«È molto semplice,» gli assicurò dolcemente Lessa, senza attendere il permesso di F’lar. «M’imbarazza dovertelo spiegare.»
«Dama del Weyr!» la richiamò seccamente all’ordine F’lar.
Lei non lo guardò, ma smise di punzecchiare S’lel.
«I Signori hanno lasciato senza protezione le loro Fortezze,» disse. «A quanto pare, non hanno pensato che i draghi possono muoversi in mezzo nel giro di pochi secondi. T’sum, se non sbaglio, è andato a rastrellare, nelle Fortezze indifese, un numero di ostaggi sufficiente per costringere i Signori a rispettare l’intoccabilità del Weyr.» F’lar annuì, in segno di conferma. Con un lampo collerico negli occhi, Lessa continuò. «Non è colpa dei Signori, se hanno perduto ogni rispetto per il Weyr. Il Weyr ha…»
«Il Weyr,» l’interruppe secco F’lar. Sì, avrebbe dovuto sorvegliare quella ragazza così esile, con la massima prudenza e il massimo rispetto. «Il Weyr si accinge a rivendicare i suoi diritti e le sue prerogative tradizionali. Prima che io passi a spiegare in che modo esattamente intenda farlo, Dama del Weyr, ti dispiace andare ad accogliere le nostre nuove ospiti? Qualche parola opportuna potrebbe servire a rafforzare la lezione pratica che oggi impartiremo a tutti i pernesi.»
Gli occhi di Lessa brillarono. Sogghignò con un piacere così intenso che F’lar si chiese se era davvero prudente incaricarla dell’edificazione degli ostaggi indifesi.
«Conto sulla tua discrezione,» disse in tono enfatico. «E sulla tua intelligenza, per portare a termine l’incarico nel modo migliore.» Colse lo sguardo di lei, lo tenne fino a quando Lessa chinò appena il capo per accettare l’ammonimento. Mentre la giovane donna usciva, F’lar comunicò a Mnementh di tenerla d’occhio.
Mnementh rispose che sarebbe stato tempo perso. Lessa non aveva forse dimostrato una presenza di spirito superiore a quella di tutti gli altri abitanti del Weyr? Lei era circospetta per istinto.
Sì, abbastanza circospetta da aver provocato l’invasione odierna, replicò F’lar al suo drago.
«Ma… i… Signori…», stava balbettando R’gul.
«Oh, piantala,» esclamò K’net. «Se non ti avessimo ascoltato per tanto tempo, non ci troveremmo in questa situazione. Vattene in mezzo se la cosa non ti va giù, ma adesso il Comandante del Weyr è F’lar. E secondo me, era ora!»
«K’net! R’gul!» li richiamò all’ordine F’lar, urlando per farsi sentire tra le acclamazioni suscitate dalle parole impudenti di K’net. «Ecco i miei ordini,» continuò, quando tornò il silenzio. «Voglio che vengano eseguiti alla perfezione.» Guardò in viso gli uomini, uno dopo l’altro, per assicurarsi che la sua autorità non venisse più messa in discussione. Poi espose le sue intenzioni rapidamente e concisamente; e vide, soddisfatto, che l’incertezza lasciava il posto ad un rispetto pieno d’ammirazione.
Sicuro che tutti i cavalieri bronzei e marroni avevano compreso perfettamente il suo piano, chiese a Mnemneth un rapporto.
L’esercito avanzava attraverso il pianoro del lago; le prime unità erano sulla strada della Galleria, l’unico accesso al Weyr per via di terra. Mnementh aggiunse che le donne delle Fortezze stavano imparando cose molte interessanti, nel loro soggiorno al Weyr.
«In che senso?» chiese immediatamente F’lar.
Mnementh emise un rombo che, nei draghi, equivaleva a una risata. Due dei giovani verdi stavano mangiando, e questo era tutto. Ma per qualche ragione misteriosa, quell’attività del tutto normale sembrava sconvolgere le donne.
Lessa era di un’abilità diabolica, pensò F’lar tra sé, guardandosi dal rivelare a Mnementh la sua preoccupazione. Quel pagliaccio bronzeo si era fatto incantare dalla Dama del Weyr come s’era fatto incantare dalla regina. Quale fascino poteva esercitare Lessa su di un drago bronzeo?
