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A sua volta, F’lar notò i molti, ricchi anelli scintillanti alle dita della mano sinistra di Fax. La destra era rimasta lievemente inclinata, secondo l’abitudine del guerriero di professione. La tunica, di tessuto prezioso, era macchiata, non troppo fresca. I piedi calzati di pesanti stivali di pelle di wher erano saldamente piantati al suolo; il suo peso era equilibrato in avanti, sulla punta delle dita. Era un uomo da trattare con cautela, decise F’lar, come si conveniva al conquistatore di cinque Fortezze confinanti. Quell’audacia avida era già una rivelazione in se stessa. Fax ne aveva acquisita una sesta per matrimonio, e aveva ereditato legalmente una settima, per quanto in circostanze molto insolite. E godeva la reputazione di uomo molto libertino. In quelle sette Fortezze, pensò F’lar, avrebbe potuto condurre una Cerca fruttuosa. R’gul poteva pure andarsene a svolgere la sua Cerca a Sud, tra quelle donne indolenti, anche se incantevoli. Il Weyr, questa volta, aveva bisogno di una donna forte; Jora era stata peggio che inutile con Nemorth. L’avversità e l’incertezza erano le condizioni in cui si forgiavano le qualità che F’lar più desiderava in una Dama del Weyr.

«Siamo impegnati nella Cerca,» dichiarò gentilmente F’lar. «E chiediamo l’ospitalità della tua Fortezza, Nobile Fax.»

Fax socchiuse impercettibilmente gli occhi, appena sentì parlare della Cerca.

«Avevo sentito dire che Jora era morta,» rispose Fax, smettendo bruscamente di usare la terza persona, come se F’lar, ignorandola, avesse superato una specie di prova. «Così, Nemorth ha deposto un uovo da cui nascerà una regina, hum?» continuò, mentre il suo sguardo sfrecciava sullo schieramento dello squadrone, valutando la disciplina dei piloti, il colorito sano dei draghi.

F’lar non si degnò di rispondere a una domanda così ovvia.

«E, Nobile…» Fax esitò, inclinando lievemente la testa, con aria d’attesa, in direzione del dragoniere.

Per un attimo breve quanto un battito del cuore, F’lar si chiese se quell’uomo lo stesse provocando volutamente con questi insulti sottili. I nomi dei cavalieri bronzei avrebbero dovuto essere conosciutissimi in tutto Pern, come il nome della Regina dei draghi e della sua Dama del Weyr, F’lar conservò un’espressione composta, gli occhi fissi in quelli di Fax.

Tranquillamente, con una ben calcolata sfumatura di arroganza, F’nor si fece avanti e si fermò un poco più indietro della testa di Mnementh, sfiorando negligentemente con una mano la giuntura della mascella dell’enorme animale.

«Il cavaliere bronzeo di Mnementh, il Nobile F’lar, avrà bisogno di un alloggio personale. Io, F’nor, cavaliere marrone, preferisco essere alloggiato insieme agli altri. In tutto, siamo dodici.»

F’lar apprezzò l’elegante allusione di F’nor, che poneva in risalto la forza dello squadrone, come se Fax fosse stato incapace di contare. E F’nor aveva formulato la frase con abilità estrema, in modo che il Signore delle Terre Alte non aveva la possibilità di protestare per l’insulto che gli veniva restituito.

«Nobile F’lar,» disse Fax, con un sorriso a denti stretti, «le Terre Alte sono molto onorate della tua Cerca.»

«Tornerà a tutto onore delle Terre Alte,» rispose serenamente F’lar, «se una di esse potrà fornire la Dama del Weyr.»

«Tornerà a nostro eterno onore,» replicò Fax, con altrettanta soavità. «Nei tempi andati, molte famose Dame del Weyr sono venute dalle mie Fortezze.»

«Dalle tue Fortezze?» chiese F’lar, con un sorriso educato, sottolineando quel plurale. «Ah, già, ora tu sei Signore di Ruatha, non è vero? Molte Dame del Weyr provenivano appunto da quella Fortezza.»

Un’espressione strana e tesa apparve sul viso di Fax, subito sostituita da un ampio sorriso volutamente affabile. Poi l’uomo si fece da parte, e fece un gesto per invitare F’lar ad entrare nella sua Fortezza.

