discesa grottesca di Ramoth con l’agile planata di Mnementh.

«Mnementh dice di tranquillizzarti, perché diventerà più aggraziata quando sarà cresciuta del tutto,» le mormorò all’orecchio la voce divertita di F’lar.

«Ma anche i giovani maschi crescono in fretta e non sono certo così…» Lessa s’interruppe. Non voleva ammettere niente, di fronte a quel F’lar.

«Non diventano così grossi, e poi si esercitano di continuo…»

«… a volare!» Lessa balzò su quella parola e poi, scorgendo l’espressione del cavaliere bronzeo, non disse altro. Era pronto quanto lei, quando si trattava di scambiarsi punzecchiature.

Ramoth si era già immersa e stava aspettando, spazientita, di venire pulita con la sabbia. La cresta dorsale sinistra prudeva in modo abominevole. Premurosa, Lessa cominciò a spargere in quel punto una manciata di sabbia.

No, la sua esistenza al Weyr non era diversa da quella che era stata a Ruatha. Il suo compito era sempre quello di pulire. E ogni giorno Ramoth diventava più grande, e il compito diventava sempre più faticoso, pensò mentre mandava finalmente l’animale dorato nell’acqua profonda, perché si risciacquasse. Ramoth sguazzò, immergendosi fino alla punta del naso. Gli occhi, velati dalle sottili palpebre interne, brillavano appena sotto la superficie, come gemme acquatiche. Ramoth si girò, languidamente, e piccole onde vennero a lambire le caviglie di Lessa.

Quando Ramoth usciva all’aperto, ogni attività s’interrompeva. Lessa scorse le donne che si affollavano all’ingresso delle Caverne Inferiori, gli occhi spalancati, affascinati. I draghi stavano appollaiati ai loro posti sui cornicioni, o volavano in cerchio, pigramente. Anche i giovani, i ragazzi e i draghetti, uscivano incuriositi dai quartieri dei campi d’addestramento.

Sulle alture, accanto alla Pietra della Stella, un drago lanciò un barrito improvviso. Poi scese in un volo a spirale, portando sul collo la sua guida.

«Le dècime, F’lar! C’è un convoglio al passo,» annunciò il cavaliere azzurro, con un ampio sorriso, fino a quando non fu deluso dalla calma con cui il dragoniere aveva accolto la buona notizia.

«Ci penserà F’nor,» disse F’lar, in tono indifferente. Obbediente, il drago azzurro si risollevò per condurre il suo cavaliere dal comandante in seconda.

«Chi può essere?» chiese Lessa a F’lar. «Le dècime delle tre Fortezze fedeli sono già arrivate.»

F’lar attese fino a quando vide F’nor, issato sul collo di Canth, sorvolare il limitare del Weyr, seguito da parecchi cavalieri verdi dello squadrone.