«I nostri ospiti sono sul pianoro del lago,» disse ai dragonieri. «Sapete quali sono le vostre posizioni. Ordinate ai vostri squadroni di uscire.» Se ne andò senza voltarsi, dominando a stento l’impulso di correre per raggiungere il cornicione. Non voleva assolutamente che gli ostaggi si spaventassero troppo.
Nella valle, vicino al lago, le donne erano sorvegliate da quattro draghi verdi dei più piccoli, che comunque apparivano già enormi agli occhi degli inesperti. Erano probabilmente troppo sconvolte per l’inatteso rapimento, e non si rendevano conto che tutti e quattro i cavalieri erano poco più che adolescenti. Individuò la figura sottile della Dama del Weyr, seduta un po’ in disparte dal gruppo principale. Un pianto sommesso gli giunse alle orecchie. Guardò oltre le donne, verso i campi del pasto, e vide un drago verde scegliere una preda e abbatterla. Un altro verde era appollaiato su un cornicione, e mangiava con la tipica, frenetica avidità dei draghi. F’lar alzò le spalle e salì sul collo di Mnementh, lasciando il cornicione libero, a disposizione dei draghi che si aggiravano volando nei pressi in attesa di prelevare i rispettivi cavalieri.
Mentre Mnementh volava in cerchio su quella confusione di ali e di corpi lucenti, F’lar annuì in segno di approvazione. Un volo nuziale lungo e veloce e ad alta quota, abbinato alla promessa dell’ azione, aveva migliorato il morale di tutti.
Mnementh sbuffò.
F’lar non gli badò: guardò R’gul che radunava il suo squadrone. Quell’uomo aveva subito una sconfitta psicologica: sarebbe stato necessario trattarlo con molta prudenza. Quando i Fili avrebbero preso a cadere, R’gul avrebbe cominciato a credere, e si sarebbe ripreso.
Mnementh gli domandò se dovevano andare a prendere la Dama del Weyr.
«Lei non c’entra, in questo,» rispose secco F’lar, chiedendosi perché mai il bronzeo avesse fatto quella proposta. Mnementh rispose che, secondo lui, a Lessa sarebbe piaciuto assistere alla scena.
Gli squadroni di D’nol e di T’bor si levarono in volo in formazione perfetta. Quei due erano ottimi comandanti. K’net guidò un doppio squadrone fino all’orlo della Conca e sparì, per andare a ricomparire alle spalle dell’esercito avanzante. C’gan, il vecchio pilota azzurro, stava organizzando i più giovani.
F’lar comunicò a Mnementh di avvertire Canth, perché informasse F’nor che poteva procedere. Diede un’ultima occhiata alle Caverne Inferiori, per assicurarsi che le pietre fossero ben sistemate a chiudere le aperture e diede a Mnementh il segnale di passare in mezzo.
Larad, Signore di Telgar, scrutava le alture monolitiche del Weyr di Benden. La pietra striata sembrava una cascata di ghiaccio illuminata dal tramonto, e aveva un’aria non molto più accogliente. Un timore moribondo si agitò in fondo alla sua mente, al pensiero del sacrilegio che lui e il suo esercito stavano per commettere: e subito lo represse con fermezza.
Ormai il Weyr non serviva più a nulla: questo era evidente. Non c’era più bisogno che le Fortezze cedessero il frutto delle fatiche e del sudore ai pigri abitanti del Weyr. I Signori avevano avuto molta pazienza. Avevano mantenuto il Weyr soprattutto per gratitudine, in ricordo dei servizi resi un tempo. Ma i dragonieri avevano superato i limiti di quella generosità riconoscente.
Prima c’era stata quella stupida Cerca. Era stato deposto un uovo di regina. Perché i dragonieri avevano bisogno di rubare le donne più belle delle Fortezze, quando al Weyr c’erano altre femmine? Non c’era stato nessun bisogno di portar via la sorella di Larad, Kylara, che attendeva con ansia un legame ben diverso con Brant di Igen, e invece, da un giorno all’altro, era stata condotta al Weyr. E da allora, di lei non si era più saputo nulla.