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«Avete un vantaggio su di noi,» ammise seccamente Larad. «Ci ritireremo e invieremo le dècime.» Stava per girare sui tacchi quando Meron si spinse avanti, furioso.

«Ci sottomettiamo alle loro pretese? Chi è un dragoniere, per darci ordini?»

«Taci!» ingiunse Larad, afferrando per il braccio il Signore di Nabol. F’lar levò il braccio in un segnale imperioso. Apparve uno squadrone di draghi azzurri, che trasportavano gli scalatori del drappello inviato da Meron in avanscoperta: alcuni di loro recavano i segni della lotta con la parete meridionale del Picco di Benden.

«I dragonieri danno gli ordini. E nulla sfugge alla loro attenzione,» risuonò gelida la voce di F’lar.

«Vi ritirerete nelle vostre Fortezze. Manderete le dècime dovute, perché noi sapremo se cercherete di ingannarci. Poi, pena un bombardamento con le pietre focaie, provvederete a liberare i vostri insediamenti dalla vegetazione, sia le Fortezze che gli alloggi degli artigiani. Buon Telgar, pensa alla tua Fortezza esterna: si trova in una posizione molto vulnerabile. Svuota tutte le fosse sulle difese delle montagne. Hai permesso che si intasassero. Le miniere devono essere riaperte, e si deve fare provvista di pietre focaie.»

«Le dècime sì, ma il resto…» l’interruppe Larad.

F’lar levò il braccio al cielo.

«Guarda lassù, Signore. Guarda bene. La Stella Rossa brilla di giorno come di notte. Le montagne al di là di Ista fumano e sputano pietre fiammeggianti. I mari infuriano con le alte maree e inondano le coste. Avete tutti dimenticato le Saghe e le Ballate? Come avete dimenticato le facoltà dei draghi? Potete trascurare questi portenti che annunciano sempre la caduta dei Fili?»

Meron non l’avrebbe mai creduto, fino a quando non avesse visto i Fili argentei scendere dal cielo. Ma Larad e molti degli altri adesso credevano, notò F’lar.

«E la regina,» continuò, «si è levata in volo per accoppiarsi nel suo secondo anno. E ha volato in alto e lontano.»

Tutti coloro che gli stavano davanti alzarono di scatto la testa, spalancando gli occhi. Anche Meron sembrava sgomento. F’lar udì dietro di sé il gemito di R’gul, ma non osò guardare lui stesso, perché temeva che potesse trattarsi di un trucco.

Poi all’improvviso, al limite della visibilità, scorse nel cielo uno scintillio dorato.

«Mnementh!» scattò, e Mnementh si limitò ad emettere un gaio ruggito. In quel momento la regina si avvicinò, volando in cerchio: era uno spettacolo splendido e solenne, ammise controvoglia F’lar.

Avvolta in un fluente abito bianco, Lessa era ben visibile sul collo aureo inarcato. Ramoth rimase librata, l’apertura d’ali più ampia di quella dello stesso Mnementh, e indugiò pigramente. A giudicare dal modo in cui inarcava il collo, era evidente che Ramoth era d’ottimo umore; ma F’lar era furioso.

La vista della regina in volo aveva colpito profondamente tutti gli uomini venuti dalle Fortezze. F’lar si accorse di esserne turbato lui stesso, e vide quel turbamento riflettersi centuplicato sui volti degli uomini increduli, lo capì dal modo in cui i draghi cantilenavano, lo seppe da Mnementh.

«E naturalmente, le più grandi delle nostre Dame del Weyr, Moreta, Torene, per ricordarne solo qualcuna, sono tutte venute dalla Fortezza di Ruatha, come Lessa di Pern.»

«Ruatha…» Meron gracchiò quel nome e strinse rabbiosamente i denti, cupo in volto.

«Stanno per scendere i Fili?» chiese Larad.

F’lar annuì lentamente.

«Il tuo arpista può insegnarti a riconoscere i segni. Buoni Signori, le dècime sono necessarie. Vi renderemo le vostre donne. Le Fortezze devono essere rimesse in ordine. Il Weyr prepara Pern, poiché è impegnato a proteggerlo. Ci aspettiamo la vostra collaborazione…» E fece una pausa significativa. «E l’imporremo con la forza, se sarà necessario.»

