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«Non mi pareva che la cosa ti dispiacesse.»

F’lar rovesciò il capo all’indietro e rise.

«Cosa dovrei fare? Aprire il Weyr di Fort e mandarvi Kylara?» chiese, sarcastico.

«Preferirei che Kylara fosse lontana di qui parecchi Giri, oltre che parecchi chilometri,» scattò Lessa, irritatissima.

F’lar la fissò a bocca aperta e ad occhi sbarrati. Poi balzò in piedi con un grido sbalordito.

«L’hai detto!»

«Detto cosa?»

«Lontano parecchi Giri. Ecco la soluzione! Manderemo indietro Kylara, in mezzo nel tempo, la regina e i nuovi draghetti.» F’lar cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, mentre Lessa cercava di seguire il suo ragionamento. «No, farò meglio a mandare almeno uno dei bronzei più vecchi. E anche F’nor… Preferisco che se ne occupi F’nor… in modo discreto, naturalmente…»

«Vuoi mandare Kylara indietro nel tempo… E dove? E quando?» lo interruppe Lessa.

«Domanda intelligente.» F’lar tirò fuori le solite carte. «Molto intelligente. Dove possiamo mandarli senza causare anomalie con la loro presenza in uno degli altri Weyr? Le Terre Alte sono lontane. No, abbiamo trovato tracce di fuochi ancora caldi, lassù, e non siamo riusciti a trovare tracce di chi li ha accesi. E se li avessimo già mandati indietro nel tempo, oggi sarebbero stati pronti, e invece non lo erano. Quindi non possono essere già stati in due posti contemporaneamente…» Scrollò il capo, abbagliato da quei paradossi.

Lo sguardo di Lessa fu attratto dai contorni vuoti del Continente Meridionale.

«Mandali là,» suggerì dolcemente, indicandolo.

«Ma là non c’è niente.»

«Porteranno con sé tutto il necessario. L’acqua deve esserci: quella i Fili non la divorano. Manderemo in volo tutto ciò di cui avranno bisogno: mangime per le mandrie, cereali…»

F’lar aggrottò la fronte, riflettendo. Gli brillavano gli occhi e aveva dimenticato l’avvilimento di pochi istanti prima.

«I Fili non potevano esserci, laggiù, dieci Giri fa. E non ce ne sono stati per quasi quattrocento Giri. Dieci basterebbero per dare a Pridith il tempo di maturare e di deporre moltissime covate. Magari anche altre regine.»

Poi inarcò le sopracciglia e scosse il capo, con aria improvvisamente dubbiosa.

«No, laggiù non ci sono Weyr, e non ci sono Terreni della Schiusa, e neppure…»

«Come facciamo a saperlo?» lo interruppe bruscamente Lessa, troppo soddisfatta di molti aspetti di quel progetto per essere disposta a rinunciarvi con facilità. «Le Cronache non parlano del Continente Meridionale, è vero; però omettono parecchie altre cose. Come possiamo essere sicuri che non sia tornato verde nei quattrocento Giri trascorsi da quando i Fili sono caduti per l’ultima volta? Sappiamo bene che i Fili non durano a lungo, se non trovano qualcosa di organico di cui nutrirsi. E quando hanno divorato tutto, si seccano e vengono spazzati via dal vento.»

F’lar la guardò con aria d’ammirazione.

«Ma perché nessuno ci ha pensato prima?»

«Troppo incartapecoriti,» fece Lessa, agitando un dito. «E poi, non c’era bisogno di pensarci.»

«La necessità… o dovrei dire la gelosia?… fa schiudere molti gusci duri.» Sul viso di F’lar c’era un sorriso di aperta malizia. Lessa si allontanò, girando su se stessa, quando lui cercò di abbracciarla.

«Per il bene del Weyr,» ribatté lei.

«Giusto. Domani manderò anche te con F’nor a controllare. È doveroso, poiché è stata una tua idea.»

Lessa si fermò.

«Perché non vai tu?»

«Sono certo di poter affidare questo progetto alle tue mani esperte e interessate.» F’lar rise e la strinse contro il fianco illeso, sorridendole. «Io devo recitare la parte dell’implacabile Comandante del Weyr e impedire ai Signori delle Fortezze di rintanarsi nei loro covi. E mi auguro,» continuò alzando la testa, «che uno dei Maestri delle Arti conosca la soluzione del terzo problema… come sbarazzarsi dei Fili penetrati sottoterra.»

