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«Umf,» grugnì il Maestro Fabbro con evidente soddisfazione. «Comunque, non possiamo andare in giro a scoperchiare tutte le tane. Devo provare con un’altra.»

Seguiti dal Nobile Vincet che gemeva e si torceva le mani, si fecero accompagnare dagli uomini della giungla ad un’altra tana intatta, nella parte della foresta pluviale rivolta verso il mare. I Fili erano penetrati nella terra accanto ad un albero gigantesco che già cominciava ad avvizzire.

Con il lungo fuscello, Fandarel praticò un piccolo foro nella terra, sopra la tana dei Fili, poi accennò ai due artigiani di procedere. Quello che manovrava lo stantuffo pompò energicamente, mentre l’altro regolava il tubo prima di inserirlo nel buco. Fandarel segnalò di cominciare, contò lentamente, poi agitò le braccia. I due uomini si fermarono. Dal minuscolo foro uscì un filo di fumo.

Dopo una breve attesa, Il Maestro Fabbro ordinò agli uomini della giungla di scavare, avvertendoli di stare attenti, per non entrare in contatto con l’agenothree. Quando la tana fu scoperchiata, l’acido aveva fatto il suo lavoro: non rimaneva altro che un groviglio completamente carbonizzato.

Fandarel fece una smorfia; ma stavolta si grattò la testa, insoddisfatto.

«Si impiega troppo tempo, in tutti e due i modi. È meglio distruggerli finché sono in superficie,» tuonò.

«E meglio ancora distruggerli in aria,» s’intromise il Nobile Vincet. «E quella roba, cosa farà ai miei frutteti? In che stato li ridurrà?»

Fandarel si girò di scatto, come se notasse per la prima volta la presenza dell’esagitato Signore.

«Ometto, l’agenothree diluito viene usato per concimare le piante, in primavera. Sicuro, questo campo per qualche anno non produrrà niente, ma non è pieno di Fili. Sarebbe molto meglio se potessimo lanciare gli spruzzi in aria: le goccioline ricadrebbero disperdendosi… anzi, concimerebbero il terreno in modo regolare.» Si interruppe e si grattò di nuovo la testa, rumorosamente. «I draghi giovani potrebbero portare in volo una squadra di… Uhm. È possibile. Però l’apparecchio è ancora troppo ingombrante.» Voltò le spalle all’esterrefatto Signore di Nerat e chiese a F’lar se l’arazzo era stato restituito. «Non sono ancora riuscito a scoprire il modo di lanciare fiamme con un tubo. Ho copiato questo apparecchio dai modelli che fabbrichiamo per i nostri frutticoitori.»

«Non ho ancora saputo niente dell’arazzo,» rispose F’lar. «Ma questi spruzzi sono efficacissimi. I Fili che erano nella tana sono morti.»

«Anche i vermi-di-sabbia sono efficaci, ma in realtà sono poco pratici,» grugnì scontento Fandarel. Rivolse un cenno brusco ai suoi assistenti e si avviò verso i draghi nella luce del crepuscolo.

Robinton li attendeva al Weyr. La sua calma esteriore nascondeva a malapena una profonda eccitazione. Per prima cosa, tuttavia, s’informò educatamente del risultato dei tentativi di Fandarel. Il Maestro Fabbro grugnì scrollando le spalle.

«Ho messo al lavoro tutta la mia Corporazione.»

«Il Maestro Fabbro è troppo modesto,» intervenne F’lar. «Ha già ideato un apparecchio ingegnosissimo che spruzza l’agenothree nelle tane dei Fili e li riduce a una poltiglia nera.»

«Ma non è efficiente. A me piace l’idea del lanciafiamme,» disse il fabbro con uno scintillio negli occhi. «Un lanciafiamme,» ripete. Scosse la testa massiccia con uno scatto secco. «Io vado.» Salutò l’arpista e il Comandante del Weyr con un cenno del capo ed uscì.

