«Chissà con quale bronzeo farà il volo nuziale,» mormorò F’lar, sottovoce.
«Sarà meglio per tutti se si tratterà di Orth, il drago di T’bor,» fece Lessa, stizzita.
F’lar le rispose nell’unico modo in cui poteva rispondere un uomo saggio.
Lessa si svegliò all’improvviso; la testa le doleva, la bocca era arida, la vista confusa. Ricordò immediatamente un incubo terribile che, con la stessa rapidità, svanì dal suo ricordo. Si scostò i capelli dal volto e notò, stupita, che il suo corpo era madido di sudore.
«F’lar?» chiamò, con voce incerta. Evidentemente, lui si era alzato prima. «F’lar,» chiamò di nuovo, più forte.
Sta arrivando, l’informò Mnementh. Lessa sentì che il drago stava atterrando sul cornicione in quel momento. Stabilì un contatto con Ramoth e si accorse che anche la regina era stata turbata da sogni informi e spaventosi: si svegliò per qualche attimo e poi tornò a piombare in un sonno profondo.
Sconvolta da vaghe paure, Lessa si alzò e si vestì, dimenticando di fare il bagno per la prima volta da quando era arrivata al Weyr.
Si avvicinò al pozzo di servizio e ordinò la colazione, e poi, mentre aspettava, si intrecciò i capelli con dita esperte.
Il vassoio apparve sulla piattaforma proprio nel momento in cui entrava F’lar, che continuava a voltarsi indietro per lanciare lunghe occhiate a Ramoth.
«Che cosa le ha preso?»
«Sta riecheggiando il mio incubo. Mi sono svegliata immersa in un sudore freddo.»
«Dormivi piuttosto tranquilla quando me ne sono andato per assegnare i servizi di pattugliamento. Sai, questi giovani draghi crescono in fretta, e sono già capaci di fare qualche volo non troppo lungo. Non fanno altro che mangiare e dormire, e…»
«… ed è così che un drago cresce,» finì Lessa. Sorseggiò pensierosa il klah caldo e fumante. «Sarai molto prudente nell’istruirli, non è vero?»
«Per impedire che volino in mezzo nel tempo inavvertitamente, vuoi dire? Certo,» assicurò F’lar. «Non voglio vedere cavalieri che, per vincere la noia, si divertono a passare irresponsabilmente da un tempo all’altro.» E le lanciò una lunga occhiata severa.
«Beh, non è stata colpa mia se nessuno mi ha insegnato a volare abbastanza presto,» rispose lei, con il tono dolce che adoperava quando era d’umore particolarmente malizioso. «Se fossi stata istruita a partire dal giorno dell’Apprendimento fino a quello del mio primo volo, non avrei mai scoperto quel trucco.»
«Questo è vero,» ammise F’lar solennemente.
«Vedi, F’lar, se l’ho scoperto io, deve averlo scoperto anche qualcun altro, e qualcun altro può scoprirlo. Se pure non l’hanno già fatto.»
F’lar bevve, facendo una smorfia quando il klah bollente gli scottò la lingua.
«Non so in che modo potrò riuscire a saperlo. Saremmo due sciocchi, se credessimo di essere stati i primi. In fondo, si tratta di una facoltà che è innata nei draghi, altrimenti non ci saresti mai riuscita.»
Lessa aggrottò la fronte, trasse un profondo respiro, poi alzò le spalle.
«Continua,» l’incoraggiò F’lar.
«Ecco, non è possibile che la nostra convinzione circa l’imminenza della caduta dei Fili derivi dal fatto che uno di noi è tornato indietro nel tempo, in un periodo in cui i Fili sono caduti veramente? Voglio dire…»
«Mia cara ragazza, abbiamo analizzato tutti i pensieri e tutte le parole… persino il tuo sogno di questa mattina ti ha sconvolto, anche se indubbiamente era dovuto a tutto il vino che hai bevuto ieri sera… E ormai non saremmo più in grado di riconoscere un vero presentimento, neppure se venisse a prenderci a schiaffi.»
«Non riesco a liberarmi dall’idea che questa capacità di volare in mezzo nel tempo abbia un valore eccezionale,» disse Lessa, sottolineando le parole.
