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«Un lanciafiamme?» tuonò il Fabbro. «Un lanciafiamme,» ripeté in tono più smorzato, pensieroso, aggrottando le pesanti sopracciglia in una smorfia titanica. «Ma che genere di fiamma lanciava? Bisogna pensarci sopra.» Abbassò la testa e non parlò più, immerso nella sua meditazione al punto di disinteressarsi del dibattito che stava continuando a svolgersi.

«Sì, buon Zurg, in questi ultimi Giri sono andati perduti molti segreti di tutte le Arti,» commentò sardonico F’lar. «Se vogliamo continuare a vivere, dobbiamo riconquistare quella conoscenza… e in fretta. Ci terrei moltissimo a recuperare l’arazzo di cui ha parlato il Maestro Zurg.»

Fissò con aria significativa i Signori che, alla morte di Fax, si erano disputati le sue sette Fortezze.

«Potrebbe risparmiarvi molte e gravi perdite. Vi consiglio di riportarlo a Ruatha. Oppure alla fucina di Fandarel o all’opificio di Zurg. Come vi è più comodo.»

Vi fu un tramestio irrequieto, ma nessuno dei Signori ammise di essere il proprietario dell’arazzo.

«Poi verrebbe restituito al figlio di Fax, il quale è attualmente Signore di Ruatha,» aggiunse F’lar, ironicamente divertito.

Lytol sbuffò sottovoce e si guardò intorno, indignato. F’lar provò un fuggevole senso di compatimento per Jaxom, il figlio di Gemma e di Fax, allevato da un tutore non meno tetro che onesto.

«Se posso parlare, Nobile Comandante del Weyr…,» intervenne Robinton. «Come hanno già dimostrato le tue carte, tutti noi potremmo trarre indicazioni utili dalle nostre Cronache.» Sorrise, all’improvviso, di un sorriso curiosamente imbarazzato. «Devo ammettere di sentirmi un po’ colpevole, perché noi Arpisti abbiamo lasciato cadere nell’oblio i canti meno popolari e abbiamo tagliato le Ballate e le Saghe dell’Insegnamento troppo lunghe… un po’ per mancanza di ascoltatori e un po’, in certi casi, per salvarci la pelle.»

F’lar tossì per mascherare una risata. Robinton era davvero un genio.

«Devo proprio vedere quell’arazzo di Ruatha,» tuonò all’improvviso Fandarel.

«Sono certo che presto sarà nelle tue mani,» gli assicurò F’lar, con una sicumera che non provava affatto. «Miei Signori, ci sono tante cose da fare. Ora vi siete resi conto del pericolo che dobbiamo fronteggiare: lascio quindi a voi, come massime autorità delle Fortezze e delle Arti, la scelta dei modi migliori per organizzare la vostra gente. Artigiani, incaricate i vostri uomini migliori di studiare i vari problemi. Riesaminate tutte le Cronache che possono contenere indicazioni utili. Signori di Telgar, di Crom, di Ruatha e di Nabol, sarò da voi fra tre giorni. Signori di Nerat, Keroon ed Igen, sono a vostra disposizione per aiutarvi a distruggere i Fili interrati nei vostri possedimenti. Poiché abbiamo qui il Maestro Minatore, esponetegli le vostre necessità. Che mi dici della tua Corporazione?»

«È ben felice di darsi da fare, Comandante del Weyr,» pigolò il Maestro Minatore.

Proprio in quell’istante, F’lar scorse F’nor che, nell’ombra del corridoio, stava cercando di attirare il suo sguardo. Il cavaliere marrone sorrideva con esultanza: si capiva benissimo che moriva dalla voglia di riferire qualche notizia importante.

F’lar si chiese come avevano potuto tornare così in fretta dal Continente Meridionale. Poi si accorse che anche questa volta F’nor era abbronzato. Con un cenno del capo, gli fece capire di precederlo nel suo alloggio e di attenderlo.

«Signori e Maestri delle Arti, ognuno di voi avrà a disposizione un giovane drago come mezzo di trasporto e per comunicare i messaggi. E ora, buongiorno.»