Il comandante del drappello di Fax latrò frettoloso un ordine, e gli uomini si disposero in doppia fila; gli stivali dai tacchi rinforzati di metallo fecero scaturire scintille dalle pietre.

Senza bisogno di ordini impartiti a voce, tutti i draghi si innalzarono in un vortice d’aria smossa e di polvere. F’lar avanzò a grandi passi disinvolti verso il drappello d’onore. Gli uomini rotearono gli occhi, allarmati, mentre gli animali planavano, diretti verso i cortili interni. Qualcuno, dalla Torre Alta, lanciò un grido di spavento quando Mnementh andò a sistemarsi su quella posizione elevata. Con le grandi ali spingeva zaffate d’aria cariche del sentore di fosforo attraverso il cortile interno, mentre manovrava con il corpo massiccio su quella piattaforma d’atterraggio non abbastanza spaziosa.

Per quanto esteriormente non desse segno di accorgersi della costernazione e della paura ispirate dai draghi, F’lar era segretamente divertito e soddisfatto dell’effetto. Era un bene che i Signori delle Fortezze ricordassero di dover avere a che fare anche con i draghi e non soltanto con le loro guide, che erano umane, mortali e assassinabili. Era necessario instillare nuovamente, nel cuore degli uomini moderni, il rispetto per i dragonieri, e non soltanto per i draghi.

«Qui alla Fortezza ci siamo appena alzati da tavola, Nobile F’lar; se vuoi…», suggerì Fax; poi la sua voce si spense, di fronte al rifiuto sorridente di F’lar.

«Presenterò i miei omaggi alla tua Dama, Nobile Fax,» disse questi, e notò, con tacita soddisfazione, che i muscoli della mascella dell’ospite si erano contratti, nell’udite quella risposta protocollare.

F’lar si divertiva mooltissimo. Non era ancora nato al tempo dell’ultima Cerca, la Cerca sfortunata che aveva fornito una incompetente come Jora. Ma aveva studiato i resoconti di molte Cerche precedenti nelle Antiche Cronache, dove si parlava di abili sistemi escogitati per confondere quei Nobili che preferivano tenere sottochiave le loro dame quando arrivavano i dragonieri. Da parte di Fax, rifiutare a F’lar l’occasione di rendere omaggio alla Dama sarebbe stato un insulto gravissimo, da regolare in un duello all’ultimo sangue.

«Non preferisci vedere prima il tuo alloggio?» replicò Fax.

F’lar si tolse dalla manica di morbida pelle di wher un immaginario granello di polvere e scrollò il capo.

«Prima il dovere,» rispose, alzando le spalle in gesto di rincrescimento.

«Naturalmente,» fece secco Fax, e lo precedette a passi decisi, battendo i tacchi per sfogare la rabbia che non poteva esprimere in altro modo.

F’lar e F’nor lo seguirono a passo più lento, varcando l’ingresso a doppi battenti, dai grandi pannelli metallici. Entrarono nella Grande Sala, scavata all’interno della roccia. La tavola a forma di U veniva sparecchiata in quel momento dai servi innervositi, che fecero cadere qualche stoviglia all’ingresso dei due dragonieri. Fax era già arrivato all’estremità opposta della Sala e s’era soffermato, impaziente, davanti alla porta aperta fatta d’una lastra di pietra, unica via d’accesso all’interno della Fortezza che, come tutte le altre, era scavata nelle profondità della roccia, per offrire rifugio a tutti nei momenti di pericolo.

«Non mangiano poi troppo male,» osservò distrattamente F’nor, rivolgendosi a F’lar e accennando agli avanzi che stavano ancora sulla tavola.

«Meglio che al Weyr, a quanto pare,» rispose asciutto F’lar, coprendosi la bocca con una mano quando vide due sguatteri barcollare sotto il peso di un vassoio contenente una carcassa mezza divorata.

«Giovane e tenero,» osservò F’nor, sottovoce, con una sfumatura di amarezza. «Almeno, a giudicare dall’aspetto. E le bestie coriacee le consegnano a noi.»

«Naturalmente.»