«Ma…»

«Questo viaggio servirà a far passare il malumore di Ramoth» Strinse più forte il corpo sottile della ragazza, concentrando finalmente l’attenzione su quel viso strano e delicato. «Lessa, il mio quarto problema sei tu.» Si piegò per baciarla.

Un suono di passi frettolosi echeggiò nella galleria. F’lar lasciò Lessa con una smorfia irritata.

«A quest’ora?» brontolò, pronto a rovesciare un rimprovero bruciante sull’intruso. «Chi va là?»

«F’lar?» Era la voce di F’nor, rauca e ansiosa.

L’espressione sul volto di F’lar disse a Lessa che non avrebbe risparmiato una reprimenda neppure al fratellastro; irrazionalmente, lei ne fu lieta. Ma nell’istante in cui F’nor si precipitò nella stanza, il Comandante e la Dama del Weyr rimasero senza parola. C’era qualcosa di sottilmente anomalo nel cavaliere marrone. E mentre quello esponeva il suo messaggio incoerente, Lessa comprese all’improvviso la ragione. Era abbronzato! Non portava fasciature e non c’era la minima traccia, sulla sua guancia, dell’ustione lasciata dai Fili e che lei stessa aveva curato quella sera!

«F’lar, non è possibile! Non si può essere vivi contemporaneamente in due tempi diversi!» esclamò angosciato F’nor. Vacillò e si appoggiò alla parete di roccia per mantenersi diritto. Nonostante l’abbronzatura, si vedevano benissimo i cerchi neri attorno agli occhi. «Non so per quanto ancora potremo resistere Ne abbiamo risentito tutti. In certi giorni meno che in certi altri.»

«Non capisco.»

«I draghi se la cavano benissimo,» dichiarò F’nor con una risata amara. «Su loro non fa effetto. Rimangono perfettamenti lucidi. Ma le loro guide… e tutti gli altri… siamo ombre, vivi a metà, come uomini senza draghi. Una parte di noi se n’è andata per sempre. L’unica eccezione è Kylara.» Il suo volto si contrasse in una smorfia ostile. «Lei non vuole altro che tornare indietro per vedere se stessa. L’egocentrismo di quella donna ci rovinerà tutti, temo.»

All’improvviso i suoi occhi persero la vivacità; spalancò le labbra.

«Non posso rimanere. Sono già qui. Troppo vicino. È doppiamente terribile. Ma dovevo avvertirti. F’lar, ti prometto che rimarremo il più a lungo possibile, ma non resisteremo ancora per molto… Non sarà abbastanza, ma abbiamo tentato. Abbiamo tentato!»

Prima che F’lar potesse muoversi, il cavaliere marrone girò sui tacchi e si precipitò correndo fuori dalla stanza.

«Ma non se n’è ancora andato!» gridò Lessa. «Non se n’è ancora andato!»

F’lar seguì con lo sguardo il fratellastro, la fronte aggrottata da un’ansia acuta.

«Cosa può essere accaduto?» domandò Lessa. «Non lo avevamo neppure detto a F’nor. Noi stessi avevamo appena finito di esaminare quell’idea.» Si portò una mano alla guancia. «E l’ustione lasciata dal Filo, e che io stessa ho medicato questa sera… è scomparsa. Perciò è rimasto lontano per molto tempo.» Si lasciò cadere seduta sulla panca.

«Comunque, è ritornato. Quindi è andato,» osservò lentamente F’lar, in tono riflessivo. «Eppure, prima ancora del suo inizio, sappiamo che l’iniziativa non riuscirà in modo perfetto. Tuttavia, anche sapendolo, lo abbiamo mandato dieci Giri indietro, per quel che può servire.» S’interruppe, pensieroso. «Di conseguenza, non abbiamo altra alternativa che continuare l’esperimento.»

«Ma cosa può essere andato male?»

«Credo di saperlo, e non c’è rimedio.» F’lar le sedette accanto, fissandola intento negli occhi. «Lessa, tu eri profondamente sconvolta, quando sei tornata indietro, dopo essere stata a Ruatha passando in mezzo nel tempo, la prima volta. Ma io credo che non si trattasse soltanto dello shock provocato dalla vista degli uomini di Fax che invadevano la tua Fortezza, o del pensiero che il tuo ritorno fosse la causa di quella catastrofe. Credo che fosse dovuto al fatto di esistere contemporaneamente in due tempi diversi.» Esitò di nuovo, cercando di comprendere quel nuovo, immane concetto nello stesso istante in cui lo stava esprimendo.