Li seguì con lo sguardo, fino a quando i due scomparvero, al di sopra della Pietra della Stella.
Non è giusto che si divertano soltanto loro, commentò Ramoth, piccata. Lessa la scorse; stava prendendo il sole sul cornicione, e si allisciava le enormi ali.
«Prova pure a masticare pietre focaie, se vuoi ridurti come una di quelle stupide verdi,» le rispose seccamente Lessa. Ma in fondo, la protesta della regina la divertiva.
Poi passò in mezzo ai feriti. L’elegante, bellissima verde di B’fol gemeva scuotendo la testa, incapace di piegare un’ala ridotta a cartilagine. Sarebbe stata fuori causa per settimane intere, ma era anche la ferita più grave tra tutti i draghi. Lessa distolse rapidamente lo sguardo dall’infelicità e dalla preoccupazione che si scorgevano negli occhi di B’fol.
Mentre completava il giro, si accorse che i feriti erano più numerosi tra gli uomini che tra i draghi. Due appartenenti allo squadrone di R’gul avevano ricevuto gravi lesioni alla testa; uno avrebbe anche potuto perdere completamente un occhio. Manora gli aveva dato una pozione di erbe soporifere che gli aveva fatto perdere conoscenza. Un altro uomo aveva un braccio bruciato fin quasi all’osso. Per quanto gli altri feriti fossero assai meno gravi, il conteggio totale sconcertò Lessa. Quanti altri sarebbero stati messi fuori combattimento a Keroon?
Dei centosettantadue draghi, quindici erano già inservibili; molti, però, tra un ’giorno o due avrebbero potuto ritornare in azione.
Un pensiero colpì Lessa. Se N’ton era riuscito a guidare Canth, forse, nella prossima azione, avrebbe potato guidare il drago di qualche ferito, poiché gli uomini malconci erano più numerosi degli animali. F’lar infrangeva le traduzioni, quando lo riteneva necessario: quella era un’altra tradizione da abbandonare… purché i draghi fossero d’accordo.
E se N’ton non era l’unico dei nuovi cavalieri in grado di comunicare con un altro drago, quella particolare flessibilità poteva tornare utile, a lungo andare? F’lar aveva affermato che le incursioni non sarebbero state troppo frequenti all’inizio, quando la Stella Rossa stava appena incominciando il lungo Passaggio, destinato a durare cinquanta Giri. Ma quale sarebbe stata la frequenza? F’lar doveva saperlo; ma non era lì.
Bene, lui aveva avuto veramente ragione quella mattina, quando aveva parlato della comparsa dei Fili a Nerat; quindi lo studio svolto sulle Antiche Cronache era stato prezioso.
No, non era esatto. F’lar aveva dimenticato di avvertire gli uomini perché stessero attenti alla polvere nera, oltre che all’aumento della temperatura. Ma poiché aveva rimediato con la decisione di passare in mezzo nel tempo, Lessa era benignamente disposta a perdonargli quel piccolo errore. Ma F’lar aveva la pessima abitudine di indovinare esattamente le cose. Lessa si corresse una seconda volta. F’lar non indovinava. Studiava, preparava i piani. Rifletteva e si serviva del buon senso. Per esempio, aveva calcolato dove e quando i Fili avrebbero colpito, sulla base dei dati forniti da quelle Cronache puzzolenti. Lessa cominciò a vedere un poco più roseo il loro futuro.
E adesso, se lui fosse riuscito a fare in modo che i cavalieri imparassero ad affidarsi, in battaglia, all’istinto infallibile dei draghi, anche le perdite si sarebbero ridotte di numero.
Un grido trapassò l’aria e le orecchie, mentre un drago azzurro emergeva al di sopra della Pietra della Stella.
Ramoth! urlò Lessa, in una reazione istintiva, senza sapere perché. La regina era già in volo prima che l’eco del comando si fosse spento. Il drago azzurro era chiaramente in grave difficoltà, stava cercando di frenare lo slancio, ma una delle ali non funzionava più. La sua guida era scivolata in avanti sull’ampia spalla, e si aggrappava precariamente al collo dell’animale con una mano sola.