«Questo, mia cara Dama del Weyr, è davvero un presentimento autentico.»
«Ma perché?»
«Non perché,» la corresse lui, in tono enigmatico. «Quando.» Un’idea stava incominciando a prendere forma, in fondo alla sua mente. Cercò di spingerla fuori, in modo da poterla rimuginare adeguatamente. In quel momento, Mnementh annunciò che F’nor stava entrando nell’alloggio.
«Che cosa ti è capitato?» chiese F’lar al fratellastro, che tossiva e sputacchiava, il volto arrossato in un parossismo convulso.
«Polvere…» tossì F’nor, battendo i guanti della tenuta di volo sulle maniche e sul petto. «Una quantità enorme di polvere, ma niente Fili,» disse, disegnando un ampio arco con un braccio, e agitando le dita. Poi batté i guanti sui calzoni di pelle di wher, e fece una smorfia nel veder cadere una nuvola di finissima polvere nera.
F’lar sentì tutti i muscoli del proprio corpo tendersi, mentre seguiva con lo sguardo la polvere che scendeva a posarsi sul pavimento.
«Dove ti sei impolverato in quel modo?» domandò.
F’nor gli lanciò un’occhiata di blanda sorpresa.
«Servizio di pattugliamento meteorologico a Tillek. In questi ultimi tempi, tutto il settentrione è stato investito da tempeste di polvere. Ma ero venuto per…» S’interruppe, allarmato dalla tesa immobilità di F’lar. «Perché ti interessa tanto la polvere?» chiese con voce perplessa.
F’lar girò sui tacchi e corse verso la scala che portava alla Sala delle Cronache Lessa lo seguì immediatamente, F’nor con maggior calma.
«Tillek, hai detto?» gridò F’lar al suo vicecomandante. Stava sbarazzando la tavola dei mucchi di pergamene per poter spiegare le quattro carte. «Da quanto tempo sono cominciate queste tempeste di polvere? Perché non le hai segnalate?»
«E perché dovevamo segnalare le tempeste di polvere? Tu volevi essere informato sulle masse d’aria calda.»
«Da quanto tempo sono cominciate queste tempeste di polvere?» ripeté F’lar, con voce spezzata.
«Circa una settimana fa.»
«Come, circa?»
«Sei giorni fa è stata segnalata la prima tempesta, nella parte settentrionale di Tillek. Ne sono state segnalate a Bitra, Telgar settentrionale, Crom, e nelle Terre Alte,» riferì conciso F’nor.
Lanciò un’occhiata speranzosa a Lessa, ma si accorse che anche lei stava guardando le quattro strane carte. Cercò di capire perché sulla massa continentale di Pern fossero state sovrapposte quelle strisce orizzontali e verticali, ma non riuscì a comprenderne la ragione.
F’lar prendeva rapidamente appunti, allontanando da sé prima un diagramma, poi un altro.
«C’ero troppo dentro per pensare chiaramente, per vedere chiaramente, per capire,» ringhiò il Comandante del Weyr, parlando a se stesso, e lasciò cadere lo stilo, con un gesto rabbioso.
«Tu avevi parlato solo delle masse d’aria calda,» disse umilmente F’nor; aveva la sensazione di avere deluso, in qualche modo, il suo Comandante.
F’lar scrollò il capo impaziente.
«Non è stata colpa tua, F’nor. È stata colpa mia. Avrei dovuto chiederlo. Sapevo che era una fortuna che il clima si mantenesse così freddo.» Posò le mani sulle spalle del fratellastro e lo guardò negli occhi. «I Fili sono caduti,» annunciò con aria grave. «Sono caduti nell’aria fredda, e si sono congelati e frantumati, sono stati trasportati dal vento.» Agitò le dita, imitando il gesto di F’nor. «Come granelli di polvere nera.»
«’Crepita, polvere, polvere nera’,» citò Lessa. «Nella Ballata del Volo di Moreta, il ritornello parla solo di polvere nera.»
«Non è necessario che mi ricordi Moreta proprio in questo momento,» ringhiò F’lar, chinandosi sulle carte. «Lei poteva parlare a tutti i draghi dei Weyr.»