Lasciò la Sala del Consiglio, percorse la galleria che conduceva alla grotta della regina, e aprì il tendaggio ancora ondeggiante che chiudeva la camera da letto proprio nell’istante in cui F’nor si stava versando una coppa di vino.

«Vittoria!» gridò questi, quando lo vide. «Anche se non capirò mai come hai fatto a sapere che dovevi mandarmi proprio trentadue candidati. Credo che volessi offendere la mostra nobile Pridith. E invece, ha deposto esattamente trentadue uova in quattro giorni. È stato tanto se sono riuscito a trattenermi dal correre qui quando ha deposto il primo.»

F’lar si congratulò cordialmente con lui, felice nel constatare che quel progetto presentasse almeno un aspetto positivo. Adesso si trattava di calcolare per quanto tempo F’nor era rimasto nel Sud, prima della frenetica visita della sera precedente. Non c’era preoccupazione né tensione, adesso, sul volto abbronzato e sorridente del suo fratellastro.

«Nessun uovo di regina?» gli chiese, speranzoso. Dato che quell’unico esperimento aveva prodotto trentadue uova, forse avrebbero potuto inviare una seconda regina e provare di nuovo.

Il volto di F’nor si oscurò.

«No. Eppure ero certo che ce ne sarebbe stato uno. Ma ci sono quattordici bronzei. Pridith ha battuto Ramoth, da questo punto di vista,» aggiunse con orgoglio.

«Davvero. E per il resto, come va il Weyr?»

Il cavaliere marrone aggrottò la fronte e scosse il capo, insoddisfatto.

«Kylara… beh, è un problema. Continua a creare guai. T’bor se la passa male, con lei, e quindi è diventato così suscettibile che tutti gli girano al largo.» F’nor si rischiarò un poco. «Il giovane N’ton promette di diventare un magnifico comandante di squadrone, e il suo bronzeo potrebbe battere Orth, il drago di T’bor, quando Pridith si leverà per il prossimo volo nuziale. Non che io ci tenga a vedere Kylara appiccicata a N’ton… o a chiunque altro.»

«Nessuna difficoltà per i rifornimenti?»

F’nor rise.

«Se non ci avessi detto chiaro che non dobbiamo comunicare con voi, potremmo fornirvi frutta e verdura migliori di quelle prodotte al Nord. Da noi si mangia in modo veramente degno dei dragonieri! F’lar, dovremmo prendere in considerazione l’idea di inviarvi rifornimenti. Così non dovremo più preoccuparci delle dècime e…»

«Tutto a suo tempo. Torna indietro, adesso. Sai che queste visite devono essere brevi.»

F’nor fece una smorfia.

«Oh, non è poi così terribile! Comunque, in questo tempo non sono qui.»

«È vero,» riconobbe F’lar. «Ma stai attento a non sbagliare tempo, e non venire quando sei ancora qui.»

«Eh? Oh, sì, è giusto. Dimentico sempre che il tempo va pianissimo per noi, e per voi corre. Bene, tornerò soltanto quando Pridith avrà deposto la seconda covata.»

Con un gaio gesto di saluto, F’nor se ne andò. F’lar lo seguì con lo sguardo, poi ritornò nella Sala del Consiglio. Trentadue nuovi draghi, di cui quattordici bronzei; non era un acquisto di poco conto, e sembrava che valesse la pena di correre il rischio. O forse il rischio sarebbe divenuto anche maggiore?

Qualcuno si schiarì la gola, intenzionalmente. F’lar alzò gli occhi e vide Robinton fermo sulla soglia della Sala.

«Prima di poter copiare quelle carte e di istruire gli altri, Comandante del Weyr, devo riuscire a capirle. Mi sono preso la libertà di rimanere.»

«Sei stato un campione valoroso, Maestro Arpista.»

«E la tua causa è nobilissima, Comandante del Weyr.» Negli occhi di Robinton balenò uno scintillio malizioso. «Era il mio grande sogno, poter parlare francamente a un ascoltatore tanto eletto.»

«Posso offrirti prima una coppa di vino?»

«Le uve di Benden sono l’invidia di tutto Pern.»

«Se si apprezza un bouquet tanto delicato.»

«Quelli che se n’intendono l’apprezzano.»