Volteggiò sul collo di Mnementh, senza perdere di vista la regina. La vide sbattere le grandi ali d’oro, girarsi e salire più in alto.

Lessa aveva scelto proprio quel momento, quando tutte le energie e tutta l’attenzione di F’lar dovevano concentrarsi nelle trattative con i Signori: aveva scelto proprio quel momento per il suo gesto di ribellione. Perché doveva ostentare in quel modo la sua indipendenza, al cospetto di tutto il Weyr e di tutti i Signori? Provava l’impulso di inseguirla immediatamente e non poteva farlo. Prima doveva controllare che l’esercito si avviasse in ritirata, doveva dare l’ultima dimostrazione della forza del Weyr, ad edificazione dei Signori.

Digrignando i denti, segnalò a Mnementh di levarsi in volo. Gli squadroni si alzarono dietro di lui, tra guizzi e ruggiti spettacolari; sembrava che nell’aria vi fossero migliaia di draghi, non i soli duecento che il Weyr di Benden vantava.

Ormai sicuro che quella parte del suo piano strategico procedeva a dovere, ordinò a Mnementh di inseguire la Dama del Weyr, che ora stava planando ad alta quota sopra la grande Conca.

Appena avesse messo le mani su quella ragazza, le avrebbe detto un paio di cosette…

Mnementh lo informò, caustico, che dirle un paio di cosette poteva essere un’ottima idea: molto migliore che inseguire con tanta rabbia una coppia che, in effetti, stava solo provando le proprie ali. Mnementh ricordò al suo cavaliere furibondo che, in fin dei conti, il giorno innanzi il drago dorato aveva volato ben lontano, dopo aver bevuto il sangue di sei prede; ma poi non aveva più mangiato. Ramoth non sarebbe stata capace di un lungo volo se prima non avesse fatto un vero pasto. Tuttavia, se F’lar insisteva in quell’inseguimento sconsiderato e del tutto inutile, avrebbe potuto irritare Ramoth, e indurla a balzare in mezzo per sfuggirgli.

Bastò il pensiero di quelle due inesperte che finivano in mezzo a raffreddare la collera di F’lar. Riconobbe che l’opinione di Mnementh, in quel momento, era più attendibile della sua. Aveva lasciato che la collera e l’ansia influenzassero le sue decisioni, ma…

Mnementh volò in cerchio per atterrare alla Pietra della Stella; la vetta del Picco di Benden era un punto ottimo per osservare sia l’esercito in ritirata che il volo della regina.

I grandi occhi di Mnementh sembrarono vorticare, mentre il drago adattava la propria vista per vedere più lontano.

Riferì a F’lar che il cavaliere di Piyanth era preoccupato; riteneva che la vista dei draghi causasse troppo isterismo tra gli uomini e le bestie delle forze in ritirata. C’erano stati già alcuni feriti, per colpa del panico.

F’lar ordinò immediatamente a K’net di mantenere i draghi ad una quota elevata fino a quando l’esercito si fosse accampato per la notte. Comunque, avrebbe dovuto tenere sempre d’occhio il contingente degli uomini di Nabol.

Mentre Mnementh trasmetteva gli ordini, F’lar si accorse di non prestare più attenzione a quel problema. Ciò che lo interessava davvero erano quelle due femmine in volo.

Avresti fatto meglio a insegnarle a volare in mezzo, osservò Mnementh; uno dei suoi grandi occhi brillava proprio sopra la spalla di F’lar. Lei è abbastanza sveglia per imparare da sola: e allora noi che figura faremo?

F’lar represse una replica bruciante e continuò a osservare, trattenendo il respiro. All’improvviso Ramoth ripiegò le ali, e piombò attraverso il cielo come una meteora d’oro. Giunta al punto critico dalla caduta, tornò a spiegare agile le ali e risalì di nuovo.

Volutamente, Mnementh ricordò a F’lar il loro primo volo, follemente acrobatico. Un sorriso affettuoso schiuse le labbra di F’lar; all’improvviso comprese con quanto ardore Lessa doveva aver desiderato volare, con quanta amarezza doveva avere assistito alle esercitazioni dei giovani draghi, quando a lei era vietato tentare.