«Mi piace la dedizione di quell’uomo ad una idea,» osservò Robinton. Sebbene il comportamento un po’ eccentrico di Fandarel lo divertisse, il suo tono dimostrava un profondo rispetto nei suoi confronti. «Dovrò incaricare i miei apprendisti di comporre una degna Saga sul Maestro Fabbro. Ho saputo,» disse poi, girandosi verso F’lar, «che l’esperimento sul Continente Meridionale è già iniziato.»

F’lar annuì, a disagio.

«I tuoi dubbi sono aumentati?»

«Gli spostamenti in mezzo da un tempo all’altro esigono un pedaggio molto alto,» ammise F’lar, lanciando un’occhiata ansiosa in direzione della camera da letto.

«La Dama del Weyr è ammalata?»

«Dorme; ma ha risentito molto del viaggio di oggi. Abbiamo bisogno di una soluzione diversa, meno pericolosa!» F’lar si batté un pugno contro il palmo aperto.

«Io non ho trovato una soluzione vera e propria,» disse Robinton, in tono vivace. «Ma un altro pezzo del rompicapo. Ho scovato un’annotazione. Quattrocento Giri or sono, il Maestro Arpista venne convocato al Weyr di Fort non molto tempo dopo che la Stella Rossa si era allontanata da Pern, scomparendo nel cielo serotino.»

«Un’annotazione? E che dice?»

«Tieni presente che gli attacchi dei Fili erano appena cessati, quando il Maestro Arpista fu chiamato una sera tardi al Weyr di Fort. Una convocazione molto insolita. Comunque,» fece Robinton, puntando sul suo interlocutore un lungo dito calloso, «di quella visita non si parla mai più. E questo è strano, perché tutte le convocazioni del genere hanno scopi precisi. Vengono registrati tutti questi incontri, ma non ci sono spiegazioni. La cronaca continua parecchie settimane più tardi, per mano del Maestro Arpista, come se non avesse mai lasciato la sede della sua Corporazione. Circa dieci mesi dopo, alle Ballate dell’Insegnamento venne aggiunto il Canto delle Domande.»

«E tu pensi che esista un legame tra questi fatti e l’abbandono dei cinque Weyr?»

«Sì, anche se non saprei dire il perché. Ho solo la sensazione che la visita, le scomparse e il Canto delle Domande siano legati tra loro.»

F’lar versò del vino per entrambi.

«Anch’io ho controllato, cercando qualche indicazione.» E alzò le spalle. «Deve essere stato tutto normale fino al momento della sparizione. Le Cronache parlano dell’arrivo dei convogli delle decime, dell’immagazzinaggio delle provviste, danno l’elenco dei feriti, draghi e uomini, che riprendevano il servizio di pattugliamento. Poi le Cronache s’interrompono, in pieno inverno. A quanto sembra, solo il Weyr di Benden restò occupato.»

«E perché proprio questo Weyr?» domandò Robinton. «Se doveva restare un Weyr soltanto, allora sarebbe stato meglio scegliere l’isola d’Ista. Benden è così a Nord che non è certo il posto più indicato per passarci quattrocento Giri.»

«Benden è alto e isolato. Forse un’epidemia aveva colpito gli altri Weyr, ma non riuscì a propagarsi anche qui?»

«Senza un’ombra di spiegazione? Non è possibile che tutti quanti, draghi, cavalieri, abitanti dei Weyr, siano caduti stecchiti nello stesso istante, senza lasciare le loro carcasse a putrefarsi al sole.»

«E allora domandiamoci: perché venne convocato l’arpista? Gli dissero di comporre una Ballata dell’Insegnamento che avesse per argomento questa scomparsa?»

«Beh,» sbuffò Robinton. «Comunque non fu composta per rassicurarci, con quella melodia… ammesso che la si possa definire una melodia, il che proprio non mi sembra. E non risponde a nessuna domanda: si limita a formularne.»