Lessa, le mani premute contro le labbra, seguì la scena con lo sguardo, spaventata. Non si udiva, nella Conca, altro suono che il battito delle ali immense di Ramoth. La regina si portò rapidamente in posizione accanto al drago azzurro, sorreggendolo con un’ala dalla parte del lato ferito.
Nella Conca si levò un gemito collettivo quando il cavaliere scivolò, lasciò la presa e cadde… finendo sulle ampie spalle di Ramoth.
Il drago azzurro precipitò come un sasso. Ramoth si fermò dolcemente accanto a lui, accovacciandosi per permettere ai soccorritori di raccogliere il ferito.
Era C’gan.
Lessa si sentì stringere il cuore quando vide come i Fili avevano ridotto il viso del vecchio. Si lasciò cadere in ginocchio accanto a lui, sorreggendogli il capo. Gli altri si raccolsero in cerchio attorno a loro, in un rispettoso silenzio.
Manora, sebbene fosse serena in volto come al solito, aveva gli occhi pieni di lacrime. S’inginocchiò e posò una mano sul cuore del vecchio cavaliere. Un’espressione preoccupata si dipinse sul suo volto, quando alzò gli occhi verso Lessa. Poi, stringendo le labbra, cominciò a spalmare l’unguento.
«Troppo vecchio e sdentato per lanciare fiamme e troppo lento per passare in mezzo,» mormorò C’gan, scuotendo il capo. «Troppo vecchio. Ma ’I dragonieri devono volare quando i Fili son nel cielo’…» La voce si spense in un sospiro; gli occhi si chiusero.
Lessa e Manora si scambiarono un’occhiata d’angoscia. Una nota terribile, penetrante spezzò il silenzio. Tagath si levò in volo con un balzo tremendo. Gli occhi di C’gan si riaprirono lentamente, ma già spenti. Lessa, trattenendo il respiro, seguì con lo sguardo il drago azzurro, cercando di negare l’inevitabile mentre Tagath scompariva nell’aria.
Da tutto il Weyr si levò un gemito sommesso, simile al grido solitario del vento. I draghi stavano rendendo il loro omaggio.
«È… andato?» chiese Lessa, sebbene lo sapesse già.
Manora annuì lentamente, le guance inondate di lacrime, mentre tendeva la mano per chiudere gli occhi spenti di C’gan.
Lessa si alzò lentamente, accennò ad alcune donne di portar via il corpo del vecchio cavaliere. Si asciugò distrattamente sulla gonna le mani insanguinate, cercando di pensare a ciò che restava ancora da fare.
Eppure il suo pensiero ritornava sempre a ciò che era appena accaduto. Era morto un cavaliere. E anche il suo drago. I Fili avevano già causato la perdita di una coppia. Quanti altri sarebbero morti in quel Giro crudele? Per quanto tempo avrebbe potuto sopravvivere il Weyr, anche dopo che i quaranta draghi di Ramoth fossero diventati adulti, e anche quelli che avrebbe concepito presto, e anche i figli delle sue figlie?
Lessa si allontanò, per acquistare le proprie incertezze e per calmare l’angoscia. Vide Ramoth volare in cerchio, ad alta quota, e poi planare atterrando sul Picco. Un giorno, presto, Lessa avrebbe dovuto vedere quelle ali d’oro segnate dalle brutture nere e rosse delle ustioni lasciate dai Fili? Ramoth sarebbe… scomparsa?
No, Ramoth non sarebbe scomparsa, finché Lessa fosse rimasta in vita.
F’lar le aveva detto, molto tempo prima, che lei doveva imparare a vedere oltre i confini ristretti della Fortezza di Ruatha e della vendetta. Come al solito, aveva avuto ragione, nella sua qualità di Dama del Weyr, sotto la guida di F’lar, aveva imparato anche che vivere non era soltanto allevare draghi e partecipare ai Giochi di Primavera. Vivere era lottare per fare qualcosa di impossibile: vincere o morire con la consapevolezza di avere tentato!
Lessa si accorse di avere, finalmente, accettato in modo totale il suo ruolo: come Dama del Weyr e come compagna di F’lar, doveva aiutarlo a forgiare uomini ed eventi per molti Giri futuri… per difendere Pern dai Fili.
Raddrizzò le spalle e alzò il mento.
Il vecchio C’gan